falling down.

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rannicchiato con le gambe al petto, la schiena appoggiata al muro della mia stanza e la tristezza addosso, come ogni notte.
il vento soffia forte, prendendosi gioco dei pochi rami lì intorno, spostandoli a suo piacimento da una parte all'altra.
troppi pensieri vagano liberamente per la mia testa, ormai da ore.
le voci sono tornate, ma quasi non le riconosco più, mi assillano come se fossero arrabbiate.
nuove lacrime bruciano senza ritegno i miei occhi, ma non piango per felicità, tantomeno per tristezza, solo per confusione.
spingo fortemente la testa contro il muro, ma non penso al dolore, non mi importa.
lo cerco sempre, l'autodistruzione fa parte di me, ormai da anni.
non provo più emozioni felici, mi hanno abbandonato tempo fa, proprio nel giorno in cui ho maneggiato per la prima volta l'unica arma in grado di attenuare i miei problemi.
ma la settimana scorsa, rivedendo il mio caro Jimin, ho rispolverato nei cassetti della memoria -ormai serrati da tempo- il significato della parola "speranza".
sono passati giorni da quando non vedo i suoi occhi, tantomeno quelli del dottor Jeon.
è sparito da una settimana, ma nessuno sa realmente dove si trovi.
mi alzai di scatto, andando a posizionarmi dietro la porta, nella speranza di riuscire a sentire qualcosa.
"dannazione, la possibilità di trovarlo a quest'ora è davvero minima" pensai, riportando lo sguardo verso la finestra.
e in quel momento, la consapevolezza di essere totalmente estraneo alla sua vita aumentò a dismisura.
non sapevo se questa lunga assenza fosse dovuta a un problema familiare, di salute o semplicemente per staccare un po' la spina.
l'ansia prese il sopravvento, non avrei sopportato l'arrivo di un nuovo psicologo, intento ad estrapolare tutti i miei pensieri con forza.
ad interrompere quel momento, fu un forte trambusto proveniente dal corridoio.
<controllate tutte le stanze> parlò un uomo con fare autoritario.
<si dottore> rispose l'altro al fianco di quest'ultimo.
non capivo cosa stesse succedendo, tantomeno il motivo di questa perquisizione.
riuscì a percepire la vicinanza di quelle voci, il forte rumore del manganello contro le varie superfici in acciaio e i passi svelti dei vari dottori.
corrugai le sopracciglia di fronte allo sguardo di fuoco dei vari medici, ormai sulla soglia della porta.
<setacciate ogni angolo> ordinò uno di essi.
subito gli altri due misero a soqquadro la mia stanza, senza dare spiegazioni, nemmeno importanza al mio stato confusionale.
non c'era molto da vedere: il mio letto sfatto da giorni con accanto un cuscino ancora pronto per essere usato.
<fermi, qui ci penso io> si precipitò Gregor, interrompendo quello per cui erano venuti i vari dottori.
<guarderò attentamente in ogni angolo, statene certi> continuò, cercando di risultare convincente di fronte ai vari volti ancora infuriati.
in men che non si dica, i medici annuirono, per poi proseguire il controllo al di fuori.
<che diamine sta succedendo?> domandai alla persona di fronte a me, che ormai non amavo definire come una semplice guardia.
<spaccio illegale di sostanze stupefacenti> rispose.
lasciò il suo manganello a terra, non curante del rumore appena scaturito, per poi sistemarsi comodamente su una sedia.
<in un ospedale?> chiesi alquanto confuso.
<beh, la sorveglianza scarseggia e questo è il risultato> parlò, per poi scrollare le spalle, nella totale indifferenza.
la mia preoccupazione svanì all'istante, completamente sicuro di non essere il colpevole che tutti cercano, almeno questa volta.
<beh, sotto terra finiremo tutti, anche chi beve solamente acqua, quindi perché non godersi la vita?> un sorriso malizioso si fece strada sul mio volto.
ricambiò lo sguardo, sorridendo di rimando, uno di quei sorrisi che gli illuminarono il volto.
ma in quel preciso istante, le varie domande sulla scomparsa di Jeon, tornarono a galla.
<senti, ho bisogno di chiederti una cosa> lo guardai dritto negli occhi, aspettando un cenno da parte sua, che puntualmente arrivò.
<sai dov'è finito Jeon? > gli domandai, un po' incerto della sua risposta.
<ah ecco... avrei dovuto dirtelo oggi pomeriggio, ma ho avuto molto lavoro da fare> lentamente lasciò quella sedia.
a passo lento riprese l'oggetto lasciato al suolo in precedenza, soffermandosi di fronte a me.
<ha preso una settimana di ferie, mi ha detto che stava lavorando a un caso molto importante, però non mi ha spiegato di cosa si tratti>
e pian piano la sua mano aderì sempre di più sulla mia guancia.
<torna domani, stai tranquillo> disse marcando l'ultima parola.
e finalmente uscì, ritornando ad essere severo e distaccato di fronte ai suoi colleghi.
<grazie> sussurrai.

Spazio autrice
salve gente, perdonatemi per la lunghissima assenza, ma è ricominciata la scuola e sono sempre stanca.
questo è un capitolo di passaggio ma nel prossimo si scoprirà una cosa molto importante ai fini della trama. 🥀

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 20, 2018 ⏰

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