Clarke e i 100

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Uno schianto. Da dentro al bunker si udì una forte scossa e poi il silenzio più assoluto. Clarke non aspettò neanche un secondo e già stava salendo la scala per uscire. Jake tentò di fermarla ma fu tutto inutile. In pochi secondi si arrampicò sul primo arbusto che vide e velocemente seguì il fumo che si levava alto nel cielo azzurro. 

Arrivò presto al luogo dell'impatto, gli alberi nel giro di una ventina di metri erano stati spazzati via. Regnava il silenzio. Poi uno sbuffo e il portellone cadde lentamente sul suolo grazie alla meccanica di alto livello. La luce invase i ragazzi all'interno che estasiati dalla vista restarono immobili. Solo una ragazza si fece avanti. Toccò la terra con delle scarpe quasi futuristiche che Clarke non aveva mai visto se non indossate da suo padre ma che lui chiamava semplicemente "stivali del passato".

Clarke rimase incantata dalla visione di quel corpo snello che si muoveva felice su quella terra che la bionda trovava così familiare e conosciuta. Non passò molto tempo che i ragazzi si dispersero nelle foreste. La bionda affascinata dalla mora non ci pensò due volte a seguire il piccolo gruppo di ingenui adolescenti tra le foreste ignote brulicanti di pericoli. 

Il gruppetto saltellava di qua e di là come se il mondo fosse tutto loro... Possibile che gli Skaikru non sapessero che la terra fosse abitata? La mora curiosava in giro mentre un ragazzo con degli occhiali da aviatore in testa la osservava estasiato mentre parlava con, probabilmente, un suo amico dalle origini orientali. Un terzo ragazzo con i capelli lunghi fino alle spalle colse un fiore e lo mise dolcemente tra i capelli della castana. Poteva sembrare un gesto dolce ma come era possibile che non sapessero che quello era sommacco velenoso?! Fecero qualche passo in avanti e con grande sollievo di Clarke il fiore cadde poco dopo a causa di un salto che fece la ragazza cercando di rincorrere un ragazzo che da quanto aveva capito la bionda si chiamava Finn. Le fece segno di stare zitta e si accovacciò per terra. Un magnifico cervo a due teste si ergeva lì maestoso. Quest'ultima fu tentata di non disturbare i nuovi terresti ma quella preda era davvero invitante... Poteva fruttare settimane di pasti. Stava per calarsi giù sulla bestia quando una mano familiare le toccò la spalla. Maya.

«Maya che ci fai qui?!» Gridò.

«Credevi che non avrei frugato tra i residui della navicella per trovare pezzi di old-tech?»

«Floudon ste der, gyon au der en tel ai op chit yu op .» (La nave è laggiù, vai lì e poi dimmi cosa vedi) Indicò con la mano un punto indefinito tra la boscaglia ma lei capì e velocemente sparì. Insieme ai ragazzi, dove erano finiti?? E poi una voce.

«Sai cosa vorrei sapere Octavia, Perché ci mandano qui dopo 97 anni? Cos'è cambiato?» Chiese Finn.

«Ma chissene frega, io sono felice di essere qui, me ne stavo a marcire in una cella e invece adesso ballo nella foresta.»

«Forse hanno trovato qualcosa su un satellite, non so, un vecchio satellite meteo!» Disse con una punta di sarcasmo lo Skywalker.

«No, l'arca sta morendo. La signora Griffin me lo confidò prima di partire, i miei genitori e suo marito Jake Griffin erano molto amici. Ma dopo che questo è impazzito a detta di tutti ha rapito la figlia appena nata e con una navicella si è catapultato sulla terra, nessuno sa che fine ha fatto. Probabilmente è morto, chissà quante  radiazioni c'erano 17 anni fa qui. Con la nostra assenza hanno guadagnato 3 mesi di ossigeno. Pian piano giustizieranno tutti» Clarke sbiancò. Sapevano della sua storia! Ma era diventata quasi una leggenda dalle loro parti...

«Dopo quello che mi hanno fatto- iniziò Octavia- giustiziateli tutti.» Dopo quella frase lo sguardo della Griffin sguardo seguì inevitabilmente la ragazza e non poté distogliersi quando iniziò a calarsi i pantaloni per tuffarsi nel fiume lì vicino. Ma non poteva farlo. Quel fiume era infestato da serpi piranha. Appena entrata l'avrebbero divorata viva. Si tuffò e le risate dei suoi amici che volevano entrare con lei in acqua si fecero perenni. Non dovevano farlo. Un'ombra scura si avvicinava a lei lentamente. Quei serpenti si erano evoluti velocemente ed erano diventati delle macchine da carneficina. Nessuno si accorse del pericolo e Clarke non poteva lasciar morire quella ragazza. Ma quando decise di farsi avanti la bestia l'aveva già presa. Saltò giù dall'albero esattamente sopra la serpe e con la lama della lancia le trafisse in due il cranio. Estrasse l'arma e prese la ragazza sanguinante per la vita trascinandola fuori dall'acqua. 

I ragazzi erano sulla difensiva. Che dovevano fare in fondo con un essere umano che evidentemente non veniva dall'arca? Temerlo? Farselo amico? La seconda opzione non era neanche stata messa in conto. La bionda fece sdraiare sulle rocce la ferita. Jasper, il ragazzo con gli occhiali da aviatore, aveva preso un bastone e mi stava minacciando.

«Sta lontano da lei, tu mostro...!» Cercava di fare il coraggioso.

«Ai don jos nodeng em! yu na nou teik daun ai, ba so yu gaf in gon gonplei, ai laik hir.» (L'ho appena salvata! Non puoi battermi, ma se vuoi combattermi, io sono qui) disse la bionda cercando di non far toccare ai ragazzi Octavia.

«Qualcuno sa tradurmi che ha detto?»

«Ma ti pare che io parli la sua lingua?! Pff. Tu parlare inglese? Riesci a capire quello che ti dico?» Clarke non rispose ma si girò verso la mora e le guardò la ferita, era profonda. Perdeva molto sangue. Da un borsello sul mio fianco destro, attaccato con un cinturino, all'abito in pelle e frammenti di metallo del vecchio mondo, estrasse una sostanza melmosa di colore rosso e prima di applicarla sulla ferita disse:

«Brucerà un po', ma è erba medicinale. Qualche giorno e starai meglio Octavia.» La ragazza si reggeva sui gomiti osservando la bionda mentre le puliva la ferita. Sembrava spaventata.

«Tu chi sei? Non vieni dall'arca.» Chiese la mora

«Mi chiamo Clarke. Clarke Griffin, figlia di Jake e Abigail Griffin.»

«Questo non è possibile, la figlia di Abby è morta insieme a suo padre, lo sanno tutti sull'arca.»

«Si si, so cosa pensate. Ma sì, sono io.» Un fruscio tra gli alberi attirò l'attenzione di tutti. Una ragazza dai capelli rosso fuoco saltò a terra e mise le mani intorno al collo di Clarke.

«Chit yu ste duin Klark kom skaikru?! Chomouda yu sis au won kom emo?!» (Che stai facendo Clarke kom Skaikru?! Perché aiuti uno di loro?!)

«Ai na nou teik em wan op, Maya!» (Non potevo lasciarla morire, Maya!)

«Leksa na nou ste nosad. Emo ste in em locat. Em na gyom au der irly, gon de camp. Emo ogeda na wan op. En yu na ste won kom em! Yu kom op kom ai.» (Lexa non ne sarà felice. Loro sono nel suo territorio. Lei sarà lì presto, al campo. Tutti loro moriranno. E tu sarai una di loro! Tu vieni con me.)

«No! Yu na gyon. Ai ste hir. Emo laik ai seingeda.» (No! Tu puoi andare. Io resto qui. Loro sono la mia famiglia.)

«Yu gaf emo in kom fai nute!» (Li conosci da cinque minuti!)

«Credi davvero che Lexa ti accetterà a Polis dopo che sei fuggita con me?! Tanto vale che resti qua e mi aiuti a proteggere la loro base no? Non posso permettere che muoiano.»

«Vado a prendere tuo padre Clarke, devi andare al loro campo e far ragionare tutti. Vogliono staccarsi i bracciali per far credere a quelli sull'arca di essere morti. Se vuoi che la tua gente non muoia piccola Natblida, corri a casuccia e impedisci a quelle persone di farsi ammazzare dalla tua amichetta.» 

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L'autore. 〷◠‿◠〷

Due diversi scalini di una stessa piramideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora