Capitolo 25

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"Darling don't be afraidI have loved youFor a thousand yearsI'll love you 

For a thousand more"

-A thousand years, Christina Perry.


Mi stropiccio gli occhi, assonnata. Addosso a me, il braccio di Stefano. Mi guardo intorno, ci siamo addormentati sul divano?

Sento gli occhi gonfi di pianto, non ho fatto altro per quasi tutta la notte, addosso a lui che mi accarezzava e baciava i capelli e cercava, a suo modo, di tranquillizzarmi. Dobbiamo esserci addormentati, ad un certo punto. Ho la testa sulle sue gambe, mentre lui è in una posizione davvero strana, ma che gli permette di sfiorarmi la guancia con le labbra. Vorrei rimanere così, in questa pace per sempre, ma so che non è possibile. E' ancora addormentato, un filo di occhiaie scure gli circonda gli occhi, abbiamo dormito entrambi davvero poco, parlato tanto e osservato ancora di più. Ho avuto modo di toccare con la mano il suo viso,fingendo un gesto avventato, di sentire sotto le dita l'ispido della barba; gli ho toccato le braccia, più muscolose di quanto mi aspettassi; gli ho accarezzato i capelli, sempre per un errore calcolato che a lui non sembrava dispiacere. Adesso è privo di difese, addormentato davanti a me, perso in chissà quale sogno, vorrei potesse viverlo davvero dato che lo sta facendo sorridere così. E le sue labbra, nonostante io mi sia appena svegliata da una notte in cui le mie emozioni erano confuse, continuano a sembrare perfette. Stanotte piangevo troppo e lui non si è permesso di avvicinarsi, di invadere i miei spazi con gesti che magari io non ero pronta a ricevere, anche se avrei davvero voluto. Però mi ha abbracciata per tutto il tempo e lo sta facendo anche adesso, mi ha detto che non vuole che io abbia paura. Che poi, pensandoci adesso, la paura per Marco è assurda, perché lui non è qui e non può farmi male. Ma è un po' come i mostri sotto al letto, sai che non esistono, ne hai la certezza più assoluta, anche perché durante il giorno hai controllato se là sotto ci fosse qualcosa e non c'era niente. Però poi arriva la notte, col suo silenzio e i pochi rumori amplificati, arriva il freddo sotto le coperte e il caldo ai piedi e vorresti tantissimo, davvero tanto metterlo fuori dal letto quel piede, sfiorare il pavimento che è fresco, ma non ci riesci. Qualcosa ti immobilizza, una stupida paura irrazionale e ingiustificata. Non puoi farci niente, non è possibile controllare le paure, tantomeno gestirle. Ma Stefano, accanto a me, ha l'effetto di un calmante sulla mia testa troppo irrequieta. Dorme, respira piano e mi viene da dargli un bacio. L'idea mi passa così, folle, nella testa. Da quanto è, ormai, che voglio baciarlo? Almeno da quel pomeriggio in macchina, che mi ha fatta guidare. Come ho fatto a resistere fino ad adesso? A guardare le sue labbra morbide e carnose senza... volerle sfiorare?Sapereche sapore hanno? Ci passo il dito sopra, lui arriccia il naso e si gira un po' dall'altra parte, porgendomi la guancia. Mi avvicino, cercando di fare piano e lo bacio proprio lì, con la barba che mi punge. Rido, poi mi alzo. L'orologio segna le sei e mezza, da fuori si vede già la luce, ma la sveglia era il realtà fissata per le sette. Vado in cucina, in cerca di un po' di acqua fresca e senza accorgermene sbatto contro Checco. -Che fai sveglio?- chiedo, un po' stranita. Non sono più abituata a vederlo così vicino a me. -Io vado a scuola... che fai tu sveglia?- chiede di rimando, cercando di regolare il suo tono al più acido possibile, anche se probabilmente da appena sveglio gli riesce difficile odiarmi. -Mi sono svegliata...- ammetto, rendendomi conto adesso che c'è Stefano sul divano in salotto. E pensando a lui, penso alla promessa che gli ho fatto. Devo sistemare la mia vita. Come cominciare in modo migliore, se non con Checco? -Posso parlarti?- gli chiedo, mentre lui si siede sul tavolino della cucina, con la sua tazza e i suoi biscotti, come un bimbo, anche se ormai per andare a scuola indossa sempre la camicia. Mi guarda perplesso, fa sì con la testa, mentre comincia a mangiare distratto da chissà quali pensieri. Mi siedo davanti a lui, imbarazzata. Da dove devo cominciare? Come posso parlare a mio fratello, a lui che è così piccolo, di quello che ho combinato? Il male che mi sono fatta?-Scusami, Checco- inizio, con lo sguardo basso. Sento che posa il cucchiaino, il tintinnio risuona nella nostra piccola cucina.-Sono stata una stronza, una vera e propria stronza- ammetto. -Prima ti ho distrutto, dicendoti di Francesca e poi... poi ti ho riportato in casa l'amante della tua ragazza e non per una sola volta... per ben due mesi- Tira su con il naso e finalmente mi azzardo a guardarlo. E' così fragile, anche se è di poco più piccolo di me. I suoi occhi sono lucidi, sembra sul punto di piangere. -Sì- conferma -sei stata davvero una stronza- ma non riesce a trattenere un sorriso. Se ne pente subito, non si vuole dare il permesso di farmi stare bene e quindi rimette gli occhi sulla tazza, si perde nel cercare il biscotto ormai affondato e irrecuperabile. -Sai qual è la cosa bella? E' che io stavo male Checco, davvero tanto- Non dice niente, ma ha l'aria confusa mentre con il cucchiaino continua ad alzare latte per trovare quel che rimane di quel biscotto disintegrato. -Sono stati... due mesi terribili. Mi sono allontanata da tutti, ero sola, per mia volontà, e stavo con Marco solo per... perché pensavo che senza di me non ce l'avrebbe fatta. Non capivo che così morivo io.- Prendo un respiro, cerco di mantenere la calma, ma è davvero difficile davanti al suo sguardo di ghiaccio. -Checco ti sembrerà assurdo ma io stavo davvero una merda. Se ci ripenso... Mi sembra di aver chiuso gli occhi per due mesi, di aver vissuto in una bolla, con degli spuntoni affilati che mi hanno continuata a ferire senza che io potessi chiedere aiuto. Capisci?- Ora mi guarda. Non è convinto, ma ha abbassato un po' la guardia, gioca con le briciole sul tavolo. -E cosa ti ha fatto aprire gli occhi? Perché adesso lo sai e fino a ieri no?- chiede, finalmente, tradendo il suo scudo per aprire una piccola porta verso di me. E' minuscola, ma mi basta. Mi viene quasi da piangere a sentirlo parlare con me. -Stefano-E' di nuovo confuso. -Stefano.... quello Stefano?- chiede. -Sì- confermo. Ripenso a stanotte e alle mie mille lacrime, alle sue carezze sulle guance e al suo tranquillizzarmi. Ripenso alle poche ma importanti parole che ha detto: "non ti preoccupare, ci sono io", "non ti farà più del male", "ci penso io a proteggerti". Io piangevo, con lo straccio gelato sulla testa, lui mi asciugava le lacrime e diceva che è importante piangere, soprattutto quando ci si rende conto di qualcosa che fa male. Perché piangere è liberatorio, piangere fa sanare un po' il dolore al petto. Poi ha detto che piangere addosso a qualcuno che ti vuole davvero bene è ancora meglio, perché le lacrime non vanno sprecate, vengono ascoltate, capite, asciugate e amate. Gli ho spiegato quanto male facesse e lui ha risposto che lo sapeva, che l'aveva sempre saputo, che si sentiva in colpa per averci fatti conoscere. Gli ho detto di stare tranquillo, ma lui ha detto che non se lo perdonerà mai. -Mi ha fatto aprire gli occhi- aggiungo, persa nell'immagine di lui che dorme sul divano, di là, tutto accartocciato pur di sfiorarmi. -Almeno lui ci è riuscito- dice, abbassando lo sguardo sulla sua colazione, che ormai è diventata più un pretesto che un pasto. -Come ha fatto?