Capitolo Uno - Hunger Games

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#1dream
Sono nell'arena, ho paura. La gamba urla di dolore, è piena di sangue che continua a scorrere. Vorrei fermarmi, estrarre la freccia e medicarmi, ma non posso, almeno finché non avrò seminato Saage, che mi rincorre per riuscire ad uccidermi definitivamente. Se mi blocco sono morta. Cerco con gli occhi un riparo, ma sembra che in questa parte della savana non ci sia niente, se non betulle e erba secca, che scricchiola sotto i miei scarponi. Una fitta lacinante parte dalla coscia e mi atttaversa tutto il corpo. Capisco quindi che non posso correre ancora a lungo, e che presto farò la stessa fine di Grage, il ragazzo del mio distretto morto poco fa, colpito al cuore dalle punte assassine di Saage. Poi nella mia mente passa un'idea pazza, quasi suicida, ma l'unica fattibile. Mi fermo, estraggo la spada e mi nascondo, trascinandomici, dietro un tronco di una betulla, troppo piccolo per  coprirmi, ma abbastanza grande da darmi la possibilità di cogliere di sorpesa Saage. Sento i suoi passi pesanti avvicinarsi sempre di più. Mi faccio ancora più piccola dietro all'albero, tanto quanto mi permette la mia gamba. Penso alla mia famiglia, che dal distretto 2 mi starà già piangendo, sicura della mia morte. Nonostante il nostro fosse l'unico posto dove tutti i figli erano allenati già da piccoli, ben nutriti, ascoltati, destinati alla gloria, io ero un caso a parte. Mia madre non aveva un lavoro e mio padre...beh, non ho idea di chi sia. Ha lasciato la mamma appena ha saputo della mia nascita. Uno stronzo. Ma un gemito, non mio, mi riporta alla realtà. Saage è una dozzina di piedi dal mio nascondiglio, mi preparo, lui mi passa davanti e io gli salto addoso conficcandogli tra le scapole la mia spada, che lo trapassa. Muore all'istante e io ne sono quasi felice, perché non deve aver sofferto molto, non più di me. Estraggo l'arma dal cuo corpo e avanzo verso destra, dove sono quasi sicura di trovare un ruscello d'acqua. E infatti, dopo poco, arrivo a una delle tanti fonti d'acqua. A quanto credo di sapere nelle savane  c'è n'è pochissima, ma credo l'abbiano aggiunta da quando, due anni fa, quasi tutti i tributi sono morti di sete. I cittadini di Capitol City non ne era molto entusiasti perché da loro etichettato come un'edizione degli Hunger Games "noiosa". Bevo a lungoe mi immerfo nell'acqua fresca, medicando un una crema inviatami dal mio mentore Chris la coscia, da cui ho estratto la freccia. Mi sento subito molto meglio, ma il dolore persiste, anche se più leggero rispetto a prima. Poi ripenso a Saage e rabbricidisco. Era la terza persona che uccidevo ormai. Mi vengono in mente gli Hunger Games. Non solo il mio, ma tutti in generale. L'odio per Capitol City avvampa dentro di me. Vorrei tanto urlare dalla rabbia che in questo momento non riesco a controllare. Penso a cinque anni fa, quando non erano ancora finiti i cento anni bui, gli anni della rivolta, e provo a immaginare una vita in un distretto, a Panem, senza questi stupidi giochi, senza la sofferenza che annualmente ci viene inferta. Rivivo il terrore che mi è scorso nelle vene quando venne chiamato il mio nome. Ero disperata, ma non piansi e a spalle dritte camminai verso il palco allestito, dove una giovane Clem gentile e euforics, con il corpo pieno si tatuaggi viola e i capelli lunghi fino ai polpacci mi accolse, congratulandosi con me, cercando di farmi credere che era un'onore, un qualcosa di cui essere orgloliosa il fatto di partecipare, ma non abboccai, sapeco perfettamente che quella donna mi stava dando il benvenuto all'inferno.
-MAYAAAA, SCENDI, È PRONTA LA CENAA! - La vocetta squillante di mia madre mi riporto alla realtà. Non ero a Panem, ero in una vasca piena di bolls e acqua inizialmente calda, che però si era raffreddata visto che ero rimasta lì tanto tempo. Non ero in un piccolo laghetto in una savane negli Hunger Games, ero in una grandissima villa, lussuosa, in un quartiere ricco dell'Inghilterra e la mia famiglia non era scarsa in numero e povera, anzi. Velocemente mi sciaquai la schiuma dal corpo e mi avvolsi in un accappatoio. - ARRIVO! - Urlai a mamma. Mi asciugai velocemente e mi infilai un vecchio paio di pantaloncini aderenti neri da pallavvolo, ricordo di quegli anni in cui lo praticavo, e una maglietta larga bianca di mio fratello maggiore, che me l'aveva data perché a lui non stava più bene e perché conosceva la mia passione per le magliette larghe e comode. Scesi velocemente le scale che dividevano la mia camera, che si trovava in un'enorme mansarda con altri due piani, uno di mezzo e l'altro era il piano terra. Mi misi velocemente a tavola e cominciai a mangiare. Sospirai. Quanto avrei voluto vivere veramente, avere un'avventura, come gli eroi dei miei libri...

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Questa è la mia nuova storia abbastanza problematica
Ho intenzione di postare dopo domani
Mi raccomando fatemi sapere se vi piace e scrivetemi tanti commentini che io mi diverto a leggerliii
Scusate se ci sono errori, specialmente grammaticali, è colpa del telefono che è nuovo e non mi sono abituata del tutto alla sua tastiera.l
E niente, sciaoooo
~ImaginaryGirll

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