15. C'è o non c'è.

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Capitolo 15.

Erano arrivate la sera stessa dalla nonna, si erano giustificate dicendo che studiando insieme avrebbe concluso di più e i loro genitori ci erano cascati in pieno, avrebbero studiato qualcosa ma i loro discorsi si sarebbero soffermati su altro per la maggior parte del tempo. Charlotte non andava dalla nonna da un paio di anni e tornare lì, in quella campagna che le aveva regalato piccoli momenti di tranquillità, la rallegrava; ogni volta le sembrava di tornare bambina, quando la sua felicità era fatta da tutte quelle cose che la stupivano fino a farla rimanere a bocca aperta. L’abbraccio con sua nonna fu dei più lunghi e più affettuosi della sua vita, aveva sempre questa strana paura di doverla perdere da un momento all’altro e quindi ogni volta la abbracciava più che poteva, era l’unica persona con cui riusciva ad essere così espansiva, era l’unica che non l’aveva mai delusa.

“Charlotte, sei più alta!”

“Non è vero, nonna.”

“A me sembra di si.”

“A Violet non dici niente? E’ troppo magra.”

“Non è vero, Charlotte!!”

“Mia nipote ha ragione ma mangi abbastanza?”

“No, non mangia niente ultimamente.”

“Problemi di cuore?”

“Sì.” 

Ammise Violet imbarazzandosi un po’.

“Niente che non si possa risolvere con un bel piatto di lasagne. Ci ho lavorato tutto il pomeriggio quindi non puoi dirmi di no.”

Gli occhi di Violet andarono a formare dei cuoricini e Charlotte scosse un po’ l’amica.

“Approviamo entrambe.”

Avevano passato la cena a parlare di Violet, della lettera di Matthew, del non avere idea di cosa fare e la nonna aveva ascoltato con attenzione, commentando a più riprese che Matthew, l’unica volta che lo aveva visto, sembrava un ragazzo simpatico e che l’unico motivo per cui non aveva detto niente a Violet era perché lei era una ragazza troppo in gamba.

“Ma tu lo ami ancora, Violet?”

La nonna di Charlotte era convinta che tutto girasse intorno all’amore, che non ci fossero mezze misure a riguardo, o ami o non ami, o bianco o nero, l’amore o resta o se ne va, non aveva mai creduto ad altro, l’amore c’era o non c’era.

“Sì.”

Lo disse così di getto che sia Charlotte che sua nonna rimasero allibite.

“Dopo mezz’ora che non avevi idea di cosa fare, te ne esci con questo si?”

“E che ci posso fare? Parlandone ho capito che se non lo amassi, non sarei così arrabbiata con lui, sarei  indifferente.”

“E ora?”

“Possiamo pensarci domani?”

“Io sparecchio la tavola, voi due ragazze andate fuori. C’è la panca a dondolo che Charlotte adora.”

“Non è vero.”

“Andate su.”

Charlotte fece strada a Violet e arrivano fino a dietro la casa, riuscirono ad arrivare ad una parte poco illuminata per poi sedersi.

“E’ comoda.”

“Quando ero piccola ci venivo spesso, si possono vedere le stelle da qui.”

Charlotte adorava quella panca di legno perché l’aveva costruita suo nonno qualche settimana prima che morisse, pensava che ci fosse una parte di lui lì dentro, a volte aveva l’impressione che lui potesse essere vicino a lei a dondolarla; quelle travi di legno, un giorno, sarebbero state il ricordo più forte che aveva dei suoi nonni. Quando era piccola era solita addormentarsi tra le gambe di sua nonna che, nel frattempo, la cullava con quei movimenti per alleviarle gli attacchi di ansia.

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