Due cose sono certe nella mia vita come in America, il caffè americano e la voglia di essere belle e perfette, bionde e con un fisico da paura.
Il caffè americano posso permettermelo, nonostante lo debba bere nello squallido bar di una malfamata via del mio quartiere; ma l'essere bella, bionda e perfetta, non credo proprio.
Quand'ero piccola e correvo scalza per la casa, le patatine fuoriuscivano dal pacchetto e le dita erano sempre unte di quella sostanza formaggiosa. Mia madre mi diceva di non correre e mi indicava Sam che guardava attenta i cartoni sulle principesse seduta tranquillamente sul divano.
Mi sedevo vicino a lei e ammiravo i suoi capelli biondi e lunghi, fini come spaghetti, profumavano di libertà e bellezza che si sarebbe sprigionata ancor di più nella sua migliore età.
Ammiravo le principesse e poi di nuovo lei.
Successivamente guardavo il pacco delle patatine e alzavo le spalle al cielo perché avevo già capito chi sarebbe stata la vera principessa. E lei era quella che ci assomigliava davvero tanto.
Così riprendevo a correre e mia madre riprendeva a sgridarmi, mentre i miei capelli ricci e corti svolazzavano nell'aria felice dell'infanzia.
Io e Samantha eravamo amiche anche per questo, due poli opposti, lei poteva anche essere una principessa, ma io ero la regina delle patatine al formaggio.Solo un giorno, in cui eravamo distese su un prato, mio padre tornò da lavoro con aria sconfitta e distrutta.
Lo avevano licenziato e presto tutto si allontanò da noi, proprio come la gioia che i miei occhi scaturivano.
La nostra bella casa ci venne tolta e fummo costretti a venderla, cambiai quartiere e andammo a vivere in uno squallido buco a basso costo, e cosa peggiore fu proprio Sam, che si allontanò sempre di più, pian piano, finendo per scomparire e frequentare gente migliore adatta al suo calibro.
Fece tutto male in un solo colpo, per fortuna i libri furono un rimedio per non crescere sola in tutti questi anni, come la scuola, strano ma vero.I primi tempi non potevo permettermi di comprare sempre le patatine al formaggio, ma qualche volta andavo a lavorare in questo bar "Hello American Girl", per arrotondare il nuovo lavoro di mio padre che non era altro quello di vendere pop corn fuori dal cinema con un furgone ambulante.
I capelli crescevano sempre di più, ma ricci e imbrogliati e lontani dall'essere biondi e lisci.
Gli occhi erano spesso coperti da occhiaie e non potevo di certo permettermi dei trucchi, quindi lasciavo che i miei occhi azzurri si contornassero di nero come fossi un panda.
Avevo abbandonato da tempo l'idea di essere una principessa, mi bastava essere semplice.Abbandono i miei pensieri ed esco dal bar "Hello American Girl" con il caffè americano ancora fra le mani ed incomincio a camminare per lungo le vie di Orlando.
Saluto Bob, il fioraio e poi il suo aiutante, ormai conosco tutti in questo quartiere, gente umile che lavora sodo per guadagnarsi del pane per la tavola per cena.
Alzo la mano per salutare Gem La Macellaia, una signora molto anziana che fa questo lavoro da almeno cinquant'anni.
-Che Dio benedica il tuo splendido sorriso Alexandra!- mi urla da lontano sputacchiando a qualche sillaba a causa della mancanza di alcuni denti. Potremmo dire la maggior parte.Svolto l'angolo e lascio rotolare fra le mie dita le chiavi che inserisco nel portone del palazzo che mi ritrovo subito dopo di fronte.
Calpesto l'intonaco giallastro caduto a terra e bevo un sorso del mio adorato caffè prima di spingere il portone ed entrare.
È una mano sulla spalla seguita da un "Signorina Truesserd?", a bloccare le mie intenzioni.
Quando mi giro trovo un postino spaventato che mi guarda dritto negli occhi porgendomi con la mano tremante una busta bianca.
