10. Verità

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Lei era sempre stata una bambina complicata nella sua semplicità; le piaceva ridere, essere felice, stare in compagnia, vestirsi da principessa. Tutti i giorni, tornata a casa dalla scuola elementare, raccontava ogni singolo particolare delle cose accadutole durante l'arco di tempo che passava in quell'istituto, ma con l'aumentare d'età, imparò l'arte del silenzio. Iniziò a chiudersi sempre più in sé stessa, dicendo a malapena i suoi voti, belli e brutti che fossero. La stretta unione che aveva con il fratello cominciò a diminuire pian piano, lasciando spazio a numerose litigate – in aumento verso il liceo. Il più delle volte avevano entrambi torto, e per questo motivo il giorno successivo avevano già fatto pace, ma quando la colpa era di uno dei due, questo si sentiva male con sé stesso – forse più Ashton che Coral. Loro due erano totalmente diversi di carattere, gli opposti, quasi. Lui era impulsivo, aggressivo, prepotente, ma spesso era anche molto dolce, solo quando voleva.
Quando Coral tornò a casa, in tardo pomeriggio, era troppo tardi per inventarsi una copertura credibile: Ashton aveva finito di parlare con il dirigente scolastico nell'esatto momento in cui lei aveva varcato la soglia della porta. Era tentata di tornare indietro, dato il lieve rumore fatto, ma il fratello l'aveva sentita, tant'è che la chiamò dalla cucina. Lei sperò con tutta sé stessa che non avesse bevuto o che non fosse sotto effetto di stupefacenti. Non voleva riportare altri lividi sul suo corpo.
"Sospensione del giudizio per evasione scolastica assieme al compagno" disse serio, Ashton, citando le parole del preside. Fece un tiro dalla sigaretta che teneva stretto fra l'indice e il medio. Una nuvola di fumo uscì dalle sue labbra, disperdendosi nella stanza.
"Da quando fumi?" domandò la rossa. Il suo tono risultò rabbioso, forse troppo, perché Ashton fece uno scatto in avanti come se volesse colpirla, ma si controllò. Coral indietreggiò spaventata. Gli occhi di suo fratello erano furenti di rabbia; non aveva bevuto e non era sotto effetto di stupefacenti, il che avrebbe dovuto rassicurarla, ma il suo corpo era teso come il fusto di un albero.
"Tu invece?". Il nervoso pareva essergli scivolato di dosso: il suo tono era tranquillo. Il cuore della piccola cominciò a battere contro la cassa toracica con prepotenza, come se volesse uscire da lì. Sapeva alla perfezione di essere nei guai fino al collo, ma c'era ancora una minima speranza che Ashton lo stesse ipotizzando. Magari non ha sentito l'odore di fumo, sperò. Le sue gambe tremavano come foglie, le mani, invece, preferì tenerle nascoste all'interno delle tasche della felpa. Fumare una sigaretta prima di tornare a casa non era stata una delle sue idee migliori.
Coral cercò di dire che non fumava, ma il fratello la fermò a seduta stante. Le gridò addosso che era una bugiarda, sovrastandola con la sua imponente figura. Lei, intimidita e spaventata, chiuse gli occhi e abbassò la testa.
"Dammi le mani" ordinò duro, il riccio. La rossa scosse la testa, facendo alterare Ashton ancora di più, che con prepotenza le afferrò il polso sinistro e le annusò le dita. Odoravano di nicotina. Lui sentì il sangue ribollirgli nelle vene, e con le mani formicolanti, colpì Coral sulla guancia. Lo schiaffo fu talmente forte che le girò il viso dall'altra parte. Lei sfiorò la parte dolente per paura di farsi altro dolore, e guardò suo fratello dritta negli occhi. Nessuno dei due proferì parola, non era necessario, i loro sguardi era sufficienti a dirsi quello che dovevano. Lui non capiva il cambiamento radicale della sorella: prima era una ragazza che rispettava le regole, andava bene a scuola, aspettava l'amore della sua vita, e mai avrebbe fatto anche un solo tiro ad una sigaretta. Ashton rivoleva indietro la sua piccola. La nuova Coral non gli piaceva, lo faceva diventare pazzo. Ogni volta aveva una ragione buona per sgridarla e i suoi polmoni si gonfiavano come mongolfiere a forza di urlare. Lei, dal canto suo, non sapeva di preciso cosa fosse cambiato oltre al fratello, che era diventato aggressivo. Prima non si sarebbe mai e poi mai azzardato neanche a sfiorarla con un dito. La piccola Irwin non si era accorta che in realtà era lei a cambiare, e a farle compagnia c'erano tutte le persone da lei dipendenti.
"Sei diversa" sospirò Ashton, abbassando il capo. Si voltò e fece per salire le scale, ma Coral lo fermò afferrando il suo avambraccio. Per avvolgerglielo completamente dovette usare entrambe le mani. Lui era veramente più grande rispetto a lei. Per farvi capire: un elefante e un cane.
"Che intendi per diversa?"
"Sei cambiata, okay? – cercò di non aggiungere altro, nell'intento di continuare per la sua strada, ma non ce la fece – prima passavamo gran parte del tempo insieme, mi raccontavi tutto, anche le cose meno rilevanti, ora invece sembriamo due conoscenti... sei distante". Nelle sue parole si sentì sofferenza, lontananza, paura e un pizzico di amore. Forse fraterno. La rossa percepì della rabbia e dati gli ultimi episodi con protagonisti tale sentimento, preferì tacere. "Parlavo esattamente di questo". Lei cercò di ribattere, dicendogli il motivo del suo silenzio, ma le parole le morirono in gola.
Ashton parve darle una terza possibilità, sperava davvero che lo avrebbe fermato e che gli avrebbe raccontato qual era la causa del suo cambiamento improvviso, ma non lo fece e lui se ne andò. Lei pure. Presero ognuno la propria strada. Era arrivato il momento di separarsi: non avevano più bisogno l'uno dell'altra.

Enchantress // 5 Second of SummerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora