Capitolo 12

3.7K 100 8
                                    

-Penso non siano affari tuoi Rayane- sputo acida.
Finché non scoprirò qualcosa, non posso fidarmi di nessuno.

Sembra sorpreso dal mio atteggiamento.
-Che ti prende ora?- chiede avanzando verso di me.
-Nulla- dico.
-Allora non andrai da nessuna parte- dice sicuro di se.
Mi scappa una risata isterica.
-Non provocarmi Rayane, sarai mio amico, ma non ci metto nulla a stenderti in due secondi.- dico seria.
- Torna a casa- dico salendo in macchina.
- E non ti azzardare a seguirmi- concludo.

- Non ho avuto tue notizie per 3 giorni ed ero preoccupato per te. Stavo impazzendo solo all'idea di perderti. Non pensi che voglia solo proteggerti?- dice abbattuto.
- Se proteggermi vuol dire nascondermi le cose.... allora penso di non voler essere protetta.- dico mettendo in moto l'auto.

- Non ti sto nascondendo niente- urla per sovrastare il motore dell'auto.
Abbasso il finestrino e gli dico- Non aspettarmi sveglio, tornerò tardi-.

È da un'ora che sto girando in macchina e non ho ancora trovato il modo per parlare con il vecchio.



Parcheggio davanti ad un locale e spengo l'auto.
Frustata appoggio la testa sul volente
-cazzo- esclamo dando un pugno al sedile.

Scendo dall'auto e mi dirigo dentro al locale. Devo distrarmi

Il locale non è male, all'esterno sono esposti dei quadri in bianco e nero, ritraenti gli anni 70'. All'interno invece è tutt'altra cosa: a destra ci sono i divanetti in pelle bianco e rossi, in mezzo invece si estende una enorme pista da ballo con apposita console e a sinistra c'è il bar.
Insomma l'opposto.
E a me piacciono questi stili: perché da fuori può sembrare un locale retrò, invece si scopre che si tratta di un locale moderno.
L'apparenza inganna, l'ho sempre detto.

Scelgo di salire al piano di sopra, dove c'è meno musica, per pensare meglio.
Ma prima ordino una vodka alla fragola.

Sto salendo le scale, quando noto un gruppo di uomini parlare con un ragazzo,
anzi non parlare ma minacciare un ragazzo.
Faccio subito marcia indietro e li raggiungo.

-Qualche problema?- chiedo guardando il ragazzo, che poverino sembra terrorizzato. Avrà diciassette anni massimo.
- E tu chi cazzo sei?- mi chiede uno di loro. Sgrano gli occhi, ma non per paura ma per il suo accento. È russo.
Sono proprio fortunata oggi.

Sulle labbra mi spunta un sorriso inquietante.
-Lasciate stare il ragazzo- dico ancora sorridendo.
Devono avermi presa per pazza.
-Ahaahhahahahahahahhahahahah e tu chi sei per dirci cosa dobbiamo fare?- chiede sempre lo stesso uomo ridendo.
- Già hai ragione non sono nessuno- dico andandomene, ma prima faccio un occhiolino al ragazzo per tranquillizzarlo.
Mi dirigo a passo spedito verso l'ufficio del proprietario di questo negozio, nonché mio cugino.
Io e mio cugino siamo in ottimi rapporti anche perché facciamo la stesso "lavoro". Solo che lui si occupa dei conti. Raramente lo chiamo sul campo.
Siamo cresciuti praticamente insieme.
Ha 25 anni, alto, occhi scuri e capelli ricci neri.

Entro senza bussare e sbatto la porta alle mie spalle.
-Sel ma che sorpresa- esclama mio cugino felice di rivedermi.
-Già- dico in modo pacato.
-Allora che mi racc- lo blocco subito.
-Devi far uscire tutti da qui- dico.
-Cosa?!?!- dice alzandosi dalla sua poltrona.
-Hai capito benissimo Adam, devi far sgomberare questo posto il prima possibile- dico serissima.
Deve aver capito che qualcosa non va infatti non fa più domande.
Prende il telefono e chiama tutti i bodyguard.
- aspetta- dico.
- Tranne l'ala ovest- dico ricordandomi dove erano gli uomini.
-ok-
- Dite a tutti di uscire il più presto possibile, ah è mi raccomando non spegnete la musica- dice al telefono.
-Ti serve una mano?- chiede ghignando. Bravo hai capito.
- Se vuoi puoi assistere- dico sorridendo.

𝐿𝒶𝓈𝓉 𝐻𝑜𝓅𝑒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora