Monday, first week

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Premessa: Questa storia è stata ispirata ad una fiaba classica, "Il Principe Felice" di Oscar Wilde. Per chi di voi non la conoscesse o non ne avesse mai sentito parlare, vi consiglio di leggerla. Si trova facilmente su Google. Ne troverete vari riferimenti lungo la storia. Buona lettura!

Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

(Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupèry )

You who suffer because you love, love still more. To die of love is to live by it.
Love! A dark and starry transfiguration is mingled with that torment. There is ecstacy in the agony.
(Les Misérables, Victor Hugo)

LUNEDÌ

Corri! Dannazione, corri! Non puoi presentarti alla prima partita con gente totalmente sconosciuta in ritardo e col fiato corto, stupido idiota! Penseranno che sei un buono a nulla... tagliando da Green Park dovrei fare prima...

Louis correva a perdifiato con il borsone dei ricambi in spalla, sollevando la ghiaia dei vialetti del parco in un vortice rumoroso. Il suo amico Calvin lo avrebbe ospitato lì a Londra per quella settimana e aveva bisogno di un quinto uomo alla sua partitella settimanale con gli amici. Non poteva fare tardi, non voleva assolutamente metterlo in imbarazzo. Era ormai madido di sudore per la fretta, con la sua maglia dei Doncaster Rovers completamente incollata al busto. Faceva troppo caldo per precipitarsi in una corsa contro il tempo sotto uno dei pochi soli primaverili di Londra. Speró di aver imboccato la scorciatoia giusta e seguì il sentiero obbligato tra le aiuole, dirigendosi ad un'uscita laterale del parco che lo avrebbe immesso ai quartieri opposti a dove era entrato. La vegetazione, man mano che si addentrava nello spazio verde, si faceva sempre più fitta e gettava ombre lunghe e fresche sul suo cammino nella calura quasi estiva. Stava per svoltare dietro un gruppo di betulle molto alte quando sentí una voce. Ipnotica, come di una sirena che voglia sussurrare a un marinaio stanco di fermarsi a riposare. Delle note accompagnavano quelle parole roche e piene di passione, di dolore inespresso, di confessione appena udibile e troppo sacra per un mondo profano. Louis arrestò di colpo la sua corsa. Aguzzó le orecchie e capì che, chiunque fosse a parlare, era seduto su una scalinata in pietra, sotto la fontana che Louis sapeva essere alla sua destra oltre gli alberi. Ancora pochi passi e sarebbe entrato nel campo visivo di chi stava cantando. Trattenne il respiro, indeciso sul da farsi: se restare immobile per ascoltare e carpire quanto più possibile di quella voce straordinaria e seducente, se continuare il suo percorso rallentando il passo per non disturbare e correre al campo da calcio, o se prendere il coraggio a due mani e indagare sul proprietario di quella melodia. Louis posò lentamente sul laterale del sentiero il borsone e fece due passi in avanti, accostandosi all'albero più scoperto rispetto al gruppo che lo celava alla vista. Fu esposto abbastanza da vedere chi stesse cantando. E gli apparve. Louis non sarebbe mai più riuscito a ricostruire l'impatto che ebbe quella visione sulla sua mente, sulla sua anima e sul suo corpo.

Non era soltanto la musica che sentiva ad averlo immobilizzato, una melodia che sembrava averlo aspettato al varco per secoli soltanto per indicargli il luogo a cui apparteneva, ma la persona che rendeva quel "modo" possibile. Ogni canzone ha il suo modo di stare al mondo, Louis lo pensava sempre quando si chinava sul suo quaderno e sul suo piano per comporre. Per ogni possibile melodia, esisteva una persona e una soltanto capace di renderla viva e vera. Il ragazzo che aveva davanti sembrava emanare i suoni di un universo intero.

Il Principe, perché da quel momento decise che mentalmente lo avrebbe chiamato così finché non fosse riuscito a dargli il suo nome, stava semisdraiato sul gradino sotto la fontana, il rumore dell'acqua gorgogliante ad accompagnare la sua chitarra e le sue labbra nello scandire la colonna sonora di una magia. Non si muovevano semplicemente, danzavano, rosse come i papaveri su cui Louis amava stendersi nel giardino dietro casa per osservare il cielo. Quel ragazzo aveva tutti i colori che Louis conosceva addosso, e li ricombinava dandogli l'impressione che non fossero mai esistiti al mondo prima che lui li portasse con sé, nel bagliore della luce di quella mattina sulla sua camicia bianca semiaperta, nell'oscurità dei suoi jeans strappati, nella polvere che copriva i suoi stivaletti vissuti. I riccioli castani ad incorniciargli un viso teso e squadrato ma con sopra addormentata la dolcezza di tutte le canzoni che Louis avesse mai ascoltato, delle centinaia che sentisse di poter scrivere dopo quell'attimo rubato. Due pietre verdi come le foreste che finiscono solo sul limitare del mare che apparivano e sparivano sotto le ciglia, distanti a inseguire il filo di parole ancora in parte mute. Per creare quella visione sembrava avesse studiato ore e ore, mentre invece era solo adagiato e concentrato nel dare voce a qualcosa che nel luogo da cui veniva non aveva diritto di parola. Louis percepí, e la ritenne una follia, un'anima in fuga. Come la statua perfetta e piena di gloria che era costata la vita intera al suo scultore. Quello che cantava non era soltanto una ballata d'amore, era un sentimento che solo da un dolore poteva aver acquisito tanta potenza, tanta toccante profondità. Delle note dolci e lente, che a Louis sembrò fossero state capaci di catalizzare i raggi stessi del sole sul suo viso, curioso anche lui di ascoltare.

To die of love is to live by it (Larry AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora