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( d o m i n i c )
il professore di ginnastica fischia, e partiamo a correre.
quasi inciampo su bellamy (conosco solo il suo cognome perché é così che lo chiamano per le interrogazioni, per il resto non gli ho mai realmente parlato), a cui é caduto lo spray per l'asma. "s- scusa" comincia a tossire, tastando per terra per cercare lo spray. faccio per abbassarmi un momento per passarglielo, poi mi ricordo della mia posizione nei suoi confronti, e allora, ad alta voce, ma non urlando, gli dico:"guarda dove cammini, la prossima volta non la passerai liscia", ma in realtà non lo penso per davvero. forse per la timidezza, o forse per la paura da essa derivata, non alza lo sguardo a me, afferra lo spray e si va a sedere sulle scalinate di fianco al campo.
correndo vedo che si rintana nella sua felpa, e che trema ancora.
il professore gli si avvicina, gli dice qualcosa, e scrive qualcosa sul registro.
anche se fosse una nota, non protesta nemmeno.
howlett gli si siede vicino (oggi non fa educazione fisica perché non ha la divisa), e anche se lo saluta, lui non gli risponde.
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quando mancano dieci minuti alla campanella, andiamo nello spogliatoio per cambiarci. mentre tutti gli altri fanno a gara su chi abbia più ciccia addosso, bellamy rimane girato a cambiarsi verso il muro. arranca un po' per prendere la felpa, che per dispetto gli hanno appeso sull'attaccapanni più alto, sfruttando la sua altezza per schernirlo. fortunatamente per lui, si stanno vantando dei tempi che hanno avuto nei cento metri di velocità per badargli, così la felpa scivola un po', così da riuscire ad afferrarne il bordo e tirarla giù.
forse l'ha notato che lo stavo fissando da ore, perché uscendo dallo spogliatoio mi tira una spallata quasi impercettibile, l'ha fatto apposta, ma solo per farmi capire che avrei dovuto farmi un po' di cazzi miei.
il professore lo ferma ancora una volta, chiedendogli di portare nella palestra di sopra le racchette. dato che non ha fatto molta strada per essere fermato, riesco a sentirli. "non so dove sia l'altra palestra". il professore mi scorge ad origliare, così mi chiede se lo posso accompagnare io.
vedo che i suoi occhi lo implorano di no. prendo la borsa delle racchette e gli faccio segno di seguirmi. cerco di parlare con lui, chiedendogli da quanto tempo si é trasferito, oppure quale sia la sua materia preferita. insomma, le cose basiche. ancora una volta, non apre bocca.
"perché non parli mai? o perché non vuoi parlare con me?" domando, alquanto esasperato. arrossisce, ma non capisco perché. forse é arrabbiato.
raggiungiamo lo stanzino degli attrezzi per ginnastica, e lui, a sua volta, risponde:"perché mi hai trattato così male, prima?".
stavolta sono io quello che sta zitto. "lo sapevo. siete tutti capaci di fare i bulli, solo perché sembro così stupido".
"non é per quello".
"ah, perché ci sarebbe un motivo valido per ridicolizzarmi" stringe i pugni, e tira un respiro profondo. "scusa, andiamo".
"no, aspetta. mi devo scusare io".
"tanto non le accetto, le tue scuse. so che lo fai solo perché siamo io e te adesso, e non sei davanti al resto per poter vantare la tua prepotenza".
mi scende un brivido per la schiena. siamo. l'ha detto perché é arrabbiato con me, ma ha comunque detto "siamo".
gli sto porgendo le mie scuse perché é carino. non l'avrei di sicuro fatto con qualcun altro. dovrei essere io, quello con la situazione sotto controllo, ma ha tutto lui, nelle sue mani.
dalla prima volta che l'ho visto, mi sono innamorato. quegli occhi blu come i mirtilli chimici, la pelle che da quant'è bianca quasi emana luce, e i movimenti che compie, che rendono sopportabile la sua estrema timidezza. e i lineamenti affilati come delle lame, e pericolosi come tali.
i suoi occhi lampeggiano, facendomi capire che vuole sentire una mia risposta.
"come altro potrei fare per farmi perdonare da te?".
"trattandomi meglio di fronte agli altri, e non solo quando ci troviamo un momento in disparte".
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mi sono confidato con mia madre, ieri sera (ho un grandissimo rapporto con lei), e le ho raccontato di bellamy, e la sua reazione é stata:"da quando ti innamori così? deve essere proprio speciale quel ragazzo".
ho pensato che ha ragione. prima di lui, ogni settimana portavo a casa una ragazza diversa. e non ero felice, anche se avevo tutta quella scelta.
e di bellamy non so nemmeno il vero nome. mi fa piacere anche solo la sua presenza, mi riappacifica i pensieri sapere che é in classe con me. o vicino a me. o almeno nello stesso posto in cui mi trovo io.
e appena vedo che il banco vicino a lui é libero, non ci penso due volte alle mie responsabilità dato che é da settembre che credono (le altre persone in classe) che l'abbia preso di mira e che io lo odi, aspettandosi da me qualche azione negativa o perlomeno qualche insulto gratuito.
e invece no, mi sento addirittura in imbarazzo (per me) perché non ho fatto nessun compito per casa e perché devo chiedergli il libro di matematica. lo vedo sorridere come in segno di vittoria, ma credo che abbia ragione.
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mio padre si é dimenticato di venirmi a prendere, quindi mi incammino per la fermata del bus. con la mia solita fortuna, comincia a piovere.
la fermata non é molto distante dalla scuola, infatti, una macchina comincia a rallentare e si ferma davanti a me. il finestrino viene abbassato, e una signora mi chiede se mi può portare a casa. "no, no grazie, sto aspettando il bus".
"sei sicuro? ti prenderai qualcosa a stare qui sotto".
"va bene, se non disturbo".
salgo dietro, e davanti a me scopro la presenza di bellamy.
accanto a me, invece, sul sedile rialzato, credo ci sia sua sorella. comincia a fiondarmi di domande, del tipo:"hai la stessa età di mio fratello? se si mi puoi dire se va a scuola? da quello che racconta credo che non ci vada".
"quindi non vi racconta niente".
"esatto".
"beh, no, ho un anno in più di lui ma é perché sono stato bocciato una volta".
matt continua a fare finta di stare sul suo telefono, ma lo vedo bene che lo schermo é spento, e sta con la testa bassa solo per ascoltare senza farsi vedere.

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