Friday, first week

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VENERDÌ

Louis si sveglió lentamente, con una sensazione di disagio strana, che non aveva provato nelle ore precedenti. Sentiva un rumore attorno a sé e non capiva da dove provenisse. Ricordó di essersi addormentato abbracciato a Harry, nell’incavo del suo collo, con il riccio che gli tempestava la fronte di baci. Socchiuse gli occhi e vide, prendendo la sveglia dal comodino accanto a sè, che erano le quattro di notte. Si mise a sedere e si voltò verso Harry, capendo cosa lo avesse svegliato. Harry era pallido, tremava, i lunghi ricci sparsi attorno sul materasso e aveva un respiro cavernoso, come se stentasse a inspirare ed espirare.

“Harry? Harry! Harry, cos’hai? Svegliati, ci sono qui io. Svegliati!”

Lo prese da una spalla per scuoterlo dal dormiveglia in cui era intrappolato e notó che era ghiacciato e coperto di sudore freddo.

Louis capì che era qualcosa di più di un brutto incubo. Harry smise di ansimare e di boccheggiare in cerca di aria e si immobilizzó. La tensione del suo corpo scemó in un attimo e Harry si abbandonó con la testa piegata da un lato, immobile, esanime, come fosse….

No. NO! Harry? Harry, cos’hai?

Louis prese di nuovo a scuoterlo e a chiamarlo ma non sentiva più vita nel corpo che toccava. Come minimo, doveva essere svenuto. Ne tastó il polso. Il battito era quasi impercettibile. Schizzó via dal letto, raccolse da terra maglietta e jeans e mentre li indossava cercó a tentoni il cellulare nelle tasche, lo prese e chiamò un taxi.

L’ambulanza è troppo lenta. Devo portarlo in ospedale. Harry. Cazzo, Harry. Amore, Harry!

Appena riappese la chiamata, si fiondó su Harry, mettendogli una mano di fronte al naso. Il respiro arrivava a sfiorare il suo palmo irregolare e fioco.

È vivo. Starai bene, Harry. Andrà tutto bene. Starai bene, amore.

Cercó nell’armadio un pantalone di tuta e una felpa per coprirlo dalla notte di Londra e non abbassare di più la sua temperatura corporea, poi dopo averlo vestito lo sollevó piano e se lo caricó in braccio,  affrettandosi fuori dalla porta del loft e giú per le scale, senza nemmeno mettersi le scarpe, senza preoccuparsi di chiudere la porta se non sbattendosela dietro con un calcio.

Arrivato in strada, trovó il taxi ad aspettarlo. Lo sdraió sul sedile posteriore, posó nelle mani del tassista cento sterline, tutto quello che aveva, e urló: “All’ospedale più vicino, la prego, di corsa!”

Salí sul taxi e si mise la testa di Harry in grembo, tenendo il polso del ragazzo svenuto tra le dita e constatando come si facesse sempre più difficile percepire il battito. Era un brutto attacco di un qualche stato catatonico e Louis non capiva cosa potesse averlo scatenato.

Il taxi arrivó sgommando al pronto soccorso dell’ospedale in meno di dieci minuti. Louis si lanció fuori dal veicolo e si trascinò addosso Harry, e velocissimo corse con lui in braccio la distanza che lo separava dalle porte. Urló, appena entrato nell’ambiente sterile e illuminato dai neon bianchi.

“Vi prego, aiutatemi. Ha avuto un malore, non riesco a svegliarlo!”

Subito due paramedici furono su di lui e gli spinsero sotto una barella, in modo che potesse poggiarvi Harry. L’adrenalina nel corpo di Louis si abbassó di colpo e sentí che le ginocchia non lo sostenevano più. Si tenne dal muro dietro di lui e osservó i medici agitarsi su Harry. Un’infermiera si avvicinó concitata con una cartelletta.

“Mi deve dare tutte le informazioni che ha sul paziente.”

Louis vide i paramedici spingere di corsa la barella in una corsia dopo essersi detti qualcosa tra loro.

To die of love is to live by it (Larry AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora