Capitolo 7, Passaggi

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Capitolo 7, Passaggi

Fu come chiudere gli occhi per un istante e riaprirli in un altro mondo. Non sapeva cosa diavolo fosse quel posto ma Lexa fu subito certa che non si trattasse di qualcosa di reale. Poteva sentirlo nell'aria, perfettamente immobile, quasi inconsistente e illusoria nonostante la pioggia che stava cadendole addosso. Anche l'acqua era strana, inumidiva i vestiti, i capelli, la pelle, ma non lo faceva nello stesso modo a cui era abituata. Il paesaggio intorno a lei era opprimente e sconfortante, fatto di imponenti costruzioni, alcune sembravano alte almeno quanto la torre di Polis, che impedivano la vista dell'orizzonte e lasciavano una visione obbligata del cielo. Ebbe subito la sensazione di trovarsi in una sorta di prigione dorata e scintillante. Sapeva, da alcuni dei libri che erano stati ritrovati intatti o pressoché tali, che quello doveva essere l'aspetto delle grandi città prima del Praimfaya e per la prima volta si rallegrò di non aver vissuto in quell'epoca. Tutto sembrava molto più opprimente e molto meno affascinante di quanto avesse immaginato nei suoi sogni di bambina e poi di ragazzina. Ma, forse, era colpa di quell'atmosfera irreale che la circondava.

Questa rapida carrellata di pensieri le aveva attraversato la mente come un lampo di consapevolezza mentre si guardava intorno in cerca di qualche punto di riferimento. Non ci fu bisogno di particolari ricerche perché nell'esatto momento in cui la sua mente si poggiò sul pensiero di Clarke, la sentì. La sua presenza era come un oggetto concreto appoggiato in qualche angolo di quella realtà e lei sapeva esattamente dove si trovava.

L'istante successivo scoprì che sapeva tutto ciò che era successo dall'altra parte dello specchio mentre lei era stata, come dire, assente. Non solo ciò che aveva intravisto nelle sue fugaci visioni, ma anche il resto. I chip, A.L.I.E., la Città della Luce. Era lì che era, dunque. Un'onda informe di emozioni stava per travolgerla ma decise di cavalcarla anziché farsene sommergere. Doveva fare in fretta, non era molto il tempo che avevano a disposizione.

Sguainò entrambe le spade e cominciò a correre a perdifiato per quelle strade ordinate, sentiva che Clarke era in pericolo e non c'era tempo da perdere. A quanto pareva sapeva esattamente quale direzione prendere.

Appena vide un paio di persone in lontananza prendere a calci e pugni qualcosa in cima a una scalinata, la rabbia si impossessò di lei e la guerriera che aveva dentro prese il sopravvento su ogni suo gesto.

Poteva scorgere altre persone in arrivo, così decise per un approccio dirompente. Arrivò senza rallentare al bordo del primo gradino poi con uno slancio si buttò in avanti mentre con le spade falciava i due che stavano colpendo Clarke. Un urlo di guerra le uscì istintivamente dalla gola mentre atterrava in fondo alla prima rampa e sciogliendo l'incrocio delle spade dovuto al colpo precedente, squarciava il ventre di altre due persone che stavano sopraggiungendo.

Poi, nonostante la folla in arrivo, suo malgrado, Lexa non riuscì a trattenersi e si voltò verso Clarke che ansimava a terra, il naso gocciolante di sangue e lo sguardo impaurito e sorpreso allo stesso tempo. Quando la Skaikru, in preda allo sconcerto disse incerta, "Lexa?", il cuore della Heda scoppiò di gioia e un sorriso di pura felicità le si allargò sul volto perché in quel preciso istante fu assolutamente certa che quella era la SUA Clarke. Aveva appena imparato una cosa che non avrebbe più scordato: non aveva senso passare le ore a chiedersi o a cercare le prove di quale versione di Clarke Griffin fosse quella giusta, sarebbe bastato vederla e l'avrebbe saputo e basta.

Per fortuna, nonostante la distrazione, aveva mantenuto la posizione di combattimento e quando arrivarono gli altri assalitori era pronta. A mani nude contro le sue spade non ebbero scampo e furono mortalmente trafitti dalla sua furia, uno dopo l'altro. Si prese il tempo di riprendere fiato e di osservare attentamente la situazione intorno a sé in cerca di eventuali altre minacce, prima di far nuovamente ricadere la sua attenzione su Clarke: il terrore dipinto sui suoi occhi era magnetico e trascinò Lexa verso il suo corpo dandole a malapena il tempo di riporre le spade nel fodero. Il braccio teso della sua amata verso di lei le trasmise un'urgenza quasi viscerale di afferrarla. Appena la prese la sentì aggrapparsi per tirarsi su e la aiutò fornendole come supporto anche l'altro braccio. Le avrebbe donato tutto il suo corpo per sorreggerla, per stringerla, per fondersi a lei. Era internamente combattuta tra due desideri opposti: uno possessivo, feroce, che le comandava di consumarla come il fuoco con lo stoppino di una candela; l'altra che aveva quasi paura di toccarla, di vederla svanire, di sentirla inconsistente al tocco come un ologramma. Vinse la seconda, la voglia di guardarla negli occhi prima di ogni altra cosa, per perdersi dentro di lei e così non essere mai più costretta a separarsene.

Come back in timeWhere stories live. Discover now