II - Closed Epigraph: (Okabe) Arpeggio of Time Flexion

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OKABE

          15 Dicembre 2010

Alle prime luci della mattina raggiunsi il tempio di Yanabayashi.
Era stranamente deserto, tranne che per un paio di gatti randagi che stavano prendendo il sole nel cortile sotto il cielo d'inverno, e non c'era nessun segno di Rukako, che probabilmente era ancora a scuola, né dei suoi genitori.
Potevo parlare tranquillamente con Amadeus senza avere occhi puntati su di me. Prima di incontrare Mano e il professor Leskinen, avevo intenzione di confermare un mio sospetto su Kurisu.
Avviai l'applicazione...

Dovevo sempre fare attenzione al posto in cui mi trovavo quando si trattava di Amadeus: troppe volte avevo attirato l'attenzione dei passanti in luoghi affollati. Non potevo contattarla davanti alla mia famiglia o ai miei amici.
Il tempio era il punto più sicuro, a parte il fatto che Mayuri e Rukako sarebbero potuti spuntare da un momento all'altro.

  «Hello
Kurisu comparve sullo schermo del mio telefono. Senza nemmeno salutarla, iniziai:

  «Dobbiamo parlare.»

  «Non devi incontrare il professore e Maho tra poco? Di che si tratta?>>
L'avevo colta di sorpresa.
Annuii.
«Non hai niente di cui preoccuparti. Ti chiederanno qual è la tua impressione sul test e accederanno al sistema per vedere i progressi.»

  «È quello il punto.»
Non volevo che si insospettisse o che si facesse strane idee, quindi decisi di venire subito al dunque. «Le nostre conversazioni sono tutte registrate, vero?»

  «Te l'ho detto quando abbiamo iniziato: solo io ne ho l'accesso. Non mi stavi ascoltando o...?»

  «Questo significa che, se ti dico qualcosa di personale, Maho e il professor Leskinen ne saranno a conoscenza?!» la interruppi, alzando il mio tono di voce più di quando desiderassi.

  «L'hai capito solo ora?>> Kurisu alzò le sopracciglia, sorpresa.
Era troppo tardi per rimediare, erano passate già due settimane dalla nostra prima chiacchierata. Avrei dovuto pensarci quando avevo ottenuto la chiave di accesso al sistema.

  «Solo oggi.» ammisi.
«Ti ho detto qualcosa che non avrei dovuto dire in questi giorni?»
Amadeus scrollò le spalle.

  «A parte il fatto che non eri in grado di avvicinarti alle ragazze agli appuntamenti combinati? Oppure che i tuoi genitori sono fruttivendoli ma a te non piacciono le melanzane?»

  «Non è che non mi piacciano... Non le mangio spesso.» precisai.
Se intendeva questo per "personale", allora non c'era bisogno di preoccuparsi...

  «Oppure il fatto che, la prima volta che ci siamo incontrati, mi hai chiamata "Christina"?»
Mi morsi un labbro. L'avevo quasi dimenticato.
«I ricordi umani sono ambigui e, con il passare del tempo, diventano più soggettivi e tendono a essere compressi in un unico blocco di memoria. Indipendentemente dalla capacità di ricordare, è più comune rievocare parole che hanno lasciato un segno nella memoria e che a loro volta potrebbero alterare il resto della conversazione.»
Riuscivo a malapena a seguire il suo ragionamento.
Di che stava parlando?
«Non è una cosa negativa, è così che funzionano i ricordi umani, ma io sono un'IA.» Kurisu chiuse gli occhi. «Sono ancora in fase di ricerca. Infatti non riesco a replicare perfettamente l'ambiguità della memoria umana: non posso "dimenticare". Maho e il professore ci stanno lavorando.»

  «Ma all'ATF il professor Leskinen ha detto che il sistema Amadeus dimentica le informazioni non necessarie...» obiettai.

  «Sì, posso dimenticare, ma tengo tutto registrato nel mio "diario segreto". Se controllo quello, ricorderò ogni cosa. Capito?»
In altre parole, chiederle di dimenticare non sarebbe servito a nulla.
«Potesti anche provare a impedirmi l'accesso a un'area, ma non avrebbe senso: sarei comunque in grado di ricostruire il resto della conversazione. Se volessi alterare i miei ricordi, dovresti farlo dal sistema primario.»
Non avevo quel tipo di accesso e non capivo neanche alla perfezione il funzionamento del programma. Quello che sapevo era che Kurisu avrebbe continuato a chiedermi insistentemente perché l'avessi chiamata Christina, che io lo volessi o meno.
«Allora, vuoi dirmelo?»

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