Capitolo 11

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-Come si sta?-

Guardo la mia gamba, finalmente libera, faccio un po' fatica a camminarci. Sembra più leggera, più flessibile. Posso camminare senza stampelle. E' una cosa davvero tanto liberatoria. All'inizio la gamba mi ha ceduto, non riuscivo a tener i il peso, ma ora ci sto riprendendo la mano.

-Una favola- rispondo, sorridendo.

Mamma ride. Vedo anche lei più leggera. Sembra felice, forse sta riuscendo a superare l'incidente, cosa che io non sto riuscendo a fare. Checco mi ha detto che alcune cose dovrei lasciarle perdere, che non dovrei passare tutto il tempo che ho a cercare di riscoprirmi, perché non è questo che mi farà ricordare chi ero. Dovrei vedere posti, persone, situazioni... ed effettivamente ha un po' ragione... Ma io non ci riesco.

Marco mi sta nascondendo qualcosa, qualcosa che Stefano ieri forse mi ha rivelato. Aveva problemi con la droga? E se sì perché non me ne vuole parlare? Magari è tutto collegato alla morte del padre?

Seguo mamma e Checco in macchina, camminando incredibilmente con le mie gambe. Il medico mi ha chiesto come mai ci fosse sabbia nel gesso che ha tolto, ho riso pensando a Stefano, ieri. Al suo prendermi in braccio, alle mani che hanno continuato a tremare per ore, dopo averlo visto. Al suo messaggio. Gli ero mancata.

Però poi c'è il messaggio di mio padre.

-Checco... Vieni anche tu stasera, vero? -

Dopo quel messaggio me ne ha scritto un altro, chiedendomi di cenare insieme stasera. Non so nemmeno se sa dell'incidente o se gli importa qualcosa. Gli ho risposto che gli avrei fatto sapere, ancora non l'ho fatto. Una parte di me crede sia giusto vederlo, l'altra vorrebbe solo stare in casa con le persone che hanno dimostrato davvero amore, in questi giorni dopo l'incidente.

-Non è che ne ho molta voglia... - borbotta, sbattendosi sul sedile posteriore. Ci assomigliamo in maniera quasi spaventosa. - Ma suppongo che dovrò farlo, non è vero? -

Sorrido e batto le mani. Sapevo che non sarebbe riuscito a dirmi no. Per quanto io sia più grande di lui, ha sempre avuto un senso di protezione assurdo nei miei confronti. Sono sempre la sua piccolina. Mi sporgo dal sedile anteriore e cerco di abbracciarlo - Grazie grazie grazie -

Mamma inchioda - Emma cosa cazzo fai? - urla, il panico nella sua voce è tangibile.

Mi rimetto seduta bene, abbasso lo sguardo.

- Tu forse non hai capito che in qualsiasi mezzo tu entrerai da adesso, dovrai stare non attenta, di più! Ti sei salvata per il rotto della cuffia, cazzo! Non ti puoi permettere di farti male un'altra volta! Io non ce la posso fare! -

No, forse nemmeno lei l'ha ancora superata. Anche lei è ancora nel limbo di paura e confusione, come me.

-Scusa... -

Riparte, continuando a guardarmi di sfuggita dallo specchietto e facendo andare la macchina a meno di 30 chilometri orari.

Nessuno si riprenderà mai da questo incidente. Forse ha ragione Checco, dovrei lasciar perdere i dilemmi complicati della mia precedente vita e continuare come capita, senza curarmi del prima e preoccuparmi solo di ciò che verrà dopo. Della mia vita dopo l'incidente. Ormai, a che serve rivangare il passato? Non lo cambierà di certo.

-Io però porto anche Francesca- dice mio fratello, ripescandomi dal fondo dei miei pensieri.

-Va bene- ma in realtà non mi entusiasma particolarmente, perché quella ragazza non mi ispira fiducia. Ha un qualcosa di strano negli occhi. -Io faccio venire Marco allora-

Ci sediamo a tavola, in questo ristorante fin troppo sopra le righe che non rientra assolutamente nel mio budget. Ma tanto credo che pagherà tutto papà.

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