2. Let me love you

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Il pomeriggio del giorno dopo Katniss era seduta al Prato, da sola. In genere era in compagnia di Gale, ma andava bene così. Sapeva perfettamente dov'era il suo amico.
Se lo immaginò bussare alla porta di casa Undersee, chiedere a Madge di fare una passeggiata. E poi alla fine chiederle di andare al ballo con lui, lei allora sorrideva imbarazzata – magari arrossiva anche – e gli rispondeva di sì.
In sostanza il Sabato del ballo lo avrebbe passato a fare da terzo in comodo oppure avrebbe passato la serata con dei dodicenni, o – meglio ancora – sarebbe stata sola. Poco ci credeva, né Gale, né Madge e nemmeno Prim l'avrebbero permesso.

« Che ci fai qui tutta sola, bambolina? » chiese un uomo molto ubriaco, sicuramente più grande di lei. « Ti va se ti faccio compagnia? » continuò accarezzandole la guancia.
Katniss era pietrificata. Aveva la rispostaccia pronta sulla punta della lingua, ma le parole non le uscivano. Qualcun altro parlò per lei. « No, non le va. »
Peeta! pensò Katniss, sollevata.
« E tu chi sei? Il suo ragazzo? »
« Non sono affari suoi, signore. Se ne vada. »
Riesce ad essere così rispettoso anche in questo tipo di situazione.
« Altrimenti che mi fai, ragazzo? » lo scimmiottò per poi ricevere un pugno sul naso. Infuriato ricambiò il destro, facendo quasi cadere il ragazzo del pane.
« Peeta! » gridò Katniss, correndo verso di lui. L'uomo le accarezzò di nuovo la guancia. « Non la tocchi, se ne vada se non vuole un altro pugno » disse il biondo, un misto di fastidio e ira nella voce, riuscendo a cacciare l'uomo.

« Oh mio Dio, Peeta. » esclamò Katniss.
« Non è niente, tranquilla.» rispose lui, mettendosi seduto.
« Fammi vedere. » si inginocchiò di fronte a lui. Esaminò il naso e alla fine decretò che non fosse rotto.
« Non dovevi esser qui da sola, quello lì gira sempre da queste parti. » la rimproverò.
« Gale aveva da fare. » ribatté, tamponando la ferita con un fazzoletto. Peeta fece una strana espressione, non sapendo se esserne rincuorato o preoccupato. « A quest'ora lui e Madge si staranno sbaciucchiando romanticamente. » continuò, sedendosi accanto a lui.
« Sei gelosa? » le chiese, lei fece un secco "no" con la testa.
« Non mi va di fare da terzo in comodo, conoscendoli non mi lascerebbero mai sola. »
« Beh, allora possono star tranquilli. » esclamò Peeta, gioendo dentro. « Non saresti mai sola, non lo permetterei. E poi, io che ci sto a fare (?) » chiese ironicamente.

Risero. Peeta sentiva di volere che il tempo si fermasse in quel momento, mentre lei rideva insieme a lui. Quasi non ci credeva. Voleva restare sempre seduto su quel prato con il naso sanguinante e farla ridere, ridere e ridere. Sentiva che in quei giorni avrebbe avuto molti disegni da fare e non poteva esserne più felice.
« E tu che ci facevi qui? » chiese Katniss, non gliel'aveva ancora detto.
« Ti cercavo, amica. » rispose Peeta. « Senti Katniss se non vuoi non sei obbligata, quella torta era solo un regalo per Prim. Hai visto anche tu quanto la sbalordiva. Certo, non nego che volevo attirare anche la tua attenzione, ma lo scopo principale era far felice tua sorella. »
« Un patto è un patto, Mellark. Non mi tiro indietro, specialmente ora che sono ancora più in debito con te. » sorrise Katniss. Un sorriso vero, 'sta volta. « E poi voglio davvero essere tua amica, Peeta. »

« Quindi mi permetterai di parlarti a scuola? Di sedermi con te in mensa? Di farti compagnia quando ti senti sola? » chiese, lei annuì. « Bene, allora iniziamo subito. »
Peeta Mellark si alzò, si pulì i pantaloni e poi tese la mano a Katniss Everdeen che fece lo stesso. Passeggiarono a lungo, oltre la recinzione, nei boschi fino ad arrivare al lago sempre mano nella mano. Katniss non sapeva spiegare quella sensazione che sentiva all'altezza dello stomaco e, se ne avesse parlato con Prim, le avrebbe spiegato che erano le cosiddette farfalle nella pancia, anche se più piccola la sorella era più brava in queste cose.

Peeta la faceva sentire protetta, al sicuro. Nei suoi occhi azzurri riusciva a vedere qualcosa che negli occhi grigi di Gale non aveva mai visto, era la stessa luce che c'era negli occhi di suo padre. Quando era bambina vedeva sua madre negli occhi grigi del padre, spesso riusciva a distinguere anche sé stessa e Primrose. Adesso negli occhi di Peeta vedeva un disegno, non riusciva a capire bene cosa rappresentasse. Per un secondo credette di aver visto qualcosa di familiare. Katniss continuò a cercare quel disegno per tutta la giornata ma lo vide sempre sfocato, solo per una volta – però – ebbe l'impressione di aver visto sé stessa.
A fine giornata Peeta la riaccompagnò a casa ma, prima di permetterle di varcare la porta, l'abbracciò. Katniss poggiò la testa all'incavo del suo collo, inspirò il profumo della sua pelle. Pane, farina e legno. Era tremendamente buono e caldo. « Adesso è sicuro che non ti lascio andare. »(1) le sussurrò ad un orecchio e Katniss giurò di aver sentito un brivido percorrerle tutta la schiena.
Quando finalmente la lasciò andare augurandole la buona notte Katniss rientrò in casa. Si affacciò alla finestra discostando la tenda e rimase a guardare Peeta che tornava a casa.

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