Il becchino del paese era un uomo assai infaticabile.
Ogni giorno doveva scavare molte fosse per seppellire i numerosi corpi che gli venivano portati.
Lavorava fino a notte fonda, per lui non esisteva altro: vanga e corpi.
Non era tipo da lasciarsi intimidire dalle sciocche superstizioni, la paura della morte non lo riguardava.
Anzi, quando di notte vagava per il cimitero, non portava neppure la lanterna con sé, temerario com'era.
Finché una notte a poco dalla fine del suo turno di lavoro, mentre s'aggirava tra lapidi e un mare di nebbia, dalla terra della tomba che aveva appena finito di ricoprire poche ore prima sbucò una figura. La creatura totalmente ricoperta di fango si avvicinò barcollante al becchino emettendo versi strazianti.
Il becchino senza nemmeno un momento di esitazione le sfracellò il cranio con la vanga poi, estratto un panno dalla giacca, ripulì dal sangue il suo prezioso strumento di lavoro. Rigettò il cadavere nella fossa e bofonchiò:
"Sempre la solita storia! Odio quando non muoiono asfissiati dopo che li seppellisco con tanta cura".