Capitolo 2

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A varcare la soglia dell'aula per ultima, è la professoressa Mancini, una noiosissima cinquantenne che di anni ne dimostra almeno sessanta. I capelli sono sempre legati in un perfetto e severo chignon, gli occhialetti che le ricadono sul naso non le danno tregua e i fianchi sembrano esserlesi allargati durante il fine settimana. Complici i suoi amatissimi jeans firmati, che invece di fasciarla perfettamente come qualche giorno prima, sembrano stringerla grevemente. Chissà se respira.
Tutti quanti ci alziamo in piedi al suo ingresso, salutandola con rispetto, sono quasi del tutto certa che nessuno voglia sorbirsi le sue lamentele per quanto siamo cafoni e irrispettosi. Lei sorride compiaciuta, invitandoci a risederci e cominciando a fare l'appello. Se interroga sono a dir poco fottuta. Perché diavolo non ho ripetuto?! Di fretta e furia frugo nello zaino alla ricerca del libro di scienze e comincio mentalmente a ripetermi la lezione.
Calma, Annie, hai studiato mi ripeto di continuo, ma il cuore batte fortissimo, quasi mi perfora la gabbia toracica. Sembrano tutti agitati, qualcuno ripete come me, qualcun altro preferisce fregarsene e prendersi un'insufficienza, ma io no. Non posso permettermi un voto basso, rischierei di rovinarmi la media e di mandare a monte la possibilità di ricevere una borsa di studio. Cazzo, quattro anni passati con la schiena china sui libri fino a deformarla e poi per uno stupido giorno, passato a leggere un dannato libro, rovino tutto, mando all'aria la mia vita, il mio futuro.
Avverto delle dita sfiorarmi la spalla e subito mi volto. Dinanzi ai miei occhi compaiono quelli neri di Jake, mi sorride, affascinante e ammaliante come sempre.
«Tutto bene, An?» Domanda dolcemente, allungandosi.

Immediatamente un profumo di pesca mi investe, facendomi trattenere il fiato. «Sì..» Balbetto appena, stringendo il libro, la professoressa sembra silenziosa, sono sicura che stia scegliendo accuratamente le sue prede.

«Non mi sembra.» Sussurra, avvicinandosi ancora.
Santo cielo, non un altro passo o Ellie sarà costretta a tirarmi via dalla tua bocca con la forza!

«È che..ieri sera ho dimenticato di ripetere, non mi ricordo assolutamente nulla, e non essendoci volontari la prof ricomincerà il giro..» Mormoro, guardandolo con fatica negli occhi e sentendo il cuore sussultare quando sorride. Quant'è bello!

«E che problema c'è? Posso offrirmi io.» Scrolla le spalle, per poi alzare la mano.

«Sì, Newman?» Gli occhialetti sobbalzano leggermente.

«Prof, potrei venire all'interrogazione? Sa, sono mancato durante l'ultima verifica, ricorda? Vorrei poter recuperare il voto.» Gli occhietti innocenti la guardano, sembra un bambino. Anche lei sorride. Dannazione, è perfetto..e oddio, eravamo così vicini!

«Beh, perfetto, adesso ci basterà solo trovare il tuo compagno di avventura.» China ancora il volto sul registro e di nuovo sento il mio stomaco restringersi.
«Anderson, vieni tu e ricominciamo il giro delle interrogazioni?» Punta lo sguardo su di me, sento già gli occhi farsi lucidi e la gola secca.

«Vengo io all'interrogazione, professoressa Mancini.»
Alzo lo sguardo sul mio salvatore e il lieve sorriso appena nato muore immediatamente.
Ethan Roberts.










