Sesto

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Entrarono in camera sua verso le quattro e qualcosa - entrarono, poi, quasi vi si rifugiarono lì dentro. Quel bacio dato in ascensore era stato il primo di una lunga serie, iniziata sull'uscio e finita sul letto - il venticinquenne a cavalcioni su di lui, le mani di Filippo che solleticavano la pelle sotto la maglietta, quelle dell'altro tra i capelli del ventiduenne.
Non sapeva quando esattamente avevano deciso che delle magliette avrebbero anche potuto farne a meno, ma ricordava il modo in cui l'altro aveva iniziato a strusciarsi su di lui, lasciandogli baci umidi sulla mandibola e, poi, giù attraverso il collo, fino al tatuaggio al centro del petto. Spinse in su con il bacino, stringendogli appena i fianchi e godendosi il modo in cui il respiro pesante del cantante gli scaldava il collo.
«Fil - Filippo.» mormorò - le labbra che si mossero contro la sua spalla -, mentre il cantautore gli slacciava i jeans ed infilava la mano lì