le urla dei pazienti ricoprirono ogni angolo del corridoio.
sgranai gli occhi senza dare troppa importanza al sole, creato appositamente per bruciarmi la pelle ogni mattina.
<dannata finestra> esclamai, cercando di coprirmi il viso con l'aiuto del cuscino.
per un attimo mi tornarono in mente le parole di Gregor, e che avrei dovuto fare finta di non essere a conoscenza di quella conversazione, per riuscire a scoprire le intenzioni di quel dottore.
provai a mettere da parte il mio odio verso il sole e con un balzo mi ritrovai in piedi, aspettando che qualcuno venisse ad aprire la porta della mia stanza.
passarono i secondi, minuti, ma ancora nulla.
il corridoio rimase vuoto, un po' come il mio cervello da quando mi ritrovo in questo posto.
decisi di tornare a letto, ma in quel preciso istante una chiave entrò dentro la serratura.
la porta si aprì lasciando spazio alla persona che meno avrei voluto vedere.
<dov'è Gregor?> sbottai infastidito dalla situazione.
<mi dispiace Kim, mi occuperò io di te> rispose Jeon con un sorriso beffardo.
non mi sarei opposto, specialmente con uno come lui.
decisi di assecondarlo e varcammo la soglia della porta, fino ad arrivare nell'atrio, con solo due medici intenti a firmare vari permessi.
<prenderai un po' di aria> rivolse il suo sguardo verso di me, cercando di farmi pesare la cosa il meno possibile.
nel mio viso si formò una smorfia di disgusto, ma cercai di non farglielo notare più di tanto.
arrivati a destinazione, mi si presentò una terrazza più o meno grande, piena di persone dalle mille sfaccettature.
chi ammirava quella palla infuocata come se non l'avesse mai vista, chi urlava, chi con disprezzo avrebbe voluto strapparsi i capelli, ma senza nessuna possibilità per via delle guardie munite di manganelli.
effettivamente, non mi sentivo molto diverso da loro, solo che il sole avrei preferito guardarlo da lontano.
<Kim, troviamo un posto più tranquillo>
quella frase suonò come un campanellino d'allarme nella mia testa.
<perché?> quelle parole uscirono con facilità dalla mia bocca, forse per la troppa curiosità.
<qui le domande le faccio io> rispose con tono saccente, cosa che mi fece innervosire.
<ecco, lì c'è un muretto> continuò, per poi raggiungere la meta a passo spedito.
non riuscivo a tenere gli occhi bene aperti, sia per la troppa luce che per la mancanza di sonno.
speravo che questa situazione finisse molto velocemente, per poi ritornare nelle mie quattro mura, che in tutta sincerità non sentivo mie.
in quel momento avrei preferito tenere una tavolozza tra le mani, da sporcare con tutte le mie emozioni, come facevo prima.
ma in realtà ero solo, anche in questo mare di gente, dove tutti mi sembravano trasparenti.
le voci mi avevano abbandonato, e prendere decisioni con facilità era diventata un'impresa ardua.
<ci sei?> disse Jeon, mentre continuava a passarmi ripetutamente la mano sul viso, nell'intento di farmi ritornare alla realtà.
afferrai delicatamente il suo polso con l'aiuto dei denti-unica parte del corpo disponibile per via della camicia di forza- per poi portarlo lontano da me.
quel lembo di pelle diventò subito rosso e visibilmente irritato.
nel suo volto riuscì a scorgere un po' di terrore, cosa che mi fece sentire potente.
<non toccarmi> prese coraggio e poi parlò, quasi con un tono di sfida.
lo guardai dritto negli occhi, ma realmente, cercai di guardare un po' più in fondo, dove si celavano i pensieri più oscuri.
<se non ti vado bene, perché ti ostini a seguirmi?> gli chiesi.
<perché ho un conto in sospeso> portò le mani in alto, quasi per discolparsi dalle sue azioni.
numerosi dubbi, domande, curiosità affiorarono nella mia testa.
<e non chiedermi altro, perché non è di tua competenza saperlo>
il mio volto diventò sempre più caldo, come se dovesse uscirmi il fumo dalle orecchie da un momento all'altro.
odiavo essere trattato come uno stupido.
<a quale cazzo di gioco stai giocando, Jeon?> mi alzai in piedi, per poi urlare a squarciagola.
restò immobile di fronte a me, senza battere ciglio.
<parla, ho detto> mi buttai sopra di lui, facendolo cadere a terra.
il mio corpo bloccò il suo con estrema facilità, per via della sua bassa resistenza.
la sua testa iniziò a muoversi: prima a destra e poi sinistra, mentre mimivava un "no" con la bocca.
ora, nemmeno un filo di preoccupazione sul suo volto, tantomeno la voglia di dirmi tutto quello che avrei voluto sentire.
premette ripetutamente la parte interna della sua guancia con l'aiuto della lingua, per poi spostarsi sulle labbra, inumidendole.
<ti stai cacciando nei guai, amico> quelle furono le ultime parole che le mie orecchie riuscirono a sentire.
all'improvviso, sentì una forte pressione sul braccio, poi il buio più totale.SPAZIO AUTRICE
salve gente, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
secondo voi, che ha intenzione di fare jungkook?