VIII

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15 Ottobre 2013.
 
Ieri, tra i vecchi appunti di Tedesco ed un fumetto scolorito, li ho ritrovati: nascosti in un angolo, ben protetti dallo sguardo indiscreto del mondo, c’erano decine di biglietti sgualciti che, all’inizio della nostra relazione, ero solito scambiarmi con Louis.

Sì, lo so, forse era una cosa abbastanza infantile, ma, all’epoca, non eravamo pronti a rivelare la nostra storia – o meglio, noi lo eravamo, era l’universo a fingere di non sentire – così ci accontentavamo di piccole cose, briciole di un amore immenso, ognuno dei due sicuro dentro il cuore dell’altro.
Così, rileggendoli, ho ritrovato qualche “Loving him was red”, “My real first crush was Louis Tomlinson”, “And I’d marry you, Harry”, “It’s 3 a.m and I’m still thinking of you” (con la sua grafia sbilenca ed un cuoricino sghembo al lato – “E’ così da femminucce!” gli avevo detto “Okay, ma erano le tre e pensavo a te), e poi un “Kiss me, you fool” nella mia grafia obliqua ed elegante.

“Kiss me, you fool.”

Come una ventata d’aria fresca, come l’infrangersi di un’onda contro il bagnasciuga, mi è ritornato tutto alla mente: i nostri nasi vicini, il profumo della sua pelle, le nostre mani strette. Poi, il suo sorriso angelico, il mio “baciami, sciocco”, e, per la prima volta, quelle labbra tanto sognate sulle mie. Louis finalmente mio.

Sento ancora il vento del Nord che soffiava sul tetto di casa mia, quella sera: eravamo sdraiati così vicini che potevo sentire il battito del suo cuore, mentre speravo con tutto me stesso che non se ne andasse. Faceva freddo, così avevamo una coperta da dividere in due.

“Tieni, qui c’è la tua parte” gli dissi, mentre mi giravo verso di lui. I nostri nasi si sfioravano, così come i menti. Sentivo il suo respiro regolare, vedevo i suoi occhi azzurri dentro ai miei.

“Fa ancora freddo, Harry.” Allora, gli presi la mano: la cercai per qualche secondo sotto la coperta, e, appena la avvertii – morbida e fredda – la strinsi con forza, quasi fosse un gesto automatico. Gliela strinsi nella speranza che il mio amore lo invadesse, nella speranza che sentisse quello che provocava dentro di me.

“Sei bello, con la luce della luna che ti illumina gli occhi.” La sua voce era flebile, così sottile da confondersi col vento.

E mi guardava, e lo guardavo, e aspettavamo.

Forse ci chiedevamo se fosse la cosa giusta da fare, se non stessimo sbagliando tutto, se si potesse davvero amare così. Potevo, io, Harry Styles, amare un ragazzo? Amare un uomo? Uomo come me? Poteva lui, Louis Tomlinson, essere perdutamente innamorato di un ragazzo come lui? Poteva esserci un amore così? Un amore proibito?
Non lo sapevo – non lo sapevamo – ma, in fin dei conti, era quel che volevamo. Perché io volevo lui, Louis, in tutte le sue sfumature; volevo Louis e la sua ossessione per i videogames, Louis e la sua acidità, Louis e il suo essere lunatico, Louis ed il suo amore per i film muti, Louis ed il suo costante desiderio di gelato. E non m’importava niente, nient’altro. Nemmeno la mia stessa sopravvivenza contava, perché tutto ciò che era in grado di tenermi vivo si trovava proprio davanti a me.

“Harry?”

“Dimmi.”
“Ti devo dire una cosa.”

“Okay, vai.”
“Giura di non interrompermi, però.”

“Cosa diamine…?”

“Giuralo!”

“Te lo giuro, Lou.”

“Uhm, bene; allora, da dove comincio? Okay.

Sono sempre stato desideroso di scoprire cosa fosse l’amore, quello vero. Mi piaceva cominciare nuove relazioni, nella speranza di ritrovarmi come una ragazza e sentire che nessun altra riusciva ad innescarmi lo stesso turbine di emozioni.
Penso sia un desiderio comune a tutti gli adolescenti, no? Scovare il Dio Eros, stringere un patto con Cupido. Ecco, il punto è che – in questi quasi ventidue anni – nessuna ragazza ha mai avuto il “qualcosa in più”, quel Qualcosa con…”

don't forget about me; houisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora