Second

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*La notte*

Spensi le luci della sala, tornando in cucina per buttare nella pattumiera i mozziconi di sigaretta, consumati dal Signor Styles.

Ero stanca. Quella mattina avevo dovuto lavare tutti i vetri della villa, dato che Camille era uscita per fare la spesa, lasciandomi sola.

Inoltre la Signora Styles era rincasata prima e avevo dovuto starle dietro come un cagnolino, preparandole la vasca idromassaggio e poi uno spuntino di frutta tagliata perfettamente.

Per non parlare del fatto che avessi sudato sette camicie per sfuggire al Signor Styles, sempre un po' troppo interessato al mio seno.

Chiusi la piccola finestra che dava sul giardino interno, avviandomi così verso il corridoio per entrare nella mia stanza.

«Odette» sobbalzai, girandomi, trovando il Signor Styles fuori dal suo studio con una luce fioca che lo illuminava.

«Mi dica» deglutii a fatica, facendo pochi passi verso di lui, istintivamente.

«Puoi venire un attimo?»

Non mi diede scelta, entrando lì prima di me, aspettando che lo raggiungessi per chiudere la porta e avviarsi alla sua scrivania.

Cosa voleva? Desiderava licenziarmi perché non lo avevo assecondato quella mattina come faceva Camille?

Rimasi in piedi difronte la maestosa scrivania.

«Sono un po' di giorni che ti osservo» congiunse le dita, posandole sotto il mento; deglutii nuovamente «Sei cambiata dal primo giorno che sei venuta. Sei più matura» mi squadrò da capo a piedi, soffermandosi su punti che più gl'interessavano.

Si alzò dalla poltrona aggirando lo scrittoio, in maniera da venirmi difronte e continuare a guardarmi spudoratamente.

«Sei davvero una bella ragazza» mi passò un dito sul braccio nudo, facendomi accapponare la pelle «Hai un culo da far paura» sghignazzò.

Avevo la gola dannatamente secca, le mani sudate e gelide e il cervello in pappa. Ero immobile, non riuscivo a muovermi.

«Una bocca perfetta» mormorò passando l'indice su di esse, soffermandocisi di più, fino a portare l'intera mano sulla mia spalla facendo pressione per farmi mettere a terra.

Si slacciò i pantaloni difronte ai miei occhi impauriti.

Venivo da una famiglia molto restrittiva su certi tipi di cose, non avevo avuto nemmeno un fidanzato. Ma sapevo cosa stava per accadere. Non ero stupida, sapevo tutto, spesso avevo visto con i miei occhi. Ma viverlo in prima persona era completamente diverso.

Sentivo la puzza delle sue mutande sporche, che lavavo a mano ogni giorno, mi faceva schifo pensare di ritrovarmi davanti il suo membro da uomo di quasi sessant'anni.

«Avanti, cara, prendilo in bocca» se lo sfilò, guardandomi dall'alto.

Scossi negativamente la testa, rifiutandomi, percependo ancora meglio l'odore pungente che continuava a fuoriuscire.

«Se non lo fai ti licenzierò e ti farò terra bruciata attorno» mi disse con voce dolce e apprensiva «Non vuoi questo, vero?» mi accarezzò la nuca, alzandomi il viso prendendolo dal mento.

«Non in bocca, la prego» piansi, bagnandogli la mano con le lacrime che scendevano veloci sulle mie guance, come se fossero ricoperte da uno strato di olio, ma era solo la disperazione che mi faceva piangere in quel modo.

«Ma perché? È tutto più facile e veloce» continuò dolcemente «Avanti» mormorò, avvicinandomi il viso al suo membro penzolante.

Arresa, glielo presi in mano e lo infilai in bocca, con insicurezza e paura.

Long Way Down || H.S #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora