FAMMI UN COCKTAIL.

4. Beccato, signor Morrison.

«Questa è strumentalizzazione del corpo femminile», verso un po' di vodka dentro una caraffa e lancio una veloce occhiata a Deborah, la collega che mi affiancherà per tutta la serata dietro il bancone.
Lei scrolla le spalle e corre a sistemare dei palloncini che stanno cercando di volare via a causa del vento.
Pioverà a breve, ne sono certa.

«C'è freddo, il vento tra poco ci porterà via, Zeus farà comparire una nuvola piena di acqua sopra le nostre teste e noi dobbiamo rimanere ferme qui mezze nude», continuo a lamentarmi, ma lei non risponde.
È troppo impegnata a controllare che tutto sia perfetto per la festa di compleanno.
O forse è sorda.
Non l'ho ancora capito.
Deborah, se non ci senti, fammelo capire in qualche modo.

Sospiro e mi concentro su tutto ciò che mi circonda per evitare di pensare al modo in cui le mie gambe si stanno congelando lentamente.
Ci sono candele sul bordo piscina, palloncini neri e bianchi ovunque e petali argentati che galleggiano sull'acqua.
Storco un po' il naso.
Credo sia un po' esagerato tutto questo per una semplice festa di compleanno.
Insomma, per il mio diciottesimo compleanno abbiamo allestito un enorme tavolo in giardino, grigliato salsicce e bevuto birra per poi terminare in una gara di rutti tra Omar e Jason.
Ha vinto Jason, se ve lo state chiedendo.

«E perché gli invitati non sono ancora qui?», torno a lamentarmi e questa volta Deborah sembra prestarmi attenzione.
«Vuoi chiudere quella dannata bocca?».
Ah.
Questo non me lo aspettavo.
«Ma allora ci senti», è la prima cosa che riesco a dire, «E perché siete tutti così sgarbati in questo fottutto villaggio turistico? Davvero, siete frustrati. Dovreste fare qualcosa. Non so, vedere uno psicologo, mangiare più gelato o scopare una volta ogni tan-»
«Amanda», una voce profonda e rauca interrompe il mio monologo e spalanco la bocca, incapace di riuscire a riprendermi dallo shock.

Non ho il coraggio di girarmi, ma non ho bisogno di vederlo per sapere che Tyler Morrison mi sta trapassando il cranio con i suoi occhi scuri e severi.
Voglio morire.
Zeus, dannazione, scatena adesso una tempesta tropicale e portami via con un tornado.
O fulminami.
Fa qualcosa.

Le mie preghiere, comunque, non vengono ascoltate.
Forse dovrei rivolgermi a Giove.
Mordo l'interno della mia guancia e sorrido nervosamente mentre trovo il coraggio di guardare il viso serio del mio adorabile capo.
Giove, attacca.
Colpisci lui.
Fulminalo.

«Signor Morrison», alzo il tono di voce di un'ottava e non riesco a smettere di sorridere come una psicopatica.
Sto cercando di sembrare gentile e adorabile, ma la smorfia stampata sul suo volto mi fa capire che non ci sto riuscendo.
Missione annullata.
Ripeto, missione annullata.

«Hai finito di esprimere il tuo odio nei confronti del mondo?», incrocia le braccia al petto e il tessuto della sua camicia bianca aderisce perfettamente al suo corpo scolpito.
Questo suo gesto mi distrae parecchio e impiego qualche attimo in più per rispondere.
«In realtà, avrei bisogno almeno di un mese intero per riuscire ad esprimere al meglio il mio rancore per l'universo».

E maledico mentalmente me stessa quando smetto di parlare.
Quando imparerò a tenere a freno la lingua?
Deborah nasconde una risatina e finge di tossire, quindi Tyler fulmina con lo sguardo prima lei e poi me.
Le mie gambe tremano a causa della sua occhiata rovente.
Ora mi licenzia.

Arriccia le labbra e il suo pomo d'Adamo va su e giù un paio di volte, «Non sei simpatica, Amanda»
«Ne sono consapevole, signor Morrison, mi scusi», fingo di non volergli spaccare la faccia e sposto dei bicchieri a caso sul bancone.
Lui continua ad osservarmi e mi sento maledettamente a disagio.
«Deborah, mi servi nella sala interna», dice e la mia collega non nasconde un sorriso di approvazione prima di annuire in fretta e andare via.