Senza colore

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Era estate. Il sole già alto nel cielo. Le lenzuola sapevano di bucato. Il viso di Tobias Eaton era completamente schiacciato contro il cuscino. Respirava pesantemente, ancora addormentato. La finestra era socchiusa e la luce le filtrava attraverso.
Un tonfo, non troppo pesante, lo svegliò. Proveniva dalla cucina. Qualcosa era caduto. Mugugnò e, dopo aver sbattuto ripetutamente le palpebre, aprì gli occhi. Si mise a sedere sul bordo del letto, facendo attenzione a non fare rumore. Si stirò e, ancora assonato, si diresse verso la stanza, strisciando i piedi sul pavimento. Si guardò attorno. Le due finestre sulla sinistra erano spalancate; due dei portafoto che stavano sul davanzale erano caduti. Chinandosi a raccoglierli, sbadigliò. Il primo, che si era guadagnato una crepa sul vetro, conteneva la foto di un Tobias sedicenne, vestito di nero. Nel secondo c'era una foto di un anno prima, in montagna, che, essendosi staccato il retro dalla cornice, scivolò fuori rivelando un'altra immagine, troppo piccola rispetto al portafoto. Raffigurava una bambina, capelli biondi e occhi azzurri. Tobias socchiuse gli occhi. Non ricordava di aver preso quella foto, eppure ora era tra le sue mani. Un piccola Beatrice Prior lo fissava curiosa.

Tris. La sua Tris. Trattenne il respiro. Non pensava a lei da molto tempo, ormai. L'aveva quasi dimenticata. Non poteva permetterselo. Non doveva permetterselo. Lui non voleva dimenticarla, ma, lentamente, la stava mettendo da parte, lasciando i ricordi riguardanti Lei in un remoto angolo della memoria. Erano passati anni da quando Tris era morta; la sua vita, nonostante le difficoltà iniziali, era andata avanti. E solo ora si accorgeva che i ricordi stavano svanendo, sbiadendo col passare dei mesi, delle ore. E le emozioni provate, tanto forti, tanto intense e distinte, stavano perdendo il loro colore, lasciando spazio al vuoto, al bianco e nero.
Strinse la foto, stropicciandola. Quante cose erano cambiate. Si morse il labbro. Quante cose non riusciva a ricordare chiaramente.
Quanto era profondo il suo sguardo? Com'era il tono della sua voce? Il tocco delle sue mani?
Le lacrime gli velarono gli occhi.
Com'era stringerla? Baciarla?
Sfiorarle il viso? Passare la mano tra i suoi capelli?
Sentire il suo corpo pressato contro il proprio? Il calore della sua pelle?
Com'era quando Tris era viva?
Sembrava tutto così distante. Così irraggiungibile. Inafferrabile.

Chiuse gli occhi. Una lacrima solitaria percorse la sua guancia destra. La mano, fulminea, la asciugò. Cercò di visualizzare Tris. Cercò di ricordare.

Vestito grigio. Vestito da Abnegante. Un tetto. Una rete.
L'iniziazione degli Intrepidi. Quando l'aveva vista davvero per la prima volta. Che strano, pensare a qualcosa come le fazioni. E una volta, quella per lui era la normalità, l'unico mondo che esisteva era Chicago.
Cercò di ricordare il meglio possibile, ma era difficile richiamare alla mente quel momento e tutti i suoi dettagli. Ricordava bene che Beatrice - da quando la chiamava Beatrice? - che Tris era stata la prima a saltare. Lei, nei suoi vestiti simili a stracci, aveva saltato per prima. Lui provava ammirazione. Coraggioso da parte della Rigida saltare per prima. E poi, e poi aveva afferrato la sua mano. Com'era piccola quella mano, ma com'era vigorosa la sua stretta. Lo era, vero? Si chiedeva se fossero ricordi veri, sensazioni reali o se tutto fosse solo una falsità creata dalla sua testa. No. Doveva essere così. Era così.

«Come ti chiami?»
«Ehm...»
«Pensaci bene. Non potrai più cambiarlo dopo.»
«Tris.»

Due squadre. Strappabandiera. La ruota panoramica.
Ricordava che lui ed Eric dovevano dividersi i trasfazione. "Voglio la Rigida", aveva detto. L'aveva detto? Poco più tardi avevano cominciato a giocare. Tris. Cosa voleva fare, Tris? Cercare un punto abbastanza alto per riuscire a vedere l'altra squadra. E aveva scelto di arrampicarsi sulla ruota panoramica. Tobias era andato con lei, anche se una delle sue paure era l'altezza. Non gli importava. Era curioso di vedere fino a che punto si sarebbe spinta quella ragazzina.

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