Capitolo 14

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Se devo essere sincera, sono in ritardo. E' una cosa che odio fin dal profondo del cuore, non lo sopporto. Arrivo agli appuntamenti sempre almeno un quarto d'ora prima, perché odio anche soltanto l'idea di dare fastidio a qualcuno. Così evito di far aspettare edi farmi odiare dalla persona.

Oggi, però, non ci riesco proprio. Mi trascino in giro per questa città che amo, osservando con interesse le finestre sbarrate, i comignoli fumanti, le persone avvolte in sciarpe e cappotti lunghissimi. Che poi, che cazzo di idea è il parco? Il 15 febbraio, con allerta neve, "Ci vediamo al parco". Non ho risposto nulla, perché per come sto adesso non ho voglia di litigare per il luogo dove vederci, ci sono motivi molto più seri per cui litigare.

Mi trascino per il marciapiede che mi collega a Villa Panphili, uno dei posti che odio di più in assoluto. Troppo scontato, piace a tutti. Però vicino c'è una strada fantastica, che amavo fare in macchina con mamma. Via Niccolò Piccolomini, è magica. Una vista meravigliosa su San Pietro, che si scorge da uno piazzale a fine della via. La cosa curiosa è che se tu ti avvicini a questa balconata, l'immensa cappella di San Pietro sembra allontanarsi, invece che avvicinarsi. Al contrario, se percorri al contrario la strada, allontanandoti dal balcone, la cupola si ingrandisce. E' assurdo, no? Da piccola mamma passava le ore a fare avanti e indietro con la macchina, io ero sempre appiccicata con la faccia al finestrino, a chiedermi perché succedesse questa cosa. Sporcavo sempre i vetri, con le mie mani sudaticce, mamma fingeva di arrabbiarsi e io di rimanerci male. Andavamo via sorridenti, con un pizzico di magia nel cuore. Ci sono andata da sola, a piedi, e ho perso non so nemmeno quanto tempo. Ero in anticipo di dieci minuti, mi sono persa a guardare il panorama e a cercare di replicare l'illusione ottica camminando avanti e indietro per diversi minuti. Avevo bisogno di un po' di magia.

Entro nella villa, l'odore di prato umido mi riempie subito il naso e la mia allergia dimostra subito il suo disappunto. Comincio a starnutire e a cercare dei fazzolettini compulsivamente nella mia borsa. Mi sistemo, respiro. Mi sono rifiutata di guardare l'orologio, quindi non so nemmeno quanto sono in ritardo per l'appuntamento.

-Ciao- già da come mi saluta, sento il suo tono arrabbiato e accusatorio.

Alzo la mano e accenno un saluto, mentre mi siedo sulla panchina in marmo meno sporca.

-Volevi vedermi?- chiedo, con tono altrettanto freddo e distante.

-Mi dispiace-

Non mi guarda, non ne ha il coraggio. Mi sento male solo a sentirlo parlare. Cerca di prendermi la mano, poggiata sulla panchina, ma mi allontano. Non lo voglio toccare.

-Per cosa?-

Lui alza lo sguardo verso il cielo, si ferma a fissare le nuvole e sembra che voglia chiedere loro un aiuto, per la risposta, o ad una qualche entità superiore, probabilmente in ambito religioso. E' facile, così. Per chi non crede è più difficile, fa affidamento solo su se stesso e non sull'idea di un bene superiore che guida nel verso giusto le sue azioni.

-Per quello che è successo questi giorni-

Annuisco, anche se in realtà sento una grande sensazione di orrore nei suoi confronti, procurata sicuramente da ciò che è ho letto ieri.

-Ieri era San Valentino- dice, con un mezzo sorriso.

Sento la rabbia crescere nel petto ad ogni sua parola. -E non abbiamo fatto nulla-

-Posso rimediare?- chiede, tentando ancora di prendermi la mano. Mi allontano, schifata.

-Non penso -

Sospira, - perché?-

Incrocio le le gambe, poi le tiro al petto. Non voglio che lui mi si avvicini. I miei nervi reggeranno ancora per poco.

Cercami dove il mare finisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora