CAPITOLO 1

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Scommetto che è capitato anche a voi, qualche volta, di sentirvi invisibili, perfettamente trasparenti. A me succede in continuazione: sono Cammie, il Camaleonte. Ma sono più fortunata di altri, perché nella mia scuola questo significa avere una marcia in più. Frequento una scuola per spie. D'accordo, tecnicamente la Gallagher Academy per Ragazze Superdotate è una scuola per geni, non per spie, e dopo il diploma ognuna di noi è libera di scegliere qualunque carriera adeguata alla nostra eccezionale preparazione. Ma una scuola che ti dice così e poi ti insegna materie come Crittografia Avanzata e quattordici lingue diverse è un po' come una multinazionale del tabacco che raccomanda ai ragazzini di non fumare; non viene da prenderla molto sul serio. Quando la chiamo scuola di spionaggio mia mamma alza gli occhi al cielo ma non osa correggermi. E lei è la preside. È anche un'ex agente della CIA, naturalmente, ed è lei a incitarmi a scrivere questa mia prima relazione di Operazioni Sotto Copertura, per raccontare quel che è accaduto lo scorso semestre. Dice sempre che la vera seccatura di un vita da spie non sono i rischi, ma le scartoffie e, in effetti, mentre torni da Istanbul in aereo con una testata nucleare nascosta in una cappelliera, l'ultima cosa che hai voglia di fare è compilare un rapporto. Così è per questo che scrivo: per fare pratica. Se avete un pass di accesso al Quarto Livello, o oltre, sapete già tutto di noi Gallagher Girl, dal momento che esistiamo da più di cento anni (la scuola, non io, quanto a me, ne compio sedici il mese prossimo). Ma se quel pass non ce l'avete, probabilmente pensate che siamo soltanto un'altra leggenda dallo spionaggio - come i jet pack e le tutte dell'invisibilità. Costeggiando in macchina i muri di cinta coperti d'edera che circondano la nostra magnifica residenza magari intravedete i prati ben curati e vi convincete, come tutti gli altri, che la Gallagher Academy per Ragazze Superdotate è solo uno spocchioso collegio per ereditiere annoiate che non sanno dove altro andate. Be', per dirvela tutta, a noi ve benissimo così. È uno dei motivi per cui nessuno, nella cittadina di Roseville in Virginia, faceva caso alla lunga fila di limousine che riportava al campus le mie compagne di classe, lo scorso settembre. Io , seduta a una finestra del terzo piano, osservavo le auto sbucare dalla cornice di fogliame e svoltare tra gli imponenti cancelli di ferro battuto. Il viale d'accesso, lungo circa ottocento metri, che serpeggiava tra le colline, ha un'aria innocente quando la strada di mattoni gialli del Mago di Oz, e a nessuno verrebbe mai il sospetto che è dotato di laser per la scansione delle tracce degli pneumatici e di sensori per la rivelazione di esplosivi, o che c'è un tratto di asfalto pronto a spalancarsi all'occorrenza e inghiottire un camion intero. (e se vi sembra pericoloso, non fatemi domande sul laghetto!). Con le braccia strette intorno alle ginocchia, guardavo attraverso il vetro ondulato delle finestre. La mia piccola nicchia era protetta da tende di velluto rosso, e io mi sentivo avvolta in un insolito senso di pace, consapevole che nel giro di venti minuti i corridoi si sarebbero riempiti di gente e di musica a tutto volume e che io, da figlia unica che ero, mi sarei ritrovata cento sorelle; così mi godevo il silenzio finché durava. Ed ecco, manco a dirlo, dall'aula di storia al secondo piano arrivò il botto di un'esplosione, e un odore di capelli bruciati salì fluttuando per la scalinata principale, seguito dalla inconfondibile voce della professoressa Buckingham che gridava: "Ragazze! Vi avevo detto di non toccarla!".La puzza aumentava, e qualche primina doveva aver preso fuoco,perché la Buckingham urlava: "Stai ferma. Stai ferma, ti dico". Poi si lasciò sfuggire un'imprecazione in francese che le nuove arrivate probabilmente non sarebbero state in grado di decifrare per almeno tre semestri, e mi chiedevo come mai ogni anno, durante l'incontro di orientamento, ce ne sempre una che s'imbaldanziva e cercava di mettere in mostra afferrando la spada impugnata dalla nostra fondatrice, Gillian Gallaghe, per far fuori il tizio che stava per uccidere Abraham Lincoln - il primo tizio, intendo, quello di cui non si sente mai parlare. E mi chiedevo perché nessuno mai spieghi alle nuove durante la visita del campus che la spada di Gilly è percorsa da una carica di elettricità sufficiente a... be'... a incendiare i capelli. Adoro l'inizio della scuola.

VORREI DIRTI CHE TI AMO MA POI DOVREI UCCIDERTIWhere stories live. Discover now