Capitolo I (Rev)

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Le persone spesso credono che il tramonto sia l'ora delle ombre.
Ma come ogni cosa nella vita, anche il tramonto possiede un rovescio della medaglia, terrificante ed in egual maniera sorprendente.
Dan era sempre stato convinto che fosse l'alba, la vera ora delle ombre.

Quella mattina si era alzato presto, prima che il sole sorgesse, quando l'aria era ancora tiepida e lasciava sulla pelle quella sensazione di fresco tepore, tipica delle ore che precedono l'alba in estate.

Il castello di Vesta si ergeva marmoreo sopra un colle al centro del nucleo cittadino, con il grosso mastio centrale color alabastro protetto da quattro bianche torri d'avorio, una per ognuno dei quattro punti cardinali. Ogni torre era collegata alle altre da una spessa cinta muraria, apparentemente costruita con lo stesso marmo eburneo. L'unico punto debole di quella immensa rocca adamantina, sembrava essere rappresentato dalla grosse porte di massiccio legno d'ebano, tenute costantemente spalancate, alla cui guardia era però presente un intero plotone di soldati. I soldati di turno quella mattina, dal canto loro, erano troppo assonati dalla veglia notturna e confusi dai postumi della sbornia, per notare il rapidissimo guizzo di un ombra che si spostava al di fuori del loro campo visivo, passava inosservata attraverso l'odore acre del tabacco e la puzza di vomito misto ad alcol e si insidiava nell'inaccessibile fortezza d'avorio.

L'infiltrazione era avvenuta con successo, e quello sarebbe stato un lavoro piuttosto semplice - rubare una collana di rubini dalla stanza della principessa, nel castello reale, al centro di Vesta, la capitale del regno di Luminea - qualcosa che Dan avrebbe potuto fare anche ad occhi chiusi, d'altronde gli incarichi a cui era abituato erano ben'altri.

Una volta raggiunto l'interno della grossa torre centrale che sorreggeva il mastio, Dan si ritrovò in un lungo corridoio sul quale era posato un lungo tappeto rosso con drappi e ricami dorati; le pareti erano riccamente adornate da una serie di quadri risalenti ad un epoca lontana accostati a lussuosi pezzi di arredamento dall'aria antica. Dan iniziò a muoversi apparentemente alla cieca in quel dedalo di corridoi apparentemente uguali l'uno all'altro, ma i suoi sensi - in grado di percepire anche il più piccolo battito d'ali di una zanzara, di individuare qualunque angolo cieco in una stanza dove solitamente nessuno guarderebbe o di ascoltare una conversazione a metri di distanza - andavano pian piano a formare una rete immaginaria nella sua mente, dove erano segnate tutte le strade già percorse, le stanze già visitate e la posizione delle guardie di palazzo.

Quando il sole aveva percorso la metà della strada che lo separava dalla sua massima altezza, Dan aveva già memorizzato nella sua testa la piantina del palazzo, i turni di tutte le guardie e i loro spostamenti... in aggiunta a qualche informazione sulla servitù, che gli sarebbe potuta tornare utile in seguito.

Dan entrò allora nella porticina che fungeva da ingresso alla torre nord, interamente adibita ad abitazione della Principessa accorgendosi che la camera da letto della ragazza, ampia all'incirca quanto un salone da cerimonie, era in quel momento quasi completamente vuota, fatta eccezione per la terrazza esterna, dalla quale provenivano una serie di voci femminili.
Ebbe tutto il tempo di guardarsi attorno: la stanza, dipinta in un sobbrio verde pastello, contrastante con lo sfarzo rosso-dorato del resto del palazzo, possedeva un mobilio elegante, ma essenziale, un pesante letto a baldacchino dai drappeggi celesti e i ricami in oro, una postazione da toaletta, comprensoria di un piccolo specchio, una sediolina in legno ed un tavolo in mogano ricoperto da numerose casse e bauli portagioia.
Situato all'interno di un cofanetto, Dan trovò con lo sguardo l'oggetto che stava cercando: una splendido rubino rosso sgargiante, incastonato in una sottile catenella dorata, lucidata ed esposta in bella mostra... forse troppo.
Adesso il grosso del lavoro era fatto, così il ladro decise di concedersi uno sguardo alle ignare inquiline di quella lussuosa dimora, che in quel momento erano intente in una allegra chiacchierata, sedute ad uno dei tavolini di marmo situati sulla terrazza. Attraversando la lunga camera da letto, Dan non poté evitare di percepire uno strano e pungente odore metallico.

La Principessa, che in quel momento si trovava in compagnia di tre dame di corte, aveva lunghi capelli color biondo ramato, lasciati ricadere leggermente mossi dietro le spalle e che sotto i raggi dorati del sole, sembravano letteralmente prendere fuoco, occhi di un profondo verde smeraldo e una corporatura esile - un po' bassina, ma piuttosto bella per essere ancora una ragazzina - pensò Dan. Si limitava a increspare lievemente le labbra in un sorriso,  ogni volta che una delle ragazze apriva sguaiatamente la bocca per una delle sue battutine, riguardanti sempre un membro della corte o un giovane della servitù.
Difficile era dare un parere oggettivo sulla bellezza delle altre ragazze, ricoperte com'erano di fondotinta e cosmetici vari, uniti al tanfo di profumo con il quale si erano probabilmente cosparse dalla testa ai piedi, tanto da rendere difficile capire dove finisse il trucco e inizziasse il loro volto.
Diversamente dalle sue sciocche accompagnatrici, c'era una luce nello sguardo della Principessa, che le faceva brillare quegli splendidi occhi smeraldini in un lampo di inteliggenza.

Dopo quella breve pausa, arrivò per Dan il momento di lasciare il castello, afferrò la collana con le mani guantate e la infilò nella piccola sacca che portava appesa alla cintura, nascosta dal mantello nero, avviandosi con la stessa cautela con cui era entrato verso l'uscita del palazzo, con l'intenzione poi di raggiungere a piedi la locanda in cui stava pernottando.

Ma nel momento in cui, aprendo le porte della camera, posò piede fuori dalla stanza, tutto ciò che vide fu una serie di scintillanti lame che riempivano completamente il suo campo visivo. Dopo aver fatto lentamente un passo all'indietro, Dan vide che ad impugnare le affilate alabarde puntate direttamente alla sua gola, c'erano una ventina di guardie reali armate di tutto punto che, quasi sicuramente, non sarebbero dovute essere là.

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