24 Ottobre 2014.
/If I had only felt the warmth
Within your touch
If I had only seen how you smile
When you blush
Or how you curl your lip
When you concentrate enough
I would have know
What I was living for all along
What I’ve been living for/
Louis se ne stava sdraiato sul letto disfatto, gli occhi rivolti verso il soffitto spoglio, mentre nella stanza echeggiavano forti le parole di Turning Page. Me l’aveva dedicata, aveva deciso che sarebbe stata la nostra canzone.Ed io, io avevo deciso che gliel’avrei detto: non se lo meritava.
Non potevo fargli credere d’essersi innamorato di una persona sana, in forze, pronta a vivere anni ed anni con lui; volevo – dovevo – dargli la possibilità di scappare finché fosse stato in tempo. Fuggire dal mio tumore. Dall’inferno. Da me.
Non potevo più nascondere quello che mi succedeva: mi sarei dovuto operare, poi la chemio, avrei perso i capelli, forse sarei stato amputato. Come avrei fatto a spiegare tutto questo al mio ragazzo? Da dove avrei cominciato? Perché? Ma un perché non c’era, o forse era andato perduto nel vento gelido che soffiava contro la sua finestra.
Non sono un tipo sentimentale e – non per vantarmi – ho pianto solo un paio di volte da quando mi è stato diagnosticato il tumore. Quel pomeriggio rientra nella categoria.
Lo guardavo canticchiare la canzone con sguardo sognante, e già gli occhi cominciavano a pizzicarmi, mentre la mia dannata mandibola tremava. Mi schiaffeggiai il dorso della mano, guardai in alto e mi imposi di stare tranquillo perché non volevo che Louis soffrisse per me. Meglio la morte.
Deglutii pesantemente e tossicchiai per schiarirmi la voce già completamente spezzata “L-Louis?”
Alzò lo sguardo furbo ed allegro “Styles, sempre al tuo servizio.”
“Possiamo parlare?” Il respiro si faceva più pesante ad ogni parola e, in tutta franchezza, trattenere quelle maledette lacrime diventava gradualmente impossibile. Non potevo sostenere l’intensità di quegli ignari occhi azzurri. Di quel cielo purissimo.
“Vai, sono tutt’orecchie! Hey, Harry, c’è qualcosa che ti preoccupa?” Feci per ribattere, ma inutile: la voce roca si era totalmente rotta, così come la diga che impediva alle lacrime di ricadermi sulla camicia azzurra. Mi ritrovai a singhiozzare, il lamento di un animale ferito, una voragine che mi si apriva nel petto e m’impediva di respirare.
Poi, le sue braccia mi afferrarono repentinamente e le sue labbra cominciarono a posarsi sulla mia guancia. Andò avanti così per un po’, mentre io singhiozzavo impotente e cercavo di rimandare il momento di lasciarci. Perché stava arrivando, e Louis non sarebbe restato. Non poteva.
“Harry, calmati. Okay, bravo, calmati. Guardami.” I suoi occhi emanavano una luce troppo intensa per i miei, così deboli, che brancolavano nel buio.
“Dimmi cosa succede. C’è una brutta notizia? Qualcosa non va?”
Annuii, ma le parole non venivano fuori. Maledetto me.
“Okay, prendimi la mano e parla. Non ti fermare finché non finisci, d’accordo?” Afferrai la sua mano sottile, che ricordava le carezze rubate e le canzoni dedicate. Presi un bel respiro e mi rassegnai a perderlo.
“Louis, scusami. Scusami. Scusami perché sono un maledetto idiota. Perché mi sono innamorato di te quando non dovevo. Scusami perché ti ho trascinato in un maremoto, in una guerra, in un problema più grande di tutti noi. Scusami perché ti sto portando a fondo con me, e non voglio. Non voglio farti del male, non voglio distruggere ciò che di più bello ho al mondo. Scusami, Louis, perché ti sto lasciando andare.”
Il viso di Louis sbiancò, la sua mano si ritirò dalla mia. Era avvenuto l’impatto.
“Cosa? Mi stai mollando? Vuoi finirla qui? E perché?”
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don't forget about me; houis
Short Story✉ completata! h and l (boyxboy) comunque, non sono qui per parlare di quanto sia schifoso morire di cancro, né di quanto vorrei ancora poter vivere, ma, piuttosto, sono qui per lasciare qualcosa di me. qualcosa che sia vivo, che in qualche modo rico...