12. Third place, room 316

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La logica di Hoseok era sempre stata semplice: avere tanti soldi deve condizionare la tua vita? Sempre. Magari era facilmente inquadrabile come un ragazzo viziato o pieno di difetti, ma in realtà lui era molto altruista e pronto a fare di tutto in suo potere pur di stare al meglio con i suoi amici; proprio per questo metteva sempre a disposizione il denaro e casa sua era sempre aperta.


Taehyung al contrario, nonostante fosse il primo ad aver bisogno, odiava mostrare le sue debolezze e soprattutto odiava che le persone lo aiutassero.

Appena arrivati alla stazione, il ragazzo dai capelli argentati si era opposto con tutte le sue forze purché non prendessero un treno regionale: preferiva prendere uno di quelli che si fermava nella periferia di Seoul per caricare le merci dai grandi magazzini e fare poi a piedi quelle poche centinaia di metri, ma Hoseok era testa dura peggio del suo compagno e lo trascinò sul treno, gli pagò il biglietto e partirono.

Quando arrivarono alla stazione decisero che era meglio dividersi, e quindi Taehyung usò i pochi spiccioli che aveva per prendere un pullman e arrivare vicino casa.

Non poteva sapere della tragedia che lo attendeva.

Il ragazzo percorse la via e vide in lontananza varie persone, delle transenne e molte auto. Più si avvicino, più capì la situazione: due furgoni e tre jeep della polizia, tre uomini con guanti, impermeabile e mascherina e due vigili che controllavano la scena. La scena del crimine.

Il cuore del ragazzo cominciò a battere forte: cosa poteva essere successo? Suo padre? Sua sorella?
Se fosse successo qualcosa a Jin Eun in sua assenza non se lo sarebbe mai perdonato.

Uno dei poliziotti si avvicinò a Taehyung -che appena ebbe capito si mise a correre- e allungò una mano.
"Ragazzino, non puoi stare qui"

Taehyung corrugò la fronte e cercò di recuperare il fiato perso nella corsa pee calmarsi.
"Io qui ci abito!" Sbottò.
Il carabiniere fece segno al collega di avvicinarsi e gli sussurrò qualcosa all'orecchiò, e poi l'altro parlò.
"Nome?"

A differenza del suo collega, basso e in carne, quel vigile era alto e snello e aveva una voce molto più nasale.
"Kim Taehyung. Vivo qui con mio padre Kim Geu Yong e mia sorella Kim Jin Eun e pretendo di sapere perché siete qui"

I due vigili si guardarono tra di loro, come se gli fosse venuta in mente la stessa cosa nello stesso istante.
"Non sa nulla..." disse il vigile più basso. Si avvicinò ad un vigile della scientifica e prese un kit contenente una mascherina, dei copriscarpa in plastica e dei guanti e poi li porse a Taehyung.

"Vieni con me, ma non devi toccare assolutamente niente"
Il ragazzo osservò gli oggetti e tremò, ma il senso di angoscia e di inquietudine per quello che poteva essere successo superò la paura e il disgusto, quindi indossò i vari oggetti e seguì il vigile oltre i nastri gialli.

Prima di entrare, Taehyung e il carabiniere si fermarono davanti alla porta. Da lì il ragazzo notò un terzo vigile che parlava con una coppia a lui conosciuta, i suoi vicini di casa. La loro abitazione non era molto lontana e anche loro erano i primi di una famiglia che tirava avanti coi piedi nella neve.

"Senti... detto chiaramente. Ti impressioni facilmente?" Chiese l'uomo, e Taehyung piegò la testa non capendo. "Sangue... armi... cadaveri?"
Appena sentì quelle parole il ragazzo sbiancò; deglutì e scosse la testa, deciso ad entrare.

Lui per primo spinse la porta e si fece strada nella baracca: era un totale disastro, affollata di persone che osservavano il disordine fotografavano qua e là.
Sedie a terra, la libreria rovesciata, bottiglie rotte... e tanto, tanto sangue.

Ad un certo punto il vigile gli picchiettò con un dito sulla spalla e attirò la sua attenzione, poi indicò il divano. Taehyung spostò lo sguardo e rabbrividì: sentì le gambe cedere, lo stomaco voleva aprire la pelle e svuotarsi sul pavimento, gli occhi volevano chiudersi ma non riuscivano a staccarsi dalla scena.

Suo padre era seduto sul divano con la testa spaccata e colma di schegge di vetro, tra le dita aveva ancora il collo di una bottiglia di birra, e stava in un bagno di sangue.
Taehyung sgranò gli occhi: era incapace di parlare o di muoversi, di pensare, di fare qualsiasi cosa.

"È stato trovato così ieri sera" la voce del vigile lo riportò alla realtà, leggermente ovattata dalla mascherina che avevano messo per coprire la puzza di cadavere. "I signori Myeong hanno sentito le urla di sua sorella e hanno chiamato il pronto soccorso-"

"Le urla di mia sorella? Dov'è mia sorella? Sta bene?" Taehyung si allarmò e aggredì il poliziotto di domande. Sentiva gli occhi lucidi e desiderava solo urlare, vomitare fuori tutta la rabbia che aveva in corpo.

"Sua sorella è stata trovata svenuta con una gamba e il ventre dissanguati. Ora è in ospedale ed è ancora incosciente"

Il ragazzo dai capelli argentati sentì come se qualcuno avesse stretto tutti i suoi organi interni in un pugno e li avesse appallottolati e gettati nell'immondizia.
Taehyung si portò una mano al viso e si strappò la mascherina di dosso, doveva andarsene. Scappare. Correre. Velocemente corse verso il bagno e si sporse all'ultimo momento per rigettare.

Il vigile lo raggiunse e lo guardò dalla porta, dandogli i suoi spazi, mentre il ragazzo si avvicinava al lavandino per sciacquarsi tra acqua, urla e lacrime.

Gli tremavano le mani e le braccia, le nocche erano bianche tale era forte la presa ai bordi del lavello.
Taehyung si lasciò andare ad una serie di lamenti e imprechi, la voce era rotta mentre invocava l'anima di sua madre e chiedeva perché.

Perché a lei. Cosa aveva fatto Jin Eun per meritarsi una tragedia simile. Perché a lei che era così piccola, innocente e fragile e non a lui che avrebbe potuto sopportarlo.
Quando ebbe finito di sfogarsi e si fu calmato, prese il cellulare dalla tasca e compose un numero, sbagliando più volte per le dita tremanti.

"Pronto?"

Taehyung guardò verso il poliziotto e questo fece qualche passo verso il centro dell'abitazione, allontanandosi dalla soglia.
Il ragazzo prese un respiro profondo e si appoggiò di nuovo al lavandino con la mano libera.

"Y-Yoongi... m-mi servirebbe u-un favore..."

~

Jungkook e Jimin entrarono di corsa nell'Ospedale e avanzarono fino alla reception. Un'infermiera con i capelli corvini stava al computer e alzò lo sguardo quando li vide.
"Posso fare qualcosa che voi?" Disse in tono civettuolo passando lo sguardo da un ragazzo all'altro, e portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Kim Jin Eun." Disse semplicemente Jungkook con tono e sguardo duri.
La ragazza portò le mani intrecciate sotto il mento, facendo ciondolare tra le dita la sua biro blu: "Siete parenti?"

Jungkook scosse la testa: "no"
"Allora amici?"

Il ragazzo strinse i pugni: "nemmeno, ma-"
"Allora penso di non potervi aiutare"
l'infermiera tornò con gli occhi puntati sullo schermo e si appoggiò allo schienale della sedia per stare comoda.

Jungkook emise un basso ringhio e fece un passo, pronto per ribattere, ma Jimin gli mise una mano sulla spalla e lo superò. Si appoggiò con le braccia al bancone e si chinò all'altezza della ragazza.
"Lalisa, giusto? Io sono Jimin"

Lei ghignò ma non staccò lo sguardo dal computer: "con me non attacca, tesoro"
"Il nostro migliore amico è qui con sua sorella che è ricoverata qui. Sappiamo di non essere nella cerchia stretta, ma puoi fare qualcosa per noi, no?"
E detto questo le fece l'occhiolino.

La ragazza mostrò un sorriso smagliante e digitò con facilità le lettere sulla tastiera.
"Kim Jin Eun, reparto rianimazione. Terzo piano, stanza 316" disse, poi catturò il labbro inferiore tra i denti: "mentre io sto qui fino all'ora di pranzo"

Jimin ghignò a sua volta: "e puoi restarci, cara"
Il bruno trascinò per un braccio Jungkook verso l'ascensore sotto gli occhi sgranati della ragazza, e premette il pulsante per chiamarla.

Una volta dentro, Jungkook premette il 3 e si appoggiò a una delle due pareti con Jimin di fronte a lui.
"Ma tu non eri il dolce e indifeso Mochi?"
Jimin in risposta si grattò la nuca imbarazzato, mostrando magari quel po' di vergogna che aveva tenuto nascosta in quei minuti: "beh, diciamo che ho imparato tanto negli anni..."

Jungkook scosse la testa e ridacchiò: "ti preferisco al naturale più che con questa messinscena sai?"
La smorfia imbarazzata di Jimin si trasformò in un sorrisino malizioso: inarcò un sopracciglio e fece due passi verso Jungkook, bloccandolo poi con le sue mani poggiate ai lati del suo corpo.

"Perché, non ti piaccio così?" Sussurrò a un palmo dal suo viso. Il più piccolo deglutì impercettibilmente e scosse la testa, e Jimin rise. "Eppure a me sembra di sì..." disse con tono innocente, e fece scivolare i polpastrelli della mano destra sul suo petto.

"Jimin..." Jungkook tremò sotto di lui e si sentì in imbarazzo, cosa che fece sorridere internamente ed esternamente il più grande. "queste tue avances mi piacciono e non poco... ma non sono esattamente dell'umore"

𝕀𝕟 ℝ𝕖𝕧𝕚𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 - Aɴ Aɴɢᴇʟ ᴍᴀᴅᴇ ᴍᴇ Sɪɴ  ||Jikook - Kookmin||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora