CAPITOLO 2- Emma

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"Casa, dolce casa", mormorai arrivata in cima alle scale con Diana alle calcagna. Il corridoio era buio perché mi faceva fatica accendere la luce, ma la luce dei lampioni che passava dalle sbarre di una finestrella era abbastanza da renderci visibile la porta dell'appartamento.

Da quando eravamo entrate dal portone principale, sentivamo un lieve rimbombo di musica, probabilmente dei vicini, pensammo.

Con un giro di chiave e una leggera spinta, aprii la porta d'ingresso, ma solo per essere improvvisamente aggredita da luci raggianti e colorate. Feci un salto indietro. Sembrava che le mura del condominio tremassero con ogni nota della canzone che rimbombava dalle casse. C'era un'enorme massa di persone giusto all'entrata, e ciò rendeva tutto molto complicato per chi volesse entrare nel proprio appartamento.

"Emma!" gridò Diana. La sentivo a malapena.

Iniziai a mormorare piccoli "scusami" e "permesso", spingendo delicatamente da parte le persone per farmi strada. Iniziai subito a cercare con lo sguardo la ragazza castana altrimenti conosciuta come Emma. Da dietro di me sentivo Diana che vociava ogni tanto, facendosi strada con "levati dal cazzo" o "cazzo guardi?", tecnica che funzionava, dato che le persone si facevano subito da parte per farla passare, con mormorii e sguardi increduli.

Arrivai in cucina e il profumo dell'erba era quasi più forte della musica. Mi ritrovai circondata da persone che ballavano, cantavano o semplicemente si strusciavano l'uno contro l'altra.

Le luci colorate rendevano difficile l'identificazione delle persone, ma con tre colpi di luce gialla, rossa e blu, notai una figura che si muoveva a tratti sul bancone della cucina.

"Beth!" gridò la persona, Mi avvicinai con cautela al tavolo e la mia amica si chinò, mettendosi a quattro zampe sul tavolo. Emma era in bikini sul tavolo della cucina, i suoi capelli castani sfioravano la superficie del bancone e la sua faccia sottile era coperta di glitter colorati, in particolare sotto agli occhi e sopra le sopracciglia, come un illuminante troppo forte.

Nessuno sapeva i piani futuri di Emma. Non sapevamo nemmeno se ce li avesse. Al momento la sua preoccupazione maggiore era quella di fare festa. Qualche mese prima, ci fu una cosidetta "riunione di conquiline", riunione mensile ideata da Emily, l'organizzatrice del gruppo. Eravamo tutte leggermente irritate dal fatto che Emma, non avendo lavoro, non pagava l'affitto. Come risolse la questione, lei? Facendo pagare cinque euro a testa a chi veniva alla festa. Non potei fare a meno di ammirare la ragazza dopo quell'episodio per le sue tattiche di sopravvivenza.

Emma era un'ipomane. Per chi non lo sapesse, l'ipomania è un disturbo dell'umore che spesso riduce il bisogno di sonno, alza l'autostima a tratti e rende il soggetto molto, diciamo, "creativo" o perlomeno la riempie di nuove idee che spesso dimentica nel giro di pochi minuti. Distraibilità e agitazione psicomotoria, e la tendenza a parlare velocemente e concitatamente. Qui abbiamo la vera e propria descrizione di Emma, presa da Wikipedia, ma possiamo tralasciare questo dettaglio.

"Cos'è tutto..." smisi di gridare per guardarmi intorno esterrefatta, cercando un modo per descrivere quello che stava accadendo intorno a me.

"...tutto... questo?"

Emma allargò il suo sorriso strafatto e fece un movimento ad onda con entrambe le sopracciglia, un gesto abbastanza ambiguo se posso permettermi. Si avvicinò lentamente a me e quando la sua faccia arrivò all'altezza del mio orecchio, sussurrò:

"Una festa."

Io mi allontanai di almeno due passi e aggrottai la fronte. Aprii la bocca per rispondere ma prima di poter emettere alcun suono, sentii un peso e il calore di una mano sulla spalla.

Girai la testa e vidi uno sconosciuto molto alto, con dei capelli ondeggianti biondi, con dei lineamenti forti e a dir poco esteticamente molto soddisfacenti.

Lui mi guardò da capo a piedi con un sopracciglio alzato e le labbra piene che formavano un sorrisetto. Mordendosi il labbro inferiore, staccò lo sguardo da me e si voltò verso Emma. Alzò tutte e due le sopracciglia e sorrise.

"Tua madre mi piace."

Lanciando un ultimo sguardo seducente nella mia direzione, si allontanò. Io spalancai la bocca e aggrottai nuovamente la fronte, gridandogli dietro:

"Non sono sua madre!"

Sospirando, mi girai di nuovo verso di Emma, la quale mi guardava con aria molto divertita.

"Ma chi era quello?"

Emma buttò fuori in modo esagerato il labbro inferiore e alzò le spalle.

"Mai visto in vita mia, mamma."

2 A. M. in AmsterdamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora