20. Crollare.

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Capitolo 20.


“Pronto? Violet?”
Sentì la sua voce esitare sperando che avesse digitato il numero giusto, sperando che non avesse chiamato inutilmente e che quegli squilli lunghi non fossero a vuoto. Aveva la stessa tonalità di voce di quando Violet, troppo tempo prima, le aveva chiamato: la sera in cui Matthew le aveva detto del tradimento.
“Come è andata? Lo conoscevi?”
Charlotte non sapeva cosa rispondere a Violet, aveva configurato tanti volti ma non quello dell’unica persona che non avrebbe mai immaginato, nemmeno nei sogni più reconditi, nemmeno nei suoi desideri più inconsci.
“Era Andrew, Violet.”
“Andrew chi? Il bambino o Jon smith?”
“Entrambi. Sono la stessa persona.”
“Dove sei?”
“Sono nel parcheggio della clinica, dentro la mia macchina.”
“Arrivo subito, dammi il tempo della strada.”
Violet forse aveva capito che in quel parcheggio desolato, in un terreno che fino a qualche tempo prima era un semplice campo da calcio, si trovava la sua migliore amica in preda alla tristezza più assoluta. Aveva giurato di averla sentita piangere, di aver sentito una piccola stonatura nel pronunciare la parola "macchina", era sicura che il suo posto in quel momento non fosse dall’altra parte del tavolo con Matthew ma con Charlotte in quel solito abitacolo, accanto all’unica persona che avrebbe considerato per sempre parte integrante della sua vita.


Charlotte si era ritrovata su quel sedile di stoffa senza che ne fosse realmente consapevole. Aveva svolto le ultime pratiche burocratiche per attestare che il suo tirocinio si era concluso e poi i suoi piedi l'avevano portata lì. Aveva fatto quei gesti automatici che si erano ripetuti negli ultimi mesi e si era seduta sul suo sedile, tenendo le mani strette al volante. Era in evidente stato di shock e non sapeva come colmare quel dolore, che la seduta ed Andrew stesso le avevano scaraventato addosso senza che lei lo volesse. In quella seduta lei avrebbe dovuto solo assistere, avrebbe dovuto rimanere seduta, avrebbe dovuto prendere appunti con la solita penna nera e il solito blocco ad anelli dove scarabocchiare. Nessuna parola, nessun legame, nessuna faccia: un po' come il sesso occasionale, quello che i suoi coetanei amavano fare nei bagni pubblici, negli angoli più nascosti e bui delle feste o con qualche amico mentalmente più aperto. Stare un po’ di tempo con una persona, entrare in una piccola bolla di sapone per poi dimenticare tutto, lasciandosi quell’esperienza alle spalle facendo rimanere solo una piccola traccia, il piacere e il sollievo fisico appena provato. Ma Charlotte quel tipo di cose le evitava, non le amava e a volte le criticava pure, lei con un ragazzo avrebbe voluto parlare, magari di un buon libro, davanti ad una cioccolata calda nella sua caffetteria preferita in centro, non si sarebbe mai concessa così, solo per una volta, solo per dimenticare un attimo il mondo ma con Andrew avrebbe fatto un’eccezione. Non sapeva nemmeno come definire il loro secondo incontro oppure il sogno fatto la notte prima, la rendeva ipocrita in ogni modo immaginabile o umana come poche altre persone?
Si guardò le mani e vide le nocche bianche, stava stringendo più forte del dovuto il volante della macchina così si decise a mollare la presa e massaggiarsi le mani. Stava soffrendo per il male indiretto che aveva fatto a Andrew, stava ancora pensando agli svariati abbracci dati a Violet negli ultimi mesi e stava pensando a come c'era rimasta un po' male quando Eric le aveva detto che sarebbe andati a prendere il gelato un’altra volta. Dov'era finita la sua corazza? L'aveva indossata ma adesso dove era finita? Il suo problema era il non riuscire a lasciare le emozioni dietro la porta, come per il sesso, come per la seduta e la sua vulnerabilità l’aveva scoperta con Andrew e quando c’era di mezzo lui c'erano i sentimenti e lei non poteva limitarsi a scrivere su una cartella clinica i progressi del paziente o sistemarsi il vestito dopo aver finito. Lei sentiva ognuno di quei sentimenti e non riusciva a stare da parte, a vedersi consumare da loro. Per lei esistevano le parole, esistevano i legami, esistevano le facce.

"Prima che inizi a raccontare devi sapere che infrangi almeno la metà delle regole del codice deontologico."
Violet lo aveva detto schiettamente, dopo le ultime lezione all’università sull’etica professionale aveva preso ancora più seriamente la sua futura professione.
"Lo so, infatti voglio solo esprimere un concetto senza raccontare della seduta."
"Non credo che capirò molto, allora."
"Andrew non può provare amore, non se non lo aiuta qualcuno."
"E perché?"
"Non posso dirtelo. Allo stesso tempo però non si sa se sarà mai in grado di provarlo in maniera completa o meno.'
Charlotte aveva cercato di esprimere al meglio la situazione ma non poteva, le parole da dire erano troppe ma sapeva che non sarebbe riuscita a dire di più, non senza violare qualcosa in cui credeva.
"E tu saresti la sua prima cavia? Non esiste Charlotte!"
C'era preoccupazione in quelle parole ma Charlotte non sembrava farci caso.
"Ma io non posso lasciarlo andare, lui mi ha salvata."
Aveva detto quella frase di getto come se quella spiegazione fosse tutto per lei, come se per Charlotte solo quello fosse importante. Sentiva la necessità di ricambiare l'affetto che Andrew le aveva dato appena dieci anni prima, non sapeva in che modo ma quello le sembrava il più plausibile. Voleva portare via quel dolore e la voglia di farlo era diventata più forte dopo quel colloquio, dopo averlo sfiorato attraverso un vetro opaco, dopo aver visto quanto si sentisse perso a causa sua, a causa di Charlotte e dell'amore che stava iniziando a provare per lei.
"In che senso ti ha salvata?"
"Dieci anni fa, quell'estate, mi ha cambiato la vita. Lui mi ha dato speranza, mi ha fatto riavere fiducia nel mondo, se non ci fosse stato lui con le sue corse, con le anatre, con i campi di grano, io non sarei qui. Non sarei diventata così senza di lui, non riuscirei ad avere più fiducia nel mondo."
Il discorso nella mente di Charlotte aveva un senso ma per Violet sembravano solo parole accostate tra di loro che avevano a malapena un senso ma non poteva giudicarla, lei aveva perdonato Matthew, lei non aveva mai subito le stesse cose di Charlotte, lei aveva sempre avuto attacchi sicuri, Charlotte no. 
"Ma lui lo sa chi sei?”
“No.”
“E allora in qualità di cosa vuoi aiutarlo? Per lui sei solo una ragazza conosciuta ad una festa.”
Charlotte sbarrò gli occhi e concentrò a guardare lo sterzo nero che aveva davanti, in fondo era solo quella ragazza, qualcuno di cui lui avrebbe potuto innamorarsi ma che effettivamente non aveva nessun ruolo nella vita del ragazzo. Si passò le mani tra i capelli e poi appoggiò la guancia sinistra sullo sterzo, rivolgendo lo sguardo a Violet, la sua espressione era un misto tra disperato ed esausto.
“Cosa posso fare? Ho avuto due volte la sensazione di pienezza assoluta che colmasse ogni angolo della mia vita e tutte e due volte è stato con Andrew. ”
Socchiuse gli occhi come per rivivere quegli istanti di nuovo, uno dopo l’altro.


Un’anatra che le solletica la mano. 
Due bambini che guardano il cielo. 
Tante parole dentro a un diario segreto. 
Due bocche che si baciano in un terrazzo troppo freddo. 
Due mani che si intrecciano per non lasciarsi andare. 
Uno specchio che li divide.


“Sarà difficile dimenticarlo per la seconda volta e io non voglio lasciarlo andare. Se è vero quello che ha detto lui è solo, non ha nessuno.”
“Charlotte ho capito ma lui non è adeguato, non sa cosa vuol dire amare e questi esperimenti dovresti lasciarglieli fare con qualcun’altra.”
“Ma sono stata io ad accendere la miccia. Lo so.”
La ragazza provava ad indicarsi più volte come a voler sottolineare che era lei, per Andrew esisteva solo lei, lei aveva scatenato qualcosa, non una di quelle ragazze che lui si portava solo a letto, lei, Charlotte, la stessa ragazza che aveva rincontrato per caso.
“Spero anche io che sia così ma tu saresti il suo primo amore. Ha avuto una crescita sentimentale ritardata e lo abbiamo studiato, Charlotte.”
“Lo so.”
“Può anche avere le sembianze di un ragazzo di vent’anni ma è povero di emozioni, non sa cosa sono e potrebbe ferirti e io non voglio.”
“Nemmeno io.”
“E allora perché vuoi farti del male così?”
“Potrei insegnargli l’amore, tu l’hai fatto con Matthew.” “E’ vero ma noi lo abbiamo conosciuto insieme, siamo cresciuti insieme, abbiamo costruito i nostri sentimenti insieme, tu sai già cosa vuol dire amare.”
“Posso rifare tutto, per Andrew lo farei. Ricomincerei da capo.”
“Non so cosa dirti, ti sei scelta la strada per la sofferenza Charlotte e hai già iniziato a percorrerla da sola.”
“E’ necessario, Violet.”
“Mi chiedo solo come farai a contattarlo, non hai il suo numero, non hai niente e mi è sembrato di capire che tu gli hai urlato al telefono l’ultima volta.”
“Verrà da me, me lo sento.”

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