*Claudio*
"Claudio...."
È successo tutto in un secondo da quando ho sentito pronunciare il mio nome dalla sua bocca, con la sua voce.
È stato un momento. Un momento per ricordare tutto, per tornare indietro, per sentire ancora una volta sulla pelle, il suo abbandono.
Rivivo nei miei pensieri le sensazioni vissute quella mattina al fiume e tutto diventa più chiaro. I suoi occhi, forse l'unica cosa che in tutto questo tempo non è mai davvero cambiata.
Non può essere vero.
Non può essere lui.
Non può essere tornato adesso, così, dopo tutto questo tempo. Non sta succedendo davvero.
Mi irrigidisco e il sorriso divertito che poco fa mi accompagnava, sembra ormai essere lontano anni luce.
Senza rendermene conto mi ritrovo in piedi davanti a lui."Mario."
Faccio davvero fatica a decifrare il tono della mia voce. Di sicuro è rotta. Spezzata. Frantumata.
Come lo era quando, da bambino, lo guardai da dietro un albero, uscire fuori dalla mi vita."Sono così felice che tu sia tornato, Mario. Dobbiamo assolutamente festeggiare. Questa sera a cena da noi, tutti insieme, come una volta."
"Mamma non credo sia una buona idea. Mario avrà sicuramente da fare."
Non può averlo detto davvero. Non può voler organizzare una cena per questa sera con lui. Non ho abbastanza tempo per elaborare il tutto. Non riesco a credere che tutto questo stia succedendo davvero. Perché non arriva nessuno a dirmi che è tutto uno squallido scherzo?"Claudio? Tutto okay?" Mi richiama mia madre dopo svariati minuti. Mi volto a guardarla. "Mario ha detto di essere libero questa sera ed ha accettato l'invito a cena. Lo passi a prendere tu?"
"No, io non vengo. Non aspettatemi."
"Claudio è passato tanto tempo."
"Mamma, no. Non ci sono stasera, ho degli impegni."
"Ma se stasera dovevi venire a casa?"
Merda. Merda e ancora merda.
"Non voglio disturbare o creare scompigli. Magari faremo un'altra volta."
Si Mario, magari faremo mai, che dici?
Ma mia mamma ovviamente è testarda, ed insiste che si debba fare questa sera e di non badare a me perché sono un po' nervoso in questo periodo.
Incredibile.
Mi allontano da loro e dico ai ragazzi che lavorano con me, che passo più tardi ed esco dal mio bar. Dovrebbe andarsene lui, non io, ma non ne potevo più di sentire mia madre parlare con lui come se nulla fosse. Come se il dolore che ho vissuto fosse nulla.Uscito fuori dal bar mi ritrovo due ragazzini, che potranno avere non più di dieci anni, giocare a pallone. È uno scherzo.
Il mondo si sta prendendo gioco di me.
In pochi minuti sono già arrivato al mio appartamento e una volta dentro, mi dirigo senza pensare a niente sotto la doccia.Vorrei avere la mente libera.
Vorrei che il mio passato rimanga nel passato, ma è presente.
Vorrei veder tornare indietro il bambino che ero ma che è stato cambiato.
Vorrei che tornasse tutto ma non ho niente.Sono ormai passate ore da quando ho lasciato il bar e mi stupisco del fatto che mia mamma ci abbia messo così tanto a chiamare.
È ancora convinta che io debba andare a quella cena ma come posso convincere me stesso che sia la cosa giusta da fare?
Ripenso a tutto quello che è successo.
Ripenso a noi da bambini.
Ripenso a noi al fiume.
Ripenso ai suoi occhi e alle emozioni provate.
Ripenso a quello che mi ha detto mia madre e forse ha ragione, forse non dovrei lasciare che quello che è successo mi faccia perdere ciò che è destinato a me.
In passato qualcuno si è intromesso tra noi ma all'epoca eravamo dei bambini e per quanto volessimo conquistare il mondo, eravamo pur sempre piccoli per quello. È successo in passato, voglio davvero che accada ancora?
Mi giro e rigiro nel letto non so quante volte quando il pensiero di lui a cena a casa dei miei genitori mi sfiora la mente.
Dovrebbe essere qui.
O forse sono io a dover essere lì.Un po' più tardi, mi ritrovo per la seconda volta, davanti alla porta di casa dei miei genitori con un'ansia fuori dal comune a rendermi impacciato come mai. Inserisco la chiave nella serratura e apro la porta. Mettendo piede nel salone posso notare la tavola apparecchiata ma ancora vuota e portando il mio sguardo un po' più verso destra noto mio padre e mio fratello parlare animatamente di calcio, proprio come sempre. Cerco Mario e lo trovo subito dopo, alla destra di mio padre. Al suo posto fin da bambino. Non si sono ancora accorti di me perché troppo presi dal televisore acceso davanti ai loro occhi, ma non ci vuole molto dal momento in cui mia madre entrando nel salone esclama il mio nome come se non mi vedesse da una vita. Si avvicina a me per abbracciarmi e sussurrarmi qualcosa all'orecchio che solo io e lei abbiamo sentito.
STAI LEGGENDO
Destinati ad essere.
General FictionCapitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all'improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.