CAPITOLO CINQUE. LINDA

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UN CAFFE' IN GHIACCIO.

Il sette Settembre io e Claudia ricominciammo il nostro appuntamento con la clownterapia. Dovevamo essere al Policlinico per le cinque e mezza, l'orario si adattava dalle sei alle otto. I bambini con giocavano e si divertivano. Portavamo i palloncini e i giochi, ogni volta qualcosa di nuovo per poter far scoprire loro una nuova scoperta.

Mi ero affezionata a tutti i bimbi, facevo quel corso da ormai due anni ma nel reparto era arrivata una bambina che mi aveva preso il cuore. I suoi genitori ormai li conoscevo abbastanza bene e con la mamma mi sentivo anche per telefono. Quando ero nel mio paese per le vacanze la chiamavo per avere notizie della bambina e sapere se ci fossero stati dei miglioramenti oppure no. La bambina era stabile da quando era arrivata, cinque mesi, e la leucemia non aveva intenzione di andarsene.

Rachele aveva sei anni era un uragano di bambina. Dava allegria e forza a tutti. La chiamavamo "Il terremoto". Ci faceva ridere e si divertiva un mondo. La malattia non aveva toccato minimamente il suo cuore piccolo e tenero da bambina quale era.

La mamma aveva scoperto da poco di essere incinta e voleva viversi appieno la sua gioia con il papà ma purtroppo le condizioni di Rachele non lo consentivano. Vivevano fra il reparto di pediatria e quello di ginecologia.

Io e Claudia arrivammo prima in ospedale e andammo al bar a prendere un caffè. Andrea il barista ormai ci conosceva quindi sapeva già cosa prepararci.

Quando mi girai al bancone per prendere il mio ginseng senza lattosio, mi accorsi che accanto a me c'era un dottore, che in ospedale non avevo mai visto ma in realtà la sua faccia ma soprattutto i suoi occhi mi erano familiari.

"Un caffè in ghiaccio grazie." ordinò ciò che quel pomeriggio, in "Via dei Fori Imperiali" mi aveva riversato addosso alla mia maglietta.

"Ha intenzione di versarmelo dinuovo addosso oppure questa volta non è di fretta?" Il dottore si girò e mi guardò. Quei bellissimi occhi che mi ricordavo erano lì che mi scrutavano e forse nemmeno mi aveva riconosciuta, maledetta memoria fotografica.

"Oh stia pure tranquilla non ne ho intenzione, anzi le offro il caffè per farmi perdonare."

Mi aveva riconosciuta e nella mia pancia cominciavano a svolazzare farfalle.

"Non si preoccupi non sono sola, sono con la mia collega."

"Mi fa piacere offrire il caffè a due fanciulle."

"Oh la ringrazio dottor...?"

"Dottor Ferrari. Paolo Ferrari ma per lei sono solo Paolo. Lei?"

"Oh mi dia del tu dottor Ferrari. Sono Linda. Faccio clownterapia."

"Bene, è nel mio reparto suppongo. Sono il nuovo pediatra venuto da Milano."

"Oh sono contenta allora di poter condividere con lei una cosa bella e non un caffè in ghiaccio."

Rise insieme a me poi mi congedò perchè doveva scappare in reparto e noi invece dovevamo prendere tutto l'occorrente per i bambini.

Mi aveva ammaliato solamente dicendo delle sciocchezze ma sentirlo parlare era come musica per le mie orecchie.

Era una persona di gran lunga piacevole e con un accento che non mi toccava particolarmente ma che mi faceva venire voglia di ascoltare i suoi discorsi come quando ai bambini raccontiamo alle favole.

Raccolsi il materiale e i giochi e mi avviai in pediatria. I bambini attendevano e io dovevo farli sorridere.

𝐼𝓁 𝓈𝒾𝓁𝑒𝓃𝓏𝒾𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝓂𝒶𝓇𝑒.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora