Parte 4: Club Dei Cuori Spezzati

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Quando Erin si sveglia, si rende conto di avere la faccia spiaccicata contro il bracciolo del divano.
Niente di tragico, fortunatamente.

Con uno sbadiglio esageratamente rumoroso, si alza e cammina a piedi nudi verso la cucina; ha avuto persino l'accortezza di indossare il pigiama!
Ivy sta ancora dormendo, quindi deve necessariamente scendere per andare alla caffetteria dall'altro lato della strada per prendere un cappuccino. Piagnucola quando si ricorda che la sua preziosa tazza è inutilizzabile.
Fa dietrofront e va nella sua stanza, indossando una felpa troppo grande per lei sulla t-shirt che usa come pigiama e infila le prime scarpe che trova, non curandosi di avere ancora i pantaloni della tuta.
Passa le mani tra i corti capelli spettinati, afferra il cellulare e qualche sterlina, poi quasi si catapulta verso la porta.
Il cielo è grigio e fa freddo, constata che sono solo le otto del mattino e si rende conto che non si è propriamente ubriacata, visto che si sente quasi fresca come una rosa.
Si fa per dire.

Quando entra nella caffetteria Jared, il barista, le sorride gentilmente.

"Il solito?" domanda, iniziando a preparare un bicchiere di cartone.

"Sì, grazie" sbotta Erin, sfregandosi il viso, "Ti lascio i soldi qui. La cassa è troppo lontana"

Jared ridacchia, "Certamente"

Senza altre parole, bastano pochi minuti affinché la sua bevanda sia pronta. Velocemente, afferra il bicchiere e prende un sorso di latte, mugugnando di sollievo. "Gesù. Sono felice che questo bar sia di fronte casa mia" asserisce, scendendo dallo sgabello con un saltello, "Sei un angelo, Jared"

Il ragazzo ride, "Buona giornata, Erin!"

Uscita dalla caffetteria, cammina per altri cinque minuti fino ad arrivare al panificio della signora Rose, comprando un sacchetto di biscotti danesi e degli infusi di camomilla e miele, la ricetta per il dopo sbronza che lei e Ivy hanno perfezionato negli anni. Più che altro, è una ricetta per i cuori infranti.

Canticchia qualcosa mentre infila la chiave nella serratura per aprire il portone, ignorando il chiacchiericcio troppo turbolento delle signore che vivono al piano terra e che ogni mattina si incontrano davanti alla portineria. Quando entra in casa, l'atmosfera tesa la colpisce come una violenta secchiata d'acqua fredda.
Di fronte a lei, Ashton sta uscendo dalla camera della sua migliore amica con quello che sembra un nido di uccellini in testa e le guance color cremisi, mentre tiene in mano il suo giubbotto.

"Oh- ehm, buongiorno Erin" la saluta, deglutendo.
Erin lo occhieggia sospettosa, "Vuoi fare colazione?" gli chiede, cercando di non mostrare la sua curiosità.

Ashton scuote la testa, "No, grazie. Devo scappare, Calum ha un incontro con lo sponsor"

"Ok allora, buona giornata" esclama, rimanendo interdetta perché il ragazzo sembra essersi volatilizzato. Bah, chi li capisce gli uomini.

Ivy arriva in cucina non appena sente la porta scattare, avvolta da una ridicola vestaglia di lana lilla e con i piedi coperti da calze arcobaleno. Sobria, insomma.

"Hey, Ivy" sorride Erin, avvicinandosi per afferrarle la mano e trascinarla sul divano, "Non per farmi i fatti tuoi ma- Ashton è uscito dalla tua camera un attimo fa"

"Sì" annuisce Ivy, gli occhi persi nel nulla, "Si è addormentato sul pavimento"

"Sicura?" rincara la mora, guardandola con un sopracciglio alzato.

"Mi ha aiutata ieri, Erin" aggiunge la ragazza, "Ero ridotta come uno straccio. È stato solo gentile"

"Beh, a quanto pare quei due ragazzi sono due angeli mandati da Dio per rendere la nostra vita migliore" scherza Erin, prima di sospirare.

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