Vi chiederete se sono brava coi ringraziamenti, vi basti pensare che ci ho provato con Ethan, ma mi ero appena dimenticata che fosse un dannato stronzo frustrato e ho dovuto mandarlo a fanculo, piuttosto che dirgli grazie.
Gentilmente, anche fin troppo, a fine lezione ho aspettato che tutti abbandonassero l'aula prima del suono dell'ultima campanella, e sono riuscita ad acchiappare Jake, Ethan è corso via di fretta e furia senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
«Grazie, Jake, mi hai salvata, davvero.» Tiro un sospiro di sollievo, guardandolo con occhi da cerbiatta e sorridendo quando è lui il primo a farlo.

«Scherzi? Se non ci si aiuta tra compagni!»
Ma dai, questa era la parte in cui mi baciavi! piagnucolo mentalmente, annuendo con enfasi e stupidità, e sollevo una mano per salutarlo.

«Corro a vedere se riesco ad acchiappare Ethan.» Avanzo sconsolata nei corridoi, intravedendo il moro, armato di cuffiette e ombrello.
Dimmi che non sta piovendo. Sono senza ombrello e a piedi. Ti prego, giuro che smetterò di leggere fino a tardi..okay no..però posso aiutare di più la mamma nelle faccende di casa ed imparare a cucinare decentemente, no?
Quando smetto di promettere quelle stesse promesse che non avrei mai mantenuto sono già fuori, e piove così tanto che rischio di farmi il bagno prima che sia di nuovo Estate. Invidio tutti quelli dotati di ombrello, e ancor più quei maledetti che salgono in auto con fastidiosi sorrisini. Che le finestre delle vostre stanze siano aperte e la pioggia impregni i vostri letti! mi sento una specie di maga che dà il via al suo incantesimo nero. Aumento il passo quando mi rendo conto che i passi di Ethan sono delle enormi falcate, e poi mi arrendo e comincio una piccola corsa, augurandomi di non scivolare. Potrei cadere a terra, subire un trauma cranico o ancora peggio spaccarmi la testa e morire dissanguata.
Quando per miracolo riesco ad afferrargli l'avambraccio sono tremendamente affannata, come un'ottantenne dopo una corsa mondiale.
«Finalmente ti ho preso.» Ansimo, piegandomi e poggiando le mani sulle ginocchia per recuperare un po' di fiato.

Lui alza lo sguardo, confuso e curioso, sfilandosi una cuffietta, riesco ad avvertire le urla stridule di una rock band e arriccio il naso. Ptf, stupido uomo, io ascolto Alessandra Amoroso. «Che vuoi?» Domanda freddamente, inarcando un sopracciglio.

Magari potresti far mettere anche me sotto il tuo stupido ed insignificante ombrello, sarebbe gratificante poter smettere di inzupparmi, ma a quanto vedo sei solo un troglodita. «..ringraziarti.» Cerco di sorridere meglio che posso, scostandomi i capelli fradici dal viso per poterlo guardare negli occhi. «Tu e Jake mi avete salvata, davvero, grazie.» Certamente non mi aspetto di ricevere un prego da uno come lui, quindi faccio per voltarmi, fermata, però, dalle sue parole.

«Non l'ho certo fatto per te, avevo un'insufficienza da recuperare e ho colto la palla al balzo.» Scrolla le spalle, ghignando. Ama proprio essere un arrogante questo stronzo.

Sorrido falsamente, annuendo. «Hai ragione..che stupida.» Rido appena, mettendogli una mano sulla spalla. A quel contatto avverto una scossa, ma non me ne curo, mi capita spesso di essere fin troppo 'elettrica'. «La vedi quella strada lì in fondo?» Gli indico un punto, vedendolo annuire, non sa proprio cosa aspettarsi. «Ecco, bravo, prosegui sempre dritto, non sbagliare, arriverai dritto a fanculo.» E detto questo lo spintono, senza muoverlo di un passo, (ovvio, grosso com'è, è un colosso), e me ne vado sotto l'insistente pioggia. Ho come il presentimento che non mi avrebbe accolta volentieri sotto l'ombrello con lui.

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