Capitolo 14

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La domenica pomeriggio arrivò troppo in fretta. Dopo aver passato una giornata intera con mio padre, potevo dire che andarmene era l'ultimo dei miei pensieri, purtroppo.
Avevo dimenticato quanto fosse bello passare del tempo al suo fianco, sentire le storie che raccontava di ogni volta che non aveva riconosciuto me e Michelle, sentirgli dire che la mamma era orgogliosa di noi ed era sempre al nostro fianco. I genitori di Camila si erano commossi, perché l'amore per noi due negli occhi di quell'uomo, era evidente per tutti. Avevo sempre apprezzato il suo modo di guardare noi e la mamma, perché mi faceva sentire importante e fortunata. Lui ci amava. Era al nostro fianco, a differenza di tutti quei ragazzi che crescono senza padre o con un troppo assente oppure abusivo. Ci voleva bene e si preoccupava per noi. E da quando la mamma era morta, si era spaccato la schiena per assicurarsi che le cose per me e Michelle andassero bene. Per donarci un futuro.
Rivederlo, anche se per poco tempo, mi aveva reso felicissima. Ma al tempo stesso, non avevo potuto evitare di sentirmi triste. Certo, l'avrei rivisto il sabato mattina per la consegna della laurea, poi avrei passato parecchio tempo con lui, ma fino alla fine della settimana, avrei sentito la sua mancanza.

<<Quando andate?>>, chiese mio padre, guardando l'orologio appeso alla parete del soggiorno dei Cabello. Lui, Alejandro, Sinue erano seduti sul divano, Michelle ed io eravamo incastrate sedute su una poltrona singola, mentre Camila teneva in braccio Sofia sull'altra poltrona. Diciamo che entrambe, io e mia sorella, non volevamo sederci per terra. Lei accusava dei forti dolori alla schiena, come se io ci potessi credere. E io, semplicemente, non volevo ammazzarmi per la scomodità di stare seduta a terra. Sopratutto non ai piedi di Michelle, perché quella stronza mi avrebbe tormentato, lo sapevo.

<<Tra un paio di minuti. Dovremo essere al campus per le otto>>, disse Camila, controllando l'orario. Erano le sei e venticinque.

<<Ricordati, Camila, guida piano e fa' attenzione>>, disse suo padre, usando un tono divertito. Stava prendendo in giro Sinue, che da quando c'eravamo svegliate, non aveva fatto altro che ripetere quella frase alla figlia. Appena si rese conto che il marito la prendeva in giro, lei lo colpì giocosamente sulla spalla. Finse di essersi fatto male, stringendosi la spalla.

<<Fermati ogni cinque minuti e bevi tanto caffè>>, disse Sofia.

<<In realtà, questo si dice quando i viaggi sono più lunghi di due ore>>, dissi, alzando le spalle. <<Ouch!>>, urlai, quando mi lanciò contro il cuscino.

<<Sofia!>>, urlò Sinue.

<<Non si preoccupi. Hai un ottima mira, ragazza. Hai mai pensato di giocare a softball? Dovrei avere ancora delle amicizie ai piani alti, potresti diventare importante>>, dissi, guardando la più piccola dei Cabello.

<<Ci penserò>>, disse, sorridendo in maniera orgogliosa. Era una ragazzina adorabile. Io l'adoravo, così come sua sorella e la sua famiglia. Mia sorella, invece, era sempre stata un po' restia quando c'erano dei bambini nelle vicinanze. Non avevo mai capito perché ne fosse così terrorizzata.

<<Be', signore, dobbiamo proprio andare ora>>, disse Camila, spostando Sofia e alzandosi in piedi. Si sgranchì la schiena, poi sbadigliò leggermente. Immaginai, quindi, che dopo la nostra conversazione di ieri sera, fossimo state in due ad aver passato una notte in bianco. Andavo via dal college con l'intenzione di riposare un po', e veniva fuori che ci tornavo più stanca di prima.

<<Signora ci chiami qualcun altro. Io sono ancora allegra e pimpante>>, disse Michelle.

<<Quindi, immagino che il dolore alla schiena fosse tutta una farsa>>, dissi. Ci alzammo entrambe. Oh, era bello respirare senza che le mie costole entrassero in contatto con il suo gomito. Una sensazione totalmente diversa.

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