-Se non è lei, può consegnarla alla signorina Truesserd? Abita in questo palazzo ed io sono... emh sono di fretta...-
Alzo le spalle al cielo e mi infilo le chiavi in tasca per liberare almeno una mano e prendere la busta.
-Sono io, è meglio che si muova questo è l'orario in cui arriva la baby gang del quartiere e non le dico nemmeno cosa succede. Anzi, le dico solo che sono accompagnati da sbavosi e rabbiosi cani randagi.-affermo, sussurrando all'ultima frase.
Il postino sparisce in pochi secondi terrorizzato ed io scoppio a ridere entrando finalmente dentro il palazzo.
Quando ho salito tre piani a piedi e ho sbattuto il portone di casa, mia madre mi viene incontro incuriosita.
-Cos'è?- chiede disattenta avendo subito notato la busta.
-Non lo so, non riceviamo posta dal giorno del Ringraziamento di dieci anni fa- ironizzo sedendomi sulla sedia e poggiando sul tavolo il caffè.Scarto la busta e subito vi trovo il logo della mia scuola all'interno.
-Santo cielo! Ti hanno espulsa!- esclama mia madre lanciando un gridolino e portandosi le mani alla bocca.
Scuoto la testa, sperando che non sia davvero per questo.
Mi porto i capelli all'indietro e mentre mia madre si avvicina sventolandosi in faccia un ventaglio per farsi aria, apro meglio la lettera per mettervi a fuoco le parole.
-Gentilissima bla bla bla, bla bla bla, le comunichiamo, bla, bla e... bla.-
-Dai su! Vai avanti!- mormora mia madre impaziente.
I miei occhi si rabbuiano per un secondo e smetto persino di leggere, poi abbasso la lettera sconfitta.
-Cos'è? Nulla di buono?- domanda mia madre alzando un sopracciglio.
Deglutisco con forza e mi alzo in piedi.
-Sì! Mi hanno preso per il viaggio estivo! Sì! Sì! Ho la borsa di studio!- grido a squarciagola incominciando a saltare come una dannata e una bambina che ha appena vinto un pupazzo gigante al luna park.
-Vado a New York, vado a New York! Ho passato i test!- canticchio senza fiato avvinghiando le braccia intorno al collo di mia madre.-Non posso crederci che ce l'hai fatta!-
-Nemmeno io!- urlo gioendo e successivamente finisco di leggere la lettera ancora emozionata.
-Munirsi di ciò che è necessario e bla, bla, ed infine presentare i propri dati riferiti alla scuola compresa la lettera per il giorno della partenza! Che sarà il 16 Giugno!- pronuncio entusiasta anche se mia madre non sembra più esserlo.
-Aspetta, scusami, ho detto 16 Giugno? Ma è fra tre giorni!- grido, non più entusiasta come prima.Mia madre mi dà un colpo sulla spalla come per zittirmi, poi rimane per qualche secondo a pensare.
-Non perderai questa occasione, è il tuo sogno e hai faticato per raggiungerlo, inizia a prepararti bambina mia perché tre giorni volano.- mi rassicura con un sorriso caloroso.
Rimango un attimo perplessa a pensarci su, poi alzo le spalle al cielo ed inizio ad immaginarmi già la Statua della Libertà.Non potrà andare meglio di così.
Spazio Autrice:
Ehi ragazze! Come vi sembra? L'idea di scrivere questa storia mi elettrizza perché ho in mente tantissime idee, ma vorrei sapere già in partenza cosa ne pensate voi❤️
Commentate!🌹🌹🌹
A prestissimooo
-Un muffin
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PER SBAGLIO IN CANADA II SHAWN MENDES
Fanfiction"Non importa dov'ero e come ci fossi finita, perché davvero non mi ricordavo più come ci fossi arrivata, il vero motivo, con lui tutto svaniva. Mi bastava guardarlo, i suoi capelli scompigliati e scuri, la sua pelle ambrata, mentre da fuori facevamo...