Capitolo 8.
Quel posto era raffinato, le tende in raso bianco davano un tocco di tranquillità e i lampadari in cristallo facevano riflettere la luce in mille sfaccettature diverse. Charlotte adorava quel tipo di cose, per l’esattezza le piaceva l’idea di andare in un posto completamente nuovo per vedere come la gente aveva organizzato la propria abitazione. Le feste ormai non si svolgevano più in quei locali soffocanti, in quelli da cui non vedevi l’ora di uscire per via della massa e della poca aria; era tutto su invito, il trucco stava nell’essere inseriti nel giro giusto. Violet era riuscita a inserirsi, e anche bene a quanto pareva. Le feste a cui avevano partecipato negli ultimi tre anni non erano mai state troppo caotiche, forse solo qualcuna ma per il resto sempre tranquillità e se c’era troppa folla andavano via loro. L’appartamento era più grande rispetto a quello di Mary, era su più livelli e aveva la particolarità di avere la pista da ballo sistemata all’interno di una stanza normale; era abbastanza grande, c’era pure il deejay e non andava ad interferire con il resto della casa. Se volevi ballare aprivi quella porta e ti catapultavi nella musica assordante, se invece volevi passare una serata tranquilla a chiacchierare potevi stare aldilà della porta, magari a sorseggiare un drink dato che c’era un angolo bar abbastanza fornito. In quell’angolo avevi l’impressione di stare in uno di quei bar americani alla Sex and the City con tanto di sgabello alto, per appoggiarsi nell’eventualità che i tacchi troppo alti ti avessero stancata. Per la prima volta Violet e Charlotte ebbero la sensazione che a quella festa ci fosse gente mai vista. La loro città non poteva essere paragonata esattamente ad una metropoli, era grande ma alla fine si conoscevano tutti o per lo meno fino a quel momento loro credevano che fosse così. Salutarono un paio di persone, qualche collega, qualche ragazza conosciuta la settimana prima ma era sempre più evidente che Charlotte era lì solo fisicamente e non con la testa, continuava a guardarsi intorno cercando una sagoma familiare o una voce già sentita. Violet le aveva dato più volte qualche gomitata, tanto per farle capire che stava esagerando e che era a tratti inquietante ma lei continuava, imperterrita.
“Io vado in bagno.”
“Vai pure.”
Charlotte rispose così all’amica, non l’accompagnò, ma si diresse verso il bar; avevano ballato fino a quel momento e aveva voglia di bere un bicchiere d’acqua.
“Scusa.”
Un ragazzo le venne addosso.
“Scusami da morire.”
Aveva lo sguardo basso perché aveva provato a rimanere in piedi dopo il forte scossone che lui le aveva dato e non aveva ancora visto chi avesse davanti. Prese un lungo respiro e posizionò gli occhi davanti a lei, sul ragazzo.
“Non ti preoccupare.”
Concluse quella frase e rimase, metaforicamente, a bocca aperta.
Il ragazzo del treno, quello che l’aveva fatta imbestialire, quello che le aveva sorriso, quello che le era arrivato addosso giorni prima era di nuovo davanti a lei.
“Ciao.”
Le sorrise di nuovo in quel modo, come pochi giorni prima, inarcando quell’ angolo della bocca e il nervosismo si impadronì di lei, si impegnò a tenere a bada le sue azioni tanto che si limitò a fulminarlo con lo sguardo e ad alzare gli occhi al cielo, si pentì di avergli detto di non preoccuparsi, sapevano chi era chi, sapevano di prendere lo stesso treno ma lei non riusciva a sopportarlo.
"Senti, mi dispiace.”
“Per oggi o per ogni volta che mi vieni addosso?”
Insinuò Charlotte.
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Bittersweet memories
RomanceCharlotte si porta dietro qualche cicatrice, tiene un paio di sogni tra le mani e prova ad amare, forse più forte degli altri, forse più intensamente. E' una di quelle ragazze che puoi trovare ovunque, per strada ad aspettare un treno, seduta in un...