Third

392 10 0
                                    

*Due mesi dopo*

Da quella notte iniziò il mio tormento.

Ogni notte, alla stessa ora, mi recavo nel suo studio, con al seguito lo sguardo infuriato di Camille, mi mettevo sotto la scrivania e gli slacciavo i pantaloni.

Era sempre peggio. Quel sapore in bocca era schifoso e rimaneva per tutto il giorno, anche se lavavo più e più volte i denti, era come impresso nella mia mente.

Mi sentivo sporca e sola.

Camille ormai era invidiosa, non mi vedeva più come una sua amica, ero una sua rivale. Ma io non combattevo per nulla. Ero costretta, ogni volta che rifiutavo mi minacciava e sapevo avrebbe fatto ogni cosa che mi prometteva.

Quando veniva nella mia bocca mi costringeva ad ingoiare tutto, mi riallacciavo la camicia e me ne andavo a letto.

Solo che non dormivo.

«Cara, dovresti coprire quelle brutte occhiaie» ci tenne a dirmi la Signora Styles, dopo che le servii la cena.

Avevo gli occhi di tutti puntati addosso e quelli del Signor Styles che mi bruciavano la pelle.

«Cercherò di rimediare, Signora» mi feci da parte, rimanendo in attesa di servire il resto della cena.

Camille avevo la serata libera, ed ero sola in casa, tranne che per la famiglia.

Dopo aver sistemato la cucina e la sala da pranzo, mi slacciai il grembiule, avviandomi in stanza, ma come al solito fui fermata.

«La prego, Signor Styles, sono molto stanca» mi sentii di dirgli, anche se mi stava portando nel suo studio.

Cominciò a baciarmi il collo, capendo all'istante le sue intenzioni, così lo spinsi via con rabbia.

«Non ho voglia di giocare questa sera, Odette» mi rimproverò abbastanza adirato.

«La prego»

«Piegati sulla scrivania» rispose duramente, cominciando a slacciarsi la cintura, ma io negai con un gesto della testa, indietreggiando di un'inerzia «Subito»

A quel punto non potei più obbiettare, così feci come mi disse, poggiandomi su quel legno freddo e scomodo, aspettando le sue prossime mosse.

Mi alzò la gonna, calandomi gli slip e da lì prese a massaggiarmi l'ano, cercando di allargarlo, contro la mia volontà.

Mi penetrò una prima e una seconda volta ad un ritmo lento prima di cominciare, facendomi sentire violata, come se per lui non fossi altro che un oggetto del desiderio che poteva usare come e quando voleva.

Piansi tutto il tempo, sperando finisse al più presto.

*La mattina seguente*

«Harry sta male, resterà in casa tutto il giorno» mi avvisò la Signora Styles, entrando in cucina senza fermarsi per la colazione come ogni sabato mattina, avendo l'appuntamento dal parrucchiere.

«Ma certo, Signora» cercai di sorriderle forzatamente.

«Des sarà tutto il giorno fuori, tornerà tardi» continuò.

Era felice quella mattina.

Dopo che il Signor Styles mi lasciò libera tornò in camera sua, da sua moglie. Svegliandola per darle il contentino.

Avevano avuto da fare per l'intera notte, mentre io ero occupata a curarmi il dolore che mi aveva procurato, andando a letto con un antidolorifico in più.

«Le auguro buona giornata, Signora Styles» le aprii il portone di casa mentre lei si metteva gli occhiali da sole e usciva salutandomi.

Ero finalmente sola.

Harry era malato, avrei potuto fare tutto con calma fino al ritorno di Camille verso il tardo pomeriggio.

Per prima cosa ingoiai un altro antidolorifico, mi alleviava i dolori e in più mistificava i pensieri per qualche ora, lasciandomi libera di svolgere le faccende senza intralci.

Salii le scale, con in mano una tazza di tisana bollente e delle pasticche per affievolire la febbre.

«Entra pure» annunciò quando bussai, ritrovandomi lui, in piedi con un asciugamano a lambirgli i fianchi.

«Mi dispiace, Signorino, sua madre mi aveva detto che stava male» farfugliai in imbarazzo, abbassando lo sguardo.

«Ingrandisce sempre tutto» sbuffò una risata, ruotando gli occhi al cielo «Le avevo detto che avevo solo un po' di raffreddore» continuò, asciugandosi i capelli con un panno bianco «Comunque non dovevi scomodarti a portarmi il tè» riprese.

«E' una tisana alle erbe, Signorino» mormorai.

Rise leggermente, facendomi spazio per posare il vassoio in argento sulla sua scrivania.

Era identica a quella del padre, solo più rovinata.

Chiusi immediatamente gli occhi al ricordo, sentendomi male per come era andata a finire.

Mi avevano parlato di quella famiglia come la più tranquilla, e invece si era rilevata la più pericolosa per me.

«Ti senti bene?»

Posò una mano sulla schiena ricurva e ancora troppo presa dai ricordi, sobbalzai distanziandomi da lui, ormai con lo sguardo preoccupato.

«Mi dispiace, non volevo spaventarla» mi portai le mani alle labbra, preoccupata per come potesse reagire, dopotutto era pur sempre il figlio della bestia che ogni notte mi torturava trovandoci dell'immenso piacere.

«No, tranquilla, piuttosto sono io a dovermi scusare» rispose con sincerità.

«Non è stato lei...Io-Mi dispiace, non avrei dovuto reagire così. Torno alle mie faccende» abbassai la testa, provando ad uscire da quella stanza angusta per me in quel momento.



Long Way Down || H.S #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora