CAPITOLO 8

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Quando l'ascensore si aprì al Sottolivello Uno, mi trovai al buio. Seguii il labirinto di vetro satinato alla luce degli indicatori delle uscite d'emergenza, e a quella trrmolante degli schermi dei compiter. Oltrepassai una biblioteca piena di documenti troppo delicati per essere accessibili alle primine. Camminai lungo una balconata che si affaccia su una strada enorme, altra tre piani e grande come una palestra, dotata di pareti mobili e disseminata di manichini. Bex e io la chiamaimo la casa delle bambole: il posto in cui le spie vanno a giocare.

Man mano che mi avvicinavo all'aula il corridoio diventava sempre più luminoso, e presto intravidi in controluce, al di là di una parete di vetro, le sagome delle mie compagne. Nessuno parlava. Non il professor Solomon. Non una di loro.

Mi avvicinai di nascosto alla porta aperta: le mie compagne erano sedute ai loro soliti posti, mentre il professor Solomon stava appollaiato su una bassa libreriain fondo all'aula, con il busto inclinato un po' all'indietro e le mani aggrappate al legno scuro.

Esitai a lungo, non sapevo come comportarmi. Alla fine entrai e dissi: " Ho la bottiglia".

ma Joe Solomon non sorrise. Non disse "ben fatto". Non mi si girò neppure e rimase appoggiato alla scaffale, con lo sguardo fisso sulle piastrelle biamche del pavimento.

"Entri, signorina Morgan" disse a bassa voce. "La aspettavamo."

Mi diressi verso il mio banco nelle ultime file, e fu allora che le vidi, le due sedie vuote. Cercai gli occhi delle mie compagne, ma nessuna di loro restituì lo sguardo.

"Dovrebbero essere di ritorno a..." comincia, ma il professor Solomon sollevò un telecomando e schiacciò un tasto. La stanza piombò nell'oscurità, tranne che per il lungo cono di luce di un proiettore acceso, accanto a lui. Io no trovai al centro del fascio, il mio profilo si stagliava contro l'immagine che si illuminò sullo schermo.

Nella foto, Bex era seduta sul muretto di fronte alla biblioteca di Roseville. Si sentì un click e l'immagine cambiò. Vidi Liz sbirciare da diestro un albero, una pessima mossa: il professor Solomon non fece commenti, ma il suo silenzio era anche peggio. Un altro click. Bex si stava guardando diesto le spalle, mentre attraversava la strada. Click. Liz accanto al baracchino delle frittelle.

"Ponga la domanda, signorina Morgan" disse lui, con una voce che rieccheggiò nell'oscurità come un cattivo presagio. "Non vuole sapere dove si trovano?"

Volevo saperlo, ma avevo quasi paura della risposta. Sullo schermo scorrevano altre immagini, foto scattate di nascosto da una squadra ben addestrata, ben appostata. Bex e Liz non si erano accorte di niemte e neanche io, epoure quelcuno aveva seguito ogni nostro passo. Mi sentii braccata.

"Mi cheda perché non sono qui" insistette Solomon. Distinguevo il suo profilo scuro. Teneva le braccia conserte. "Lei vuole diventare una spia, vero, CAMALEONTE?" Il mio nome in codice si riduceva a uno sberleffo sulla sua labbra. "Ora, mi dice che cosa succede alle spie che vengono scoperte."

No, pensai.

Un altro click.

È BEX QUELLA? Ma no, lei era con il professor Smith era al sicuro; eppure non riuscivo a distogliere lo sguardo dall'immagine scusa e sgranata sullo schermo, dal viso sanguinante, gonfio che mi fissava di rimando. E tramavano per la mai amica.

"Non cominceranno da Bex, sapete" continuò lui. "Comincerenno da Liz."

Un altro click e stava guardando un paio di braccia sottili legate dietro una sedia e una cascata di capelli biondi sporchi di sangue. "Sono molto bravi nel loro mestiere. Sanno che Bex incassa bene i pugni, e che ciò che le farebbe più male è sentir urlare la sua amica."

VORREI DIRTI CHE TI AMO MA POI DOVREI UCCIDERTIWhere stories live. Discover now