«Va meglio?» chiesi dal mio posto sul divano, osservando Jenna mentre preparava del tè caldo, come piaceva a lei.
Quando ero arrivato a casa sua e l'avevo trovata a piangere sul pavimento, il cuore mi si era stretto in una morsa dolorosa. Odiavo vederla piangere, perché tutte le volte che succedeva mi sentivo impotente, incapace di fare qualsiasi cosa che potesse farla stare meglio.
Inconsciamente mi ero avvicinato a lei, aspettandomi di vederla rialzare velocemente le sue barriere. Sorprendendomi, però, aveva lasciato che l'aiutassi a sopportare quel dolore che le opprimeva il cuore.
L'avevo stretta forte a me, cullandola, incurante delle lacrime che mi bagnavano la maglietta, sentendola così fragile tra le mie braccia.
Jenna era quel tipo di persona che avrebbe fatto di tutto pur di far star meglio chi le stava a cuore, ma che si teneva tutto dentro fin quando non arrivava al limite. Esprimere i sentimenti, per lei, era una cosa molto privata che le richiedeva un'immensa fiducia nell'altra persona.
La vidi annuire e poi prendere le due tazze che aveva preparato, porgendomene una.
«Spero che lo zucchero vada bene. Attento che è bollente.» mi avvisò, lasciandomi un sorriso leggero che raggiunse di poco i suoi occhi ancora rossi.Si sedette in silenzio accanto a me, la tazza bollente a riscaldarle le mani. Volevo sapere cosa fosse successo ma non volevo darle fretta, quindi mi limitai ad aspettare, soffiando piano sulla bevanda.
«Grazie per... per prima.» esclamò improvvisamente, facendomi voltare il capo nella sua direzione, scoprendo che teneva lo sguardo basso mentre le sue gote erano arrossate. Sorrisi.
Lei nella mia vita era così familiare che pensavo di conoscere tutti i suoi tratti a memoria, invece alcune volte mi sorprendevo ad osservare un tratto nuovo, che fosse questo un rossore, un'espressione buffa, un luccichio nello sguardo, mi ritrovavo ad ammirarlo attentamente.
«Non so cosa mi sia preso...» si morse un labbro, scuotendo piano la testa. «Ad un tratto è diventato tutto buio e la paura mi ha assalita. Non riuscivo a muovermi, o a pensare, o perfino a respirare.» continuò, quasi in panico. Io non osavo interromperla, non smettendo di osservarla. «Poi tutto è divenuto troppo luminoso, ma era una luce rassicurante, mi faceva sentire protetta.» si fermò un attimo, forse per riordinare i pensieri, bevendo un piccolo sorso di tè. «Mi è sembrato come se in passato fossi stata parte di quella luce ma che mi sia allontanata da questa per molto, molto tempo. Non... non capisco perché sento tutte queste cose. Sento un vuoto dentro, come se mi fosse sempre mancato qualcosa che solo adesso ho scoperto mancasse. Vorrei crogiolarmi nelle lacrime e chiedere perdono ancora e ancora, non so a chi o a cosa o il perché e...» si ferma e si volta a guardarmi, gli occhi resi lucidi da lacrime non versate. «Non mi capisco. Non capisco, Cameron. Per favore, dimmi perché sento tutto questo.» finì, quasi implorante.
Sospirai guardandola, gli occhi lucidi e rossi che non mi lasciavano andare, tenendomi incatenato a lei, il labbro inferiore sottoposto ad una tortura dai suoi denti, e i cuoi capelli scuri scompigliati. Senza pensarci avvicinai una mano per spostarle una ciocca dietro l'orecchio, indugiando per un momento sulla sua guancia, incantato dall'effetto della mia mano scura e piena di piccoli taglietti sulla sua pelle candida e soffice. La sentii trattenere il fiato e, lentamente, ritrassi la mano.
«Quelli come noi vengono chiamati Discendenti della Luna.» iniziai così le mie spiegazioni. La vidi sgranare gli occhi, non si aspettava che gliene parlassi davvero.
«Il nostro è un popolo antico come gli anni del mondo. Si dice che fu la Luna stessa a crearci grazie alla sua Luce. Una Luce pura, eterea e immortale che, oltre a donarci la vita, ci affidò anche il difficile compito di vegliare sul mondo con la sua energia.» mi fermai un attimo per mettere in ordine i pensieri. Era difficile raccontare quello che eravamo stati, sapendo quello che ci era successo nel tempo.
STAI LEGGENDO
Beside You.
Fantasy[...]Un altro giorno, ancora. Mi chiedo ancora come abbia fatto a non diventare pazzo nelle mie condizioni, credo che se non avessi avuto una ragione per resistere, qualcosa, un pensiero, a cui aggrapparmi adesso sarei già scivolato da tanto nella p...