Capitolo III

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Zoesha osservò la tenda marroncina e si morse la guancia, stringendo le mani sulle orecchie per non sentire il suono della fame, rivolgendo una preghiera silenziosa alla dea, o a chiunque disposto ad ascoltare i suoi lamenti.
Fuori, l'ennesima vittima della fame stava soffrendo, sotto lo sguardo addolorato dei famigliari, e questo le ricordava la morte di sua madre, che forse non era nemmeno quella biologica, ma per cui aveva sofferto oltre l'immaginabile: fuori nevicava, e lei tremava per il freddo, battendo i denti per scaldarsi, visto che aveva ceduto l'umile coperta sporca alla madre. Le sussurrava parole d'incoraggiamento, mentre i suoi respiri si facevano sempre più veloci, nel vano tentativo di aggrapparsi alla vita, mentre le onde della fame cercavano di staccargliela di dosso. Zoesha sapeva che era ormai al punto di non ritorno, ma l'accarezzava, cercando di ridurre il dolore del momento, di farle capire che così soffriva maggiormente, che era meglio lasciarsi andare, che la dea l'avrebbe accolta a braccia aperte, cullandola dolcemente come stava facendo lei. Il suo corpo fu colto dagli spasmi, forse mentre cercava di dirle qualcosa, ma poi si rilassò, gli occhi neri che fissavano il vuoto e il corpo fermo in una posizione innaturale, mentre lei tratteneva le lacrime, invasa dal disperazione, pur sapendo che lei non soffriva più.

Zoesha uscì dalla tenda, per assistere gli sfortunati, come lei quel giorno desiderava, e per evitare facessero ciò che aveva fatto lei: buttare le proprie provviste per tentare di uccidersi. Tese l'orecchio, pur faticosamente, e seguì il suono dei pianti e delle urla. Quest'ultime la portarono a una grande tenda blu, che dondolava per il vento, che muoveva anche i suoi capelli neri, ricci com'erano.
Si avvicinò alla tenda, incerta sul da farsi, ma dopo entrò, seppur titubante. Dentro vide una ragazza, anzi, no, molte ragazze, che piangevano un uomo anziano con una lunga barba bianca, sdraiato su un materassino scricchiolante. Regnava il silenzio. Cosa le era venuto in mente? Che stupida, era evidente che non volessero essere disturbate, data l'atmosfera che si respirava. Nessuno l'aveva notata, occupate com'erano a piangere, quindi fece per andarsene, quando una voce femminile, sicura e determinata, la fermò

:" E tu chi sei? "

Non lo disse con cattiveria, nella sua voce trapelava solo curiosità, e questo la spinse a girarsi lentamente. Una ragazza con una treccia nera e due occhi blu elettrico, magnetici, la fissava. La sua carnagione era più chiara di quella tipica paysiese, cosa alquanto sospettosa. Era di una bellezza disarmante. Zoesha rimase a bocca aperta, lo sguardo ebete che osservava ogni lineamento di quella magnifica creatura. Aspettò un po' prima di rispondere

:" Io... ho sbagliato tenda "

La ragazza la guardò con gli occhi stretti, stranamente non rossi di pianto come quelli delle altre. Tosta, la ragazza.

:" Si, come no. Dì la verità, bella mia"

Zoesha ebbe un capogiro per quel "bella mia", anche se sapeva  ironico. Cercò subito un'altra scusa

:" Credevo fosse la tenda di mia zia"

La guardò di nuovo, l'ombra di un sorriso sulle labbra, e disse una cosa che le avrebbe procurato molti film mentali.

:" Vieni più spesso."

Il sangue di SalemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora