CAPITOLO TRENTA. PAOLO

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I MIEI PENSIERI ERANO I SOLI A FAR RUMORE.

Linda corse ad abbracciarmi quando mi vide. Aveva bisogno del mio abbraccio e io del suo. Piangemmo insieme quel dolore che ci rendeva partecipi ad entrambi.

Affondai il mio viso nei suoi capelli. Mi era mancato quel profumo di mirtilli, la strinsi ancora più forte e lei me lo permise.

Quando ci staccammo ci guardammo negli occhi e ci baciammo.

Linda aveva bisogno di sostegno in quel momento così difficile.

Andammo nel mio ufficio, passando per il reparto che regnava nel silenzio. Ci accomodammo sul nostro divanetto e rimanemmo lì per ore abbracciati senza dirci nulla. Sapevo che se avessimo parlato avremmo distrutto quel nostro momento così delicato.

Quando riprese lucidità Linda mi guardò e mi disse che doveva andare, c'erano Carla e Max ad aspettarla fuori. Le dissi che li avevo incontrati prima e che li avevo detto che l'avrei riportata io a casa.

Lei rimase seria e seduta come se quello che fosse successo prima non aveva più valore.

"Linda non credo sia il momento di parlare di noi. Domani passo a prenderti per andare al funerale di Rachele. Ci andiamo insieme, sei d'accordo?" le chiesi con cautela.

Mi fece cenno di sì con la testa e le asciugai una lacrime che le sfuggì. Stava soffrendo senza darlo a vedere. La morte di Rachele era stata una batosta ma doveva superarla. L'avrebbe superata senza mai dimenticare quell'angelo che aveva conosciuto sulla terra.

"Ti va se ti riaccompagno a casa?" le chiesi.

"Si grazie, ho bisogno di riposarmi." finalmente parlò anche se per acconsentire alla mia richiesta.

Misi il giubbino e andammo verso l'uscita. Quando entrammo nell'auto calò il silenzio, nessuno dei due proferiva parola. Il tragitto sembrò fin troppo lungo per quel silenzio così assordante.

Sapevo dove abitava Linda, me lo ricordavo, così quando arrivammo sotto il palazzo mi girai a guardarla. Aveva lo sguardo perso, cupo e triste.

"Siamo arrivati." le dissi afferrandole leggermente la mano. Lei la tirò subito via e mi degnò di uno sguardo tagliente. Non aveva dimenticato nulla, aveva solo messo da parte il rancore nei miei confronti.

"Domani alle quindici sarò qui. Alle quindici e trenta è la messa del funerale. Buonanotte Linda. Riposa." cercai di dirle con dolcezza. Lei mi guardò e poi scese dalla macchina senza degnarmi di una parola.

Me lo meritavo, ripetevo a me stesso. Avevo ancora il suo profumo addosso. Aspettai che entrasse in casa poi incalzai la marcia e andai a casa mia. Quella che avevo condiviso con Linda.

Quando entrai si sentiva un profumo di lavanda, il profumo che aveva scelto Linda per lavare i pavimenti.

L'ultima mattina prima di andare in ospedale insieme, avevamo deciso di fare le pulizie di primavera. Avevamo messo sotto sopra la casa, ovvero Linda lo aveva fatto, io mi ero solo degnato di darle una mano laddove lei diceva di dover spostare o alzare. Aveva pulito i mobili anche sopra, dove di norma non arriva nessuno. Aveva pulito casa da cima a fondo. I pavimenti aveva deciso di lavarli con il detersivo alla lavanda, così ci sembrerà di essere in un campo freschissimo, aveva detto ridendo e abbracciandomi. Mi buttai sul divano e guardai in direzione della cucina. Non c'era lei che cucinava qualche specialità del suo paese che mi facevano leccare i baffi. Era tutto in ordine così come aveva lasciato la "padrona di casa", così la reputavo. Era tutto in silenzio i miei pensieri erano i soli a fare rumore e non li sopportavo già più.

Feci una cosa che mai in vita mia avevo fatto. Presi la bottiglia di Jack Daniel's che avevo nella cristalliera, la aprì e me la scolai tutta. Il giorno dopo tanto mi sarei logorato con un mal di testa atroce ma per il momento dovevo mettere a tacere i miei pensieri e quello era l'unico modo.

𝐼𝓁 𝓈𝒾𝓁𝑒𝓃𝓏𝒾𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝓂𝒶𝓇𝑒.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora