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Rumori di sirene, urla di donne disperate, pianti silenziosi di mariti, singhiozzi impercettibili, sfrigolii di rotelle delle barelle, alcune trasportavano persone doloranti, altre, persone coperte da un lenzuolo bianco. Bianco. In quel momento sentivo tutto, ma non ascoltavo niente. Vedevo tutto, ma non osservavo nulla. Ero circondato dal bianco. Il bianco dei muri di quell'edificio, il bianco delle lenzuola che coprivano ogni centimetro della sua pelle. Bianco come la sua pelle. E, probabilmente, anche come la mia in quel momento. Seduto su una sedia di plastica blu, le ginocchia al petto e gli occhi rossi e gonfi. Esteriormente ero messo male, interiormente anche peggio. Non provavo più nulla o forse provavo tanto di quello strazio da non rendermene conto. Un po' come gli ultrasuoni, sono delle melodie così potenti, ma percettibili solo da un orecchio sensibile, di certo non quello umano. Rumori di macchinari a me sconosciuti non fecero altro che aumentare il mio nervosismo. Senza rendermene conto mi alzai ed entrai. Era lì, gli occhi spenti, la pelle pallida, i capelli arruffati, le labbra secche, le mani strette in un pugno debole. Le infermiere mi gridavano di uscire, mi urlavano che quello non era il luogo giusto dove stare in un momento del genere. E invece sì. Lo era eccome. Era il posto giusto, al momento giusto. Il mio posto era lei. Lei e tutti ciò che le apparteneva e la rendeva felice. Io ero lì, immobile, la fissavo. Non vedevo, osservavo. Tutto ciò che avrei potuto incidere nella mia mente, tutti i minimi dettagli che sarei riuscito ad assimilare. L'avrei guardata fino allo sfinimento, minuziosamente. Non mi sembrava giusto dimenticare anche un solo piccolissimo dettaglio. I suoi occhi già spenti, si chiusero in due palpebre gonfie e bianche, con il colore viola dei capillari molto più evidente del normale. La portarono via sotto i miei occhi velati da lacrime amare. Urlai, ma non sentii nulla. E non era un ultrasuono, era il rumore dello strazio e del dolore. Più conosciuto come 'amore'.
Tutti vedono l'amore come un valore di vita meraviglioso, lo paragonano alla spensieratezza, alla felicità, alla gioia di avere qualcuno accanto.
Io trovo che sia un sinonimo di dolore, ma penso anche che sia quel momento di sollievo quando prendi la sufficienza ad un compito a cui non avevi studiato, il bacio dopo un litigio, l'abbraccio dopo un pianto, gli sguardi dopo essersi toccati e assaporati.
L'amore per me è un sospiro dopo aver trattenuto il respiro per tanto tempo.
Rivoglio i suoi baci sul mio collo, i suoi sorrisi spontanei, la sua risata provocata da me e dalle mie facce buffe, il suo trucco sbavato e i suoi capelli raccolti in un tuppo disordinato, il suo piccolo viso tenero appena sveglia, le sue sopracciglia corrugate ogni volta che era sovrappensiero, il ticchettio delle sue scarpe sulla moquette del pavimento quando era in ansia per qualcosa e...tutto. Mi manca tutto di lei. Mi manca lei e tutto ciò che condividevamo. Che condividiamo, perché lei è incisa nella mia mente, nel mio cuore e in tutte le sensazioni che mi ha fatto provare. E che, nonostante la lontananza, mi farà provare ancora e ancora, anche quando il mio cuore cesserà di battere. E lo farà perché non avrà più impulsi dal sangue, non perché lei non me ne farà provare mai più. Hanno sempre detto che, se ti metti d'impegno, riuscirai ad affrontare una relazione a distanza. Ma per le persone che sono divise da un altro tipo di distanza? Sono destinate a morire dentro? A vedere solo in bianco e nero? Ad arrivare a non possedere neanche più una lacrima? A non provare più la bella sensazione di curvare le labbra veramente? A non poter più vivere? Ad avere sempre il bianco attorno? A vedere e a sentire e non osservare o ascoltare? Come possono affrontarlo? Come possono gestirlo?
Ma la verità è che l'amore non ti fa vivere.
L'amore pretende che tu sopravviva alle sue torture. Come la distanza, il tradimento, l'alcool, la morte.
Molti si pongono questo quesito prima di tutti gli altri: "Come sopravvivere?"
Per sopravvivere bisogna vivere.
Ma non tutti sono capaci di farlo.
Non esistono metodi, scorciatoie, percorsi più semplici.
Devi soltanto fare ciò che senti di fare, prima che il tempo ti porti via quello che hai di più caro e prezioso.
Se ti piace qualcuno, diglielo.
Se qualcosa o qualcuno ti fa paura, affrontalo.
Se ti chiedono un parere, dì tutto quello che ti passa per la mente.
Se hai un sogno, inseguilo.
L'unico modo per vivere è fare ciò che ti rende felice.
E fallo subito, senza tentennamenti, senza pensarci due volte o più, senza ascoltare ciò che gli altri hanno da dirti.
Alcuni ti danno dei consigli perché vogliono il meglio per te, senza malizia, ma senza capire che per te il meglio è quello.
Altri ancora, invece, cercano di ostacolarti, forse per invidia, gelosia, non lo capirò mai. Per me rimane un mistero il loro comportamento.
Ma ciò che mi è chiaro è l'amore che provo nei suoi confronti.
Vidi un ciuffo nero in tutto quel bianco, come quando bevi un sorso d'acqua fresca dopo aver corso per tre ore ininterrottamente sotto il calore del sole.
Si avvicinò a me con passo svelto, fasciato dai suoi jeans strappati e una felpa nera. Ero accasciato a terra, distrutto. Non mi importava se fosse sporco o freddo o delle persone che mi fissavano stranite.
-Fil.- la sua voce roca mi persuase il corpo, lo stomaco mi si strinse, iniziai a non sentirmi tanto bene.
Ho ricordi sfocati di quello che successe da quel momento in poi.
Ricordo solo che qualcuno mi prese di peso e mi portò da qualche parte, sotto lo sguardo preoccupato di Lori.
Ricordo ancora una voce femminile che urlava -Muoviamoci o lo perdiamo!-
L'ansia nella voce della donna percorse tutto il mio corpo, facendomi rabbrividire.
In un istante, mi passò tutta la mia vita davanti.
I miei genitori, mia sorella Jo, il mio migliore amico, anzi mio fratello da sempre, Lori. Lui stava mirando tutto.
Una voce soave, a me più che familiare, mi disse di non mollare, di non far provare a loro tutto quello che avevo appena provato io per lei.
Quella voce mi diede forza.
Quella voce fu ed è tutt'ora la mia forza.
La mia forza ha un nome, Sveva.


Nel mare dove non si tocca {IRAMA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora