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( m a t t )
"matt! hai visto chi c'é là in fondo?" urla elle, perché soffocata dalla musica ad alto volume.
"non ci posso credere! mr. howard... vado a vedere che sta facendo" le dico, mentre lei si gira a parlare con il resto delle sue amiche.
mr. howard é il nostro prof di matematica, non é che sia carino, ma ha un fisico... ed é anche simpatico, certo... non é come uno di quei vecchietti insipidi che ti mettono come professori. con lui posso scherzare.
con i miei amici ho scommesso così tante volte di portarmelo a letto, ma ho capito che é di un fascino irraggiungibile.
oppure é solo etero.
nessuno mi resiste.
"hey, mr. howard, che ci fa qui?".
"potrei chiederti la stessa cosa".
"risponda prima lei" li ho notati i bicchieri vuoti sul suo tavolo. credo non stia trascorrendo una serata tranquilla.
"ho ricevuto le carte per il divorzio da parte di mia moglie".
non posso dirgli che mi dispiace, perché non sarebbe vero, dato che adesso ho più possibilità con lui. però mi devo salvare la sua simpatia, perché é anche colpa mia se adesso sta divorziando. sulla sua agenda ormai ci sono scritte più offerte di bocchini che appunti. "mi dispiace, davvero".
"ormai la conosco a memoria la tua calligrafia" dice, forse senza nemmeno pensarci su. "comunque, perché non vai a divertirti con la tua amica?".
"lei ha la sua compagnia, se vuole posso rimanere qui a consolarlo".
"no, ho intenzione di andare a casa adesso" si alza, lasciando una banconota da venti (deve aver bevuto proprio tanto se ha speso tutti quei soldi) sul tavolo e incamminandosi alla porta del locale. tenta di aprire la porta della sua macchina, ovviamente chiusa a chiave, per poi cercare quest'ultima nelle tasche del giubbotto. apre la porta,ma io mi affretto con il dire:"non si metterà a guidare in quello stato...?".
"avrò bevuto si e no uno... due... forse quattro...".
"dia a me le chiavi" mi siedo dalla parte del volante, e a lui allaccio la cintura di sicurezza.
"hai una patente?".
"no, ma so guidare".
"sei gentile".
"non lo sto facendo per farmi alzare la media".
"non sono quel tipo di professore".
mi indica il suo indirizzo sulle mappe del telefono, anche perché non so dove sono precisamente. e le strade mi confondono.
"come si sente adesso?".
"mi fa male la testa".
"non credo manchi molto a casa sua".
mi sono dimenticato di accendere la radio, ma adesso mi sembrerebbe fuori luogo farlo, perché ha il mal di testa e magari gli farebbe male ancora di più. però c'é silenzio.
"perché ti riduci così?" si gira verso di me.
"ancora una volta, potrei chiederle la stessa cosa".
"si ma tu... hai tutta la tua vita davanti. non vorrai ridurti come me?".
"lei ha solo due o tre anni in più di me, non ha senso. poi non sono io quello ubriaco, quello che si sta rovinando la vita" queste mie parole lo colpiscono, perché lo vedo che comincia a piangere. "mi scusi".
fortunatamente siamo arrivati, e devo aiutarlo anche a scendere.
mi ringrazia, ma rimango seduto accanto al suo letto per circa cinque minuti, prima che riesca ad addormentarsi.

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