Che la tempesta abbia inizio.

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Il mio nome è Marta.
E di me posso dirvi solo questo.
Perché non so più neanche io cosa pensare di me stessa.
E dovrei conoscermi meglio di chiunque altro considerando che convivo con me stessa da ben tredici anni. Forse mi conosco un po' troppo.
Ci sono troppe voci, troppi pensieri, troppe disparate opinioni che si accalcano nella mia testa.
Fanno a gara a chi urla di più.
E vincono sempre le più crudeli, le più pessimistiche, le più tristi.
Quelle con una visione positivista della vita sussurrano così piano che sembrano non produrre suoni, ma io lo so.
so che sono lì, aspettano.
E io con loro.
aspettiamo il momento giusto per rinascere.
Per far vedere al mondo che esistiamo, che non siamo, in fondo in fondo, tanto inguardabili. O mi sbaglio?
Sono irreparabilmente sbagliata.
Non riesco a contenere la confusione che ho dentro la testa figuriamoci il caos all'esterno.
Ma perché una ragazzina di tredici anni deve farsi tanti problemi?
Dovrebbero essere gli anni più spensierati della mia vita.
Quelli in cui passo interi pomeriggi al parco e non nel salotto di casa a fare addominali.
Ho tredici anni e il mondo mi appare già troppo opprimente.
Ho tredici anni e faccio fatica a respirare.
Ho tredici anni e la mia ansia è più forte della razionalità.
Ho tredici anni e sono irreparabilmente delusa.
Ho tredici anni e sento di non appartenere a questa età.
Non perché mi creda superiore ai miei coetanei è solo che, a volte...molte volte...spesso, li trovo così infantili e allo stesso tempo talmente crudeli.
Ma questo fin da quando sono piccola.
Ho sempre pensato che è perché i bambini non pensano al male che un piccolo gesto, come una risata di scherno o indicare con il dito o ripetere quello che fanno altri bambini, possa fare. Alle conseguenze. Mi ripetevo tutti i giorni che, una volta cresciuti, sarebbero cambiati e si sarebbero resi conto del male psicologico che mi avevano inferto.
Credevo che sarebbe cambiato in tutto, ma in meglio, in positivo.
Non pensavo che sarebbe andato tutto a rotoli.
Crescendo, ho imparato che più diventano grandi più la loro cattiveria si intensifica. Affinano le tecniche con cui stroncarti, imparano come essere più incisivi nelle loro frecciatine e nei loro pesanti insulti.
Hanno imparato a infliggere più dolore di quanto una persona possa sopportare.
Io non ce la faccio più.
Sono solo una persona un po' fragile che non sa come difendersi.
Vorrei solo fargli vedere che ho anche io qualcosa di buono.
Che posso essere simpatica anche io.
Anche se non sorrido sempre, come le altre ragazze.
Anche se non ho gli occhi azzurri e i capelli biondi e lisci.
Anche se vorrei solo scomparire.
Anche se non mi parlate.
Anche se non volete imparare a conoscermi.
Io esisto, purtroppo.
Mi dispiace che la mia esistenza vi rechi disturbo, non era mia intenzione.
Vorrei solo potervi lasciarvi in pace scomparendo.
E una mezza idea di come fare penso di avercela.
Ma non andrà a genio a nessuno.
A me ispira.
Mi farà stare meglio.
Magari sarò più bella.
Magari vi avvicinerete per parlarmi e non come pretesto per divertirvi o come cavia sulla quale testare le vostre nuove battute.
Mi ci state costringendo voi, sappiatelo.
E, alla fine, non venite a dirmi cazzate come: «non l'ho fatto apposta.».
Cadreste solo più in basso di quanto non lo siate già.
E lo so di non essere uno stecchino, non serve che me lo ripetiate sempre.
È per le vostre prese in giro  che mi sto ammazzando di attività fisica.
È per le vostre prese in giro che mangio di meno.
È per le vostre prese in giro che i pensieri diventano così tanti da ingarbugliarsi.
È per le vostre prese in giro.
È per voi.

Avete presente gli ultimi giorni d'estate?
Quando in un apparente calma, tra il sole che brilla e il cielo azzurro, ti soffermi a pensare a come sarà ritornare alla monotona quotidianità?
Bene, ora ci sto pensando anche io.
È l'ultima settimana di agosto.
È tutta questa luce mi fa venire voglia di dare un'ultima possibilità alla vita.
Magari in questi tre mesi sono maturati, magari chiederanno scusa.
Sorrido guardando il cielo.
È limpido, anche la mia mente oggi ha deciso di darsi una calmata.
Prendo un grande respiro e ricomincio a leggere, sdraiata nel prato di casa.
Oggi ho deciso di prendermi una pausa dall'attività fisica.
Oggi posso riposarmi.
Oggi stacco dalle mie paranoie.
Non sono riuscita a leggere neanche 10  pagine che il mio telefono inizia a squillare.
Un messaggio.
È un altro ancora.
/drin/
/drin/
/drin/
Basta, lo silenzio.
Oggi non ci sono per nessuno.
Ma la curiosità mi assale.
Guardo le notifiche.
Sono insulti.
Messaggi su messaggi contenenti solo parole violente e crudeli.
Siete dei mostri.
E non avete neanche il coraggio di dirmele in faccia tutte queste cattiverie.
Codardi.
Tutti i messaggi arrivano da un anonimo.
Non voglio leggermi.
Marta tu non vuoi leggerli.
Ti prego non leggerli.
«ciao palla di lardo.»
«quando la smetterai di essere un elefante obeso?»
Li faccio scorrere.
A ogni insulto i miei occhi si riempiono di lacrime.
E allora piango.
Fin quando ho prosciugato tutti i liquidi del mio corpo.
Fino a quando non sono stremata.
Fino a quando decido che la vita, un'altra possibilità, non se la merita.
Arriva l'ultimo.
«stai piangendo? Scommetto di sì e che le tue lacrime sono grasso!»
Mi prendo la testa fra le mani.
Mi rannicchio in posizione fetale.
Il mio corpo è scosso dai singhiozzi.
Non riesco a respirare.
Ma il sole continua a splendere.
Il cielo è ancora limpido.
Io mi sono spenta.
Sono una macchia nera in tutta questa luce.

Sono in contrasto anche con l'ambiente.
Mi sento sbagliata lì fuori.
Torno in casa.
Comincio gli addominali.
Uno, due, tre, quattro...,cinquanta, cinquantuno...
Spero di scomparire.
Voglio solo chiudere gli occhi e non aprirli più.
Voglio solo lasciarmi andare.

Quando mangiavo solo nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora