Capitolo 9, Strade
La notte era passata, attraversata da incubi inconsistenti e bruschi risvegli. Le luci dell'alba avevano accarezzato le palpebre di Lexa che non si sentiva affatto riposata. La consapevolezza di quanto era successo l'aspettava pronta a torturarle l'animo. Il dolore alla caviglia si presentò subito come una valida distrazione dalla pena della sua situazione. Tentando di mettersi faticosamente a sedere, si guardò intorno. Adesso riusciva a vedere bene ciò che la circondava. La cella era piuttosto grande, probabilmente sei metri per cinque. A parte lei e Melanippe, che osservava il cielo al di là della piccola feritoia, nella stanza c'era solo un po' di paglia e la ciotola che la ragazza le aveva offerto la sera prima. Nonostante si fosse certamente accorta del suo risveglio, la sua inquilina non le parlò e non distolse il suo sguardo, ricoperta come un manto dai suoi pensieri.
Dopo poco, si sentì nuovamente una porta che si apriva in lontananza e il passo solitario di qualcuno che si avvicinava.
La cella si aprì, stavolta senza alcun avvertimento. La guardia che entrò si rivolse a Melanippe, lanciandole ai piedi un'armatura di cuoio, dei calzari, un arco, una faretra e un fagotto.
Poi recuperò una sacca dall'esterno della cella e la gettò accanto a Lexa.
"Vogliate scusarci se non vi offriamo la colazione ma siamo certi che i vostri compagni provvederanno a rifocillarvi. Vi aspettano qua fuori. Torno tra 10 minuti. Muovetevi a vestirvi, non abbiamo tempo da perdere." l'uomo rivolse loro uno sguardo malizioso. Era evidente che non gli sarebbe dispiaciuto rimanere mentre loro si cambiavano, ma uscì comunque chiudendosi la porta alle spalle.
Melanippe sospirò. Accarezzò il suo arco con voluttà poi prese a infilarsi i calzari. Indossava quella sorta di sandali con cura, come fossero oggetti preziosi. Si alzò in piedi con una certa soddisfazione. Stava per togliersi il vestito di dosso quando si bloccò come improvvisamente colta dal ricordo della sua presenza. Arrossì.
"Ti serve una mano per vestirti?" le chiese indicando incerta la sacca.
"Ce la faccio da sola." rispose secca Lexa a cui non andava proprio di farsi spogliare e vestire da un'altra.
La ragazza annuì poi si voltò di spalle e si tolse il vestito, non con una certa insicurezza impacciata. La sua schiena dritta e muscolosa era puntellata qua e là da piccoli nei e numerose lentiggini. Usò gli stracci per coprirsi il seno, mentre, ancora rivolta al muro, si chinava aggraziata a raccogliere l'armatura con una mano. Nonostante fosse certamente molto pesante la alzò senza alcuno sforzo. Era chiaramente meno gracile di quanto non potesse sembrare a prima vista.
Lexa prese a spogliarsi a sua volta. Poi estrasse la propria armatura dalla sacca, che apprese con soddisfazione contenere anche le proprie spade.
Le costò molta fatica non chiedere aiuto in quell'operazione, ma appoggiandosi al muro riuscì a non sforzare troppo la caviglia. Quando ebbe finito di sistemarsi tornò a guardare Melanippe: si stagliava fiera contro la sudicia parete della cella, l'arco in spalla e il fagotto in mano. Aveva un aspetto completamente diverso rispetto a poco prima. L'armatura le conferiva una nuova sicurezza e non si poteva dubitare che fosse una guerriera. La stava osservando divertita, mentre Lexa con fatica si infilava le spade nel fodero.
"Non vorrai uscire con quello?" le disse indicandole la testa.
La Heda aveva dimenticato di togliersi lo straccio dalla testa. Con un gesto impaziente se lo tolse e lo gettò sprezzante a terra. I capelli si sciolsero da quell'abbraccio ricadendole scomposti sulle spalle.
Melanippe le lanciò uno sguardo intenso mentre arrossiva di nuovo leggermente. Poi prese a scuotersi la polvere dall'armatura concentrando tutta la sua attenzione su quell'operazione.
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Come back in time
FanfictionClexa ispirata al telefilm The 100. Lexa si risveglia improvvisamente dopo la sua morte ma qualcosa non va. Non c'è Clarke vicino a lei né Titus, sarà stato tutto un sogno?