14. Frecciatine

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Il giorno dopo la litigata con Federico, Michael mi invitò a studiare con lui ed io accettai.
Dopo le lezioni mi accompagnò alla sua macchina nera e mi aprì la portiera, sorridendo.
Lo ringraziai e lui mi fece l'occhiolino, al quale risposi con un leggero sorriso, per poi allacciarmi la cintura dopo essermi seduta ed aver chiuso la portiera.
Michael salì al posto del guidatore, poi partì verso casa sua.
«Allora cos'è successo?» mi chiese dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante.
Posai uno sguardo interrogativo su di lui, che teneva fisso lo sguardo sulla strada.
«Di che parli?»
«Tu e Stewart. Ho notato che non vi siete parlati tutto il giorno.»
Ebbi un vuoto allo stomaco.
Non risposi subito, la mia mente tornò al litigio del giorno prima nel giro di pochi secondi, poi tornai alla realtà.
«Solo... Un piccolo litigio...» borbottai, guardandomi i piedi.
«Nulla di grave spero» esclamò guardandomi un attimo, per poi tornare alla strada.
Sospirai, scuotendo la testa.
Lui sospirò a sua volta ed accese un po' di musica.

Casa sua non era grande.
Appena entrati ci ritrovammo in un salotto dalle pareti azzurre, dove c'era un tavolino in vetro ed un divano nero alle quali spalle vi era una finestra, che affacciava sulla strada.
Il bagno era alla sinistra del divano.
A sinistra dall'entrata vi era la stanza, dove mi fece posare lo zaino e le scarpe, mentre sulla destra vi era la cucina.
«Vuoi qualcosa da bere?» chiese guardandomi, dopo avermi fatto vedere la casa.
«Un po' d'acqua naturale per favore» mi strinsi nelle spalle, osservando la cucina dalle pareti azzurre.
«La casa non è il massimo ma...» introdusse, porgendomi il bicchiere di vetro pieno d'acqua.
«Tranquillo» lo rassicurai con un sorriso. «Non ci bado più di tanto, nè ti giudico.»
Lui sorrise e si versò un po' di sangue in un bicchiere di vetro, senza badarci molto.
Io distolsi immediatamente lo sguardo, cercando di nascondere il disgusto; nonostante fossi abituata ai tre fratelli Stewart, non ero mai stata così vicina a del sangue, per di più versato in un bicchiere di vetro.
Il suo odore pungente e metallico invase disgustosamente le mie narici e smisi di respirare per non odorarlo, quando non ce la feci più, nascosi il mio naso nel bicchiere, bevendo un sorso d'acqua.
Michael sembrò accorgersene ed allunganò il bicchiere.
«Oh! Scusa, non ci ho fatto caso, pensavo fossi abituata al sangue»
Finii l'acqua velocemente.
«Tranquillo» dissi per la seconda volta, non volevo che lui dovesse rammaricarsi per colpa mia. «Bevi tranquillamente» sorrisi, stringendomi nelle spalle, facendo qualche passo indietro per mettere distanza tra me e il forte odore di sangue.
Lui, di rimando, scolò in fretta la sua bevanda, risparmiandomi altro motivo di disgusto e gliene fui grata.
«Allora, compiti?» annunciò, mettendo i due bicchieri nel lavandino.
Annuii, andando velocemente a prendere lo zaino.
Passammo quasi tutto il pomeriggio a fare i compiti della settimana e quelli assegnati per quella dopo. Fui felice di avere un modo di distrarmi dal fatto che io e Federico eravamo in lite.
Finiti quasi tutti i compiti, infatti dopo qualche ora decidemmo di arrenderci: io ero stanca e lui non aveva più voglia di continuare, così andammo in salotto a guardare un po' di televisione, mentre sgranocchiavamo qualche spuntino arrangiato.
«È per colpa mia non è vero?» spezzò il silenzio tra di noi dopo qualche minuto di pubblicità alla televisione.
Mi voltai verso di lui con un'espressione confusa, non capendo a cosa si stesse riferendo.
«Cosa?» gli domandai.
«Sono io la causa del vostro litigio? Intendo quello tra te e Stewart» si spiegò, sedendosi composto sul divano, guardandomi negli occhi.
Arrossii, sperando che non si notasse; mi misi a gambe incrociate, stringendomi le caviglie con le mani e spostando lo sguardo sulla la televisione, a disagio.
Non gli risposi subito, cosa che probabilmente gli fece intuire di aver indovinato, ma non era così.
«No. Non è colpa tua.» dissi infine, riportando lo sguardo su di lui «È colpa del suo orgoglio.»
Michael alzò le sopracciglia, come se fosse lui a non capire adesso, perciò decisi di spiegarmi meglio.
«Non vuole chiederti scusa per averti incolpato senza alcuna prova.»
Lui alzò le sopracciglia, annuendo. Era evidente che lo immaginasse.
«Beh non ho bisogno delle sue scuse per dormire la notte. Mi basterebbe che la smettesse di prendersela con me senza alcun motivo» sospirò stringendosi nelle spalle, poi afferrò il telecomando e tolse il volume alla pubblicità che stava diventando piuttosto fastidiosa.
«Lo so. Ma è testardo come un mulo!» risposi con un pizzico di nervosismo, poi tirai un sospiro e mi sistemai i capelli, in imbarazzo.
«Non dovresti essere tu ad avercela con lui, Sara.»
«Perché no? Hai dimostrato di essere una persona affidabile più di una volta, quindi perché non dovrei avercela con lui se non ha intenzione di scusarsi per essere stato uno stronzo con te?»
«Perché non ne vale la pena» si strinse nelle spalle, scuotendo la testa con sufficienza.
«Questo lo dici tu. Per me vale eccome la pena. Sei mio amico, Michael» ammisi infine, guardandolo con determinazione; sembrò essere sorpreso dalla mia ultima affermazione.
Per la prima volta spostò lo sguardo lontano dal mio, poi si alzò dal divano.
«Si è fatto tardi... vuoi rimanere a cena?» mi chiese, dopo aver dato uno sguardo all'orario sul suo telefono.
Molto probabilmente si sentiva a disagio dalla mia ultima affermazione, il ché mi fece sentire un po'in imbarazzo, ma anche leggermente intenerita.
«Uhm... Non so...» mi strinsi nelle spalle, non volevo recargli disturbo.
«Andiamo insisto!» accennò un sorriso.
«Non... Non vorrei disturbarti, davvero» abbozzai a mia volta un sorriso timido, guardandolo un istante negli occhi.
«Ma no, tranquilla. Perché dovresti disturbarmi? Per una volta che sono in compagnia di qualcuno» si strinse nelle spalle, mentre il suo sorriso si allargava, facendomi sentire un po'più a mio agio.
«D'accordo, ma prima dovrei chiedere ai miei genitori» lo avvertii, sbloccando il telefono, pronta a chiamare mia madre.
«Nessun problema.»
Effettuai la chiamata e le chiesi appunto se avessi potuto rimanere a cenare da Michael, lei prontamente rifiutò. Sospirai ed agganciai, poi scossi la testa guardando Michael.
«Non importa» rispose lui «Ti accompagno a casa almeno.»
«Ne sei sicuro? Non sei costretto» ero piuttosto imbarazzata. L'ultima cosa che volevo era scomodarlo o recargli disturbo.
«Certo, tranquilla» sorrise, poi spense la televisione «Altrimenti come torni a casa?»

Il viaggio non fu poi così male, lo passammo a chiacchierare di stupidaggini e non.
Fu gentile ad accompagnarmi a casa, dopotutto non era una persona così sgradevole o spaventosa. Lo ringraziai del passaggio e lo salutai prima di chiudere la portiera e tornare in casa.

Il venerdì sera uscimmo nuovamente. Andammo al Lungomare a farci un giro e a bere qualcosa. Quella sera si sarebbe tenuto un piccolo concerto in onore dei Queen e sarebbe stato divertente essere nei paraggi per ascoltare qualche canzone.
Danila non si fece scrupoli ad invitare anche Michael e per me non fu altro che un piacere sapere che lui non sarebbe mancato all'uscita.
Lo stesso non si poteva dire di Federico, che dopo aver udito Danila parlare con Michael a pausa, nei corridoi, divenne scuro in volto.
Gli avevo gettato un'occhiata dopo aver notato la sua figura alta leggermente più distante da noi tre; continuava a voler tenere alto il suo orgoglio e io a mia volta non avevo intenzione di cedergli il mio perdono.
Naturalmente avevo raccontato il motivo del nostro ultimo litigio a Danila e Giulia, che nonostante tutto non avevano intenzione di escludere l'invito anche a Federico.
Non che mi dispiacesse, anzi, il problema era suo, non mio.
In ogni caso la serata non fu così piacevole come al solito, il chè non mi sorprese affatto.
Io, Danila, Giulia e Luca cenammo al McDonald's per essere raggiunte in seguito da Federico e da Michael.
Tutti percepirono la tensione che si era venuta a formare dopo la loro aggregazione al nostro gruppo, o almeno così fu per me.
Avevo salutato Michael con un sorriso ed bacio sulla guancia, come ero solita fare, mentre venuto il turno di Federico fu come se il tempo si fosse bloccato e l'aria solidificata.
Eravamo entrambi rimasti immobili, a guardarci negli occhi. Non avevo idea di come salutarlo ed evidentemente lui era confuso quanto me, così si limitò ad alzare la mano a mezz'aria e ad accennare un "ciao".
Io lo imitai, con un pesante mattone sul petto.
Non parlammo molto per il resto della serata.

Il concerto all'aperto come tributo ai Queen non fu niente male, il cantante era strepitosamente simile a Freddie, nelle movenze e nella voce.
La band era riuscita a gudagnarsi l'affetto di tutto il pubblico, tanto da far si che quest'ultimo implorasse due bis.
Verso l'una di notte ci sedemmo sull'alta scalinata alla destra del McDonald's, non rimasimo lì a lungo, ma il tempo sufficiente a farmi voler tornare a casa.
«Allora... Qualcuno ha idea di cosa è successo al falò?» aveva chiesto Danila, provocandomi una fitta allo stomaco. Sapevo che aprendo il discordo si aspettava che Federico si sentisse preso in causa e di coconseguenza percepisse ancor più il peso del motivo della nostra litigata.
In qualche modo quella domanda voleva servire da introduzione alla nostra riconciliazione e a quella tra Michael e Federico.
Ma non fu così.
Federico sembrava volersene andare. Il suo sguardo era distante, allo stesso tempo ogni tanto si posava su Michael furente, come se con la semplice forza dello sguardo volesse incendiarlo.
«Il ragazzo è stato attaccato da un grosso cane» liquidò la domanda Federico, volgendo volutamente lo sguardo in direzione di Michael, che per ripicca non lo degnò di uno sguardo, piuttosto lo posò su di me con un impercettibile sorriso.
«Oh mamma...» sospirò Danila sgranando gli occhi. «Sapete se sta bene...?»
«So che è stato morso al fianco, la sua carne è stata lacerata fino a spezzare l'osso della gamba...» intervenne Michael. «Non penso possa camminare per un bel po'...»
Calò per qualche istante il silenzio, la situazione era inquietante.
Il fatto che quel ragazzo fosse stato attaccato a pochi metri da noi di notte ad una semplice festa...
Beh magari sotto la consapevolezza altrui poteva non apparire tanto spaventoso, sapendo trattarsi di un cane, ma con la mia consapevolezza... Beh... Era tutt'altra storia.
«Beh ragazzi, non deprimiamoci» Michael si alzò in piedi. «Chi vuole un  milkshake? Offro io» ci guardò uno ad uno, poi si avviò verso l'interno del McDonald's, non potemmo non seguirlo.
Guardai Federico con la coda dell'occhio. Era così scuro in volto da potersi confondere con il cielo di notte. In qualche modo volevo tornare indietro, buttare il mio orgoglio ed pasalic forte, ma in realtà quello che doveva buttar via l'orgoglio era proprio lui e questo pensiero bastò a proseguire dritta fin dentro al  fast food, senza deviare verso Federico.
La serata si concluse bene nel complesso, tranne che per l'energia che Fede emanava. Cavolo quanto avrei voluto che tornasse a casa per non poterci influenzare con la sua negatività, al contempo volevo solo prenderlo per mano e fingere che fosse tutto okay.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 28, 2022 ⏰

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