- Chiede, non resistendo alla curiosità. -Semplicemente... mi è stato vicino, mi ha estirpato dalla testa quelle idee malsane per cui io non meritavo di essere felice e di stare bene- Al bar, al mare, sotto casa con Marco e anche per tutto il tempo prima, tutte le carezze che ho evitato e i baci scansati sono serviti a qualcosa. -Quindi ora...sei tornata quella di prima?- Annuisco, ma è ancora diffidente.-Perché sei venuta qui, ora?- -Per chiederti scusa- ripeto. -E perché?- -Ho fatto una promessa a Stefano e... e non voglio più vivere così. Non voglio più stare male perché mi guardi come se fossi uno schifo. Che forse in realtà lo sono ma non è questo l'importante...- prendo un respiro. -l'importante è che io mi sia resa conto di ciò che ho fatto e me ne pento e tu... tu sei la prima persona con cui volevo sistemare- Fa sì con la testa, pensieroso, ma comincia a essere più convinto. O almeno, lo spero. -E Marco?- Rabbrividisco a sentire il suo nome. Le sue mani attorno al mio polso mesi fa, la spinta stanotte, il dolore alla testa e il livido sul gomito. -In che senso?- -Cosa hai intenzione di fare con lui? Lo hai lasciato? Stanotte ha citofonato a mezzanotte per farti una sorpresa ma mamma gli ha detto che non sapeva dove fossi- Mi ha aspettata davanti casa per tutto quel tempo?-Lo lascerò- Lui si rabbuia e torna sulla difensiva, stringendo forte la sua tazza di latte. -Okay- ma non è okay. -Non ti sto dicendo una cazzata Checco--Ah no? E cosa differenzia queste tue parole da quelle di mesi fa?- Avevo fatto un piccolo passo avanti e ora mille indietro, il traguardo sembra sempre più lontano invece di avvicinarsi. -Mi serve tempo, Checco. Stavolta c'è Stefano che mi tiene e mi impedisce di ritornare a fare le cazzate che facevo. Per favore evita di essere così incazzato: ti ho chiesto scusa e sono tua sorella, non la prima puttana incontrata per strada. Ho fatto un errore, bruttissimo, gravissimo e hai tutto il diritto di odiarmi, ma ho anche il diritto di avere una possibilità di essere perdonata- Mi metto una mano sulla bocca, per impedirmi di rovinare tutto ancora di più. Maledizione. Non so tenere la lingua a freno, mai, faccio sempre casini, mi incazzo e comincio a parlare a vanvera dei miei stupidi sentimenti che... che questa volta sembrano aver funzionato. Checco sorride, anzi, sembra rida proprio. -Che cazzo hai da ridere?- chiedo, stavolta io sulla difensiva. -Sai come so che sei sincera?- risponde con un'altra domanda, ma sembra estremamente tranquillo. -Perché ti sei incazzata. Perché hai la tua idea e la stai seguendo. Sai cos'hai fatto per questi due mesi? Hai accettato ciò che Marco diceva a testa bassa... Non ricordavo nemmeno come sei divertente quando sai di avere ragione e vuoi sbatterlo in faccia a chi ti dice il contrario!- Rimango allibita. Ha funzionato? Io... io ho fatto la cosa giusta? Il suo sorriso sembra confermarlo. Mi sento così orgogliosa, così giusta. Mi sembra di poter riprendere in mano la mia vita, di non essere un completo disastro. Da oggi farò tutto giusto. Lui si alza, infila le scarpe. -Dove vai?- -A scuola- risponde, alzando gli occhi al cielo, scocciato. Fortuna che io ho finito la scuola, se c'era una cosa che odiavo, era alzarmi così presto e camminare e prendere gli autobus pieni. Dal salotto sento tossire, poi sbadigliare e Checco alza lo sguardo. -Sei stata tu?- chiede, conoscendo già la risposta. Non si è accorto di Stefano? Non è passato per il salotto stamattina?-Ehm...no- sussurro, improvvisamente in imbarazzo per aver portato un ragazzo a dormire da me senza avvertire nessuno. Ora mi sento un po' meno invincibile rispetto a qualche secondo fa. -Chi c'è di là?- mi chiede, impallidendo. -Marco?--No no- lo rassicuro subito, ma non riesco a dire la verità. Ho paura di perderlo di nuovo. Stefano, stiracchiandosi, entra in cucina. Saluta con la mano mio fratello, mi accarezza la testa e lascia un bacio tra i capelli. -Buongiorno- sussurra.-Aaah, ora capisco- dice, con un sorriso beffardo dipinto sul viso. -Stefano mi salva di qui, Stefano mi aiuta di là...- mi fa il verso e continua a ridere, il mio imbarazzo sale alle stelle, per quanto sia più che palese che lui stia soltanto giocando. -E' tutto chiaro- aggiunge, malizioso. -Tra l'altro, era da tempo che mi aspettavo sareste finiti così- Stefano mi guarda divertito e non so cosa ci trovi di divertente, io muoio soltanto di vergogna, perché Checco è piccolo e non può pensare... queste cose. Ma lui si tira fuori dalla situazione da solo: -vado a scuola! Vi lascio soli- sussurra, facendo l'occhiolino a Ste, che abbassa lo sguardo.-Tranquillo- gli dice, lasciando entrambi sorpresi. La sua voce, ancora assonnata, è davvero incantevole. -Figurati! Il giorno in cui Emma si deciderà a fare qualcosa con me, appenderanno i manifesti per strada!- continua. Lo guardo, sconvolta. Davvero pensa questo? Davvero crede così assurdo e impensabile e impossibile che io e lui.... che io e lui? Guardo il suo viso, così perfetto, così dolce. Mi viene voglia di toccarlo, di sfiorare gli occhi ancora pieni di sonno, di avvicinare il mio naso alla punta del suo, di vedere come sono morbide le sue labbra, magari a contatto con le mie. Sbatto le palpebre, per tornare alla realtà. C'è Checco, sulla porta, che ci guarda con un sorriso provocatorio sulle labbra, lo stesso che è anche sulle labbra di Ste. Ma mentre mio fratello guarda entrambi, forse vedendo ciò che sembra essere palese a tutti tranne che a me, Stefano ha quello stesso sorriso e guarda soltanto me, me e nient'altro. Mi riesce difficile interpretare il suo sguardo, anche soltanto descriverlo sembra una follia. Semplicemente mi guarda, con occhi che sembrano dire tutto senza dire niente. Diceva che non crede che io potrei mai fare qualcosa con lui? Tutti i limiti con cui mi ero imposta di frenare i miei desideri e le mie voglie, ad un tratto perdono di importanza. Ero seria? Davvero mi ostinavo a tenere gli occhi così chiusi davanti a tanto amore?Non ho più intenzione di camminare con il freno a mano inserito. Mi alzo sulla punta dei piedi, stringo fra le mani il suo viso. Sento un brivido correre lungo le braccia e poi sulla schiena, perché per la prima volta lo sto toccando perché voglio farlo. Lo sto toccando perché voglio che si avvicini a me. Quando ormai ci separano pochi centimetri, faccio l'ultimo passo. Poggio con delicatezza, quasi timore, le mie labbra sulle sue, per toglierle immediatamente, terrorizzata dalla sua possibile reazione. Ma non mi allontano, resto a quella distanza che può diventare facilmente un bacio, ma che mi permette anche di osservare da vicino la sua reazione. Spalanca gli occhi, ma non se ne va. -Uoooooo- urla Checco, spettatore di questo mio improvviso coraggio. -Mi sa che vi lascio davvero soli adesso eh-Nessuno dei due risponde. Nessuno dei due toglie gli occhi da quelli dell'altro. Incantato, ipnotizzato, mi guarda come se non esistesse altro al mondo. Le sue mani si poggiano sui miei fianchi, io tremo, senza smettere di ricambiare il suo sguardo. -Vado eh- prova ancora a interromperci, ridendo -a dopo ragazzi- aspetta qualche secondo, poi sentiamo la porta di casa chiudersi. Ma noi non smettiamo di fissarci.Sulle labbra sento ancora le sue, nonostante il contatto sia stato non breve, di più. Nei suoi occhi ancora non svaniscono la sorpresa e l'incredulità, anzi, aumentano ogni secondo. Probabilmente perché non mi sto scansando, o perché gli sto lasciando tenere le mani sui fianchi, o perché siamo fermi ormai da qualche minuto senza riuscire a staccarci gli occhi di dosso. -Ma allora... devo fare anche la seconda mossa?- chiedo, con un filo di voce. Lui si avvicina un altro po' e le nostre labbra si sfiorano, il suo respiro è sul mio. -Ah sì?- chiede, con una voce talmente tanto profonda che sembra arrivare direttamente dal cuore. -Perché, quella era una mossa?- mi sfotte con un sorriso provocatorio, forse parlando sulle mie labbra proprio per infastidirmi, o meglio, rendermi ancora più difficile non baciarlo. Annuisco senza riuscire a smettere di guardarlo, di guardare i suoi occhi che adesso sono accesi dalla brama, dal desiderio. Sembra non riuscire a trattenersi, ma lo fa e chissà quante volte in passato l'ha dovuto fare. Alzo gli occhi al cielo, lui ride. -Va bene, va bene, lasciamo stare- dice, si morde un labbro. -ma lo vuoi qui o... in un posto più romantico?- Ma è serio? -Smettila di rompere i coglioni, Stefano- gli dico, anche se il mio tono di voce trema un po' troppo. Non mi frega del posto. Voglio finalmente baciarlo, tutto il mio corpo freme, impaziente.-Sei tu quella che rompe i coglioni, di solito- Scoppiamo a ridere entrambi. Rido e mi trovo troppo vicino alle sue labbra. Ridiamo e smettiamo immediatamente, perché abbiamo di meglio da fare. Il nostro sguardo si incrocia ancora, un'altra volta. Finalmente, le sue labbra morbide premono sulle mie. E lui è più bravo di me, ha più coraggio, non si limita a baciarmi a stampo. Sento che tutto il corpo esplode quando comincia a baciarmi con più forza, spostando le sue mani sul mio viso, stringendomi a sé. Nonostante io abbia gli occhi chiusi, riesco a vedere perfettamente il suo viso, che sfioro con le mani, e i suoi capelli, che stringo nei pugni. Io non sapevo che un bacio potesse essere...così. Mozzafiato, stracciabudella, disarmante. Mi manca, anzi, ci manca il respiro, ma non smettiamo, affamati dell'amore dell'altro di cui siamo stati per tanto e troppo tempo privati. Mi fanno male le labbra per la prepotenza e la quasi violenza del nostro bacio, ma è uno di quei dolori che è bello provare, perché portano solo a felicità. Mi stringe e sembra che siamo un solo corpo, una sola mente, un solo cuore che batte all'unisono. In questo angolo di paradiso che ci siamo appena costruiti, veniamo interrotti dal suono del citofono. -Chi cazzo è che interrompe questo momento storico?- chiede Ste, io scoppio a ridere, con i pensieri ancora in confusione, tanto quanto il cuore e lo stomaco. Mi alzo sulla punta dei piedi e appiccico di nuovo le mie labbra sulle sue e lui ricambia, ritrovando in un attimo il punto in cui ci eravamo interrotti. Il citofono suona ancora. Stefano sussurra qualche maledizione nei confronti del mondo intero, mi fa cenno di rispondere, senza smettere però di fissarmi. Il citofono suona ancora e mi precipito a rispondere, forse maledicendo anche io chiunque abbia interrotto questo "momento storico". Salve! Scusate per la lunga assenza ma sono stata a Milano e non ho avuto modo di scrivere, in più ci tenevo in modo particolare a questo capitolo, quindi spero che vi piaccia. Che ne pensate? Checco ha reagito bene alle sue scuse? Ma soprattutto... da quanto aspettavate il bacio tra Emma e Stefano? E chi secondo voi ha interrotto questo "momento storico"? Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando. Per il prossimo trenta mi piace e trenta commenti <3 baci baci <3

Cercami dove il mare finisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora