5 Il segreto di Newt

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"Delle persone?", domandò Newt, curioso.
"Sì" gli rispose Thomas "sono i miei migliori amici".
"Come sono?".
"Da manicomio", lo disse sarcasticamente.
Il biondino sorrise mentre il moro lo aiutava ad alzarsi; seppe di essere arrossito non appena si fece aiutare da Thomas, quindi finse di niente e, quando finì di vestirsi uscì dalla casa accompagnato dall'ebreo. Questo lo portò fuori città, verso una vecchia pista per l'atletica, abbandonata al tempo che incombeva su di lui; per tutto il percorso Newt non fece altro che guardare Thomas, a contemplare il suo fisico asciutto e atletico, il suo splendido volto, le sue labbra rosee... Quando entrò, vide al centro della pista tre figure, che tuttavia riuscì a distinguere solo una volta arrivato lì; tra loro c'era un ragazzo asiatico con i capelli e gli occhi scuri, poi ce ne erano altri due, uno di colore e l'altro...era una ragazza.
"Ehi ragazzi!", urlò Thomas, richiamando la loro attenzione.
L'asiatico si voltò e, quando vide l'ebreo, gli corse incontro con un sorriso stampato sulle labbra.
"Ciao" salutò, prima di vedere Newt, cambiando radicalmente sguardo "lui chi è?".
"Mi chiamo Newt", rispose il biondino.
"Sei un tedesco?".
"Minho" lo richiamò Thomas "non temere; è mio amico".
"Io non mi fido di loro", commentò il ragazzo di colore.
"Credimi Alby" gli disse l'ebreo "lui è apposto".
"E tu come lo sai?", domandò la ragazza.
"Osservo i tedeschi tutti i santi giorni Teresa, e credimi che lui è apposto".
Minho sospirò prima di avvicinarsi a Newt e stringergli la mano.
"Io mi chiamo Minho e loro invece sono Alby" indicò il primo ragazzo che aveva parlato "e Teresa", lo disse indicando la ragazza, mora con gli occhi azzurri.
Newt sorrise e contraccambiò la stretta di mano.
"Ti va di fare una gara?", gli chiese l'asiatico senza alcun preavviso.
Il biondino rimase interdetto.
"U-una g-gara?", balbetto'.
"Certo! Non avrai mica paura del ragazzo più fico della Germania!".
"Non è quello. È che sono zoppo".
"E non vai a curarti?", domandò Alby.
"No. La caviglia è incurabile".
"Com'è successo?", chiese Teresa.
Stavano esagerando; Thomas lo capì dallo sguardo di Newt, e dagli occhi che gli si erano inumiditi.
"Tutto apposto?", gli chiese, poggiando la mano sulla sua spalla.
Il ragazzo gliela scostò in malo modo e corse via; Thomas lo seguì poco dopo, raggiungendolo senza difficoltà.
"Ehi Newt che succede?", disse.
Il biondino non lo ascoltò e proseguì nella sua corsa verso il cimitero, ma essendo zoppo l'ebreo lo raggiunse senza problemi.
"Lasciami in pace!", urlò Newt.
"Ma cos'hai? Cos'hanno detto per farti scappare via?".
L'altro non rispose e continuò a correre, giungendo infine al cimitero; Newt si diresse verso la lapide di Chuck e cadde in ginocchio per la stanchezza. Thomas lo raggiunse e, silenziosamente, si mise dietro a lui.
"So che non sono affari miei; dopotutto, sono un ebreo, e non merito di sapere le vostre faccende. Ma ciononostante voglio aiutarti e sostenerti; basta solamente che tu me lo dica".
Newt rimase chino sulla lapide, senza mai né parlare né tantomeno alzare lo sguardo; Thomas sospirò, quindi fece per andarsene quando il biondino gli prese il polso, bloccandolo.
"Ti imploro" mormorò Newt con la voce incrinata dal pianto "ho bisogno di raccontare questo fatto a qualcuno".
"E perché me? Sono un ebreo".
"No Thomas" rispose l'altro, guardandolo in volto "tu sei molto di più".
Il moro sorrise, quindi si sedette sulla ghiaia mentre Newt iniziava a raccontare la storia.

Newt era preoccupato; non riusciva a trovare Chuck da nessuna parte della casa, e temeva che gli fosse capitato qualcosa di brutto, così scese in soggiorno dove i suoi genitori stavano bevendo il loro " pomeridiano".
"Avete visto Chuck?", domandò Newt.
"No tesoro" gli rispose la madre "non era con te?".
", ma poi mi ha detto che usciva a fare compere e poi non è più tornato".
"Va bene" disse Ernst "tu vai a cercarlo, io avviso le autorità".
Newt annuì, quindi indossò gli stivaloni e la giacca, poi uscì dalla casa, accolto da una tempesta in fermento. Il ragazzo andò a vedere nei caffè, nelle librerie, nei parco giochi...ma in nessuno di quei posti c'era la presenza di Chuck.
Ma dové finito? Pensò.
Finché non gli venne in mente il loro "angolo di paradiso", un angolo del parco giochi che si erano tagliati solo per loro due. Newt allora corse e corse, finché durante la corsa non lo vide nel mezzo della strada, in piedi a guardarlo.
"Che ci fai ?!", gli urlò Newt.
"Ho sentito i nostri genitori che mi manderanno via, in una caserma militare", gli rispose il fratello minore.
"E perché sei nel mezzo della strada?".
"Non voglio combattere, non voglio essere un militare; so cosa provoca la guerra, quindi piuttosto che tornare a casa e non essere più io metto fine alla mia vita".
Newt era confuso ma non si voleva arrendere; non avrebbe permesso che suo fratello si sarebbe suicidato.
"Non fare caspiate Chuck e torna a casa con me!".
"Tu sarai sempre il mio fratellone. Ci rivedremo dall'altra parte".
"Noo!".
"Addio".
Un autobus lo prese in pieno; Newt tentò di raggiungerlo, ma anche lui venne colpito da un mezzo a tutta velocità. Provò tanto dolore, finché il suo mondo non divenne nero.

Quando i medici portarono nella clinica i due ragazzi, non riuscirono a fare molto; la caviglia di Newt era incurabile mentre per Chuck...per lui invece non c'era più niente da fare.

Charles von Salomon morì per essersi rifiutato di sottostare alla legge della leva obbligatoria.

Luce nell'ombra ~Newtmas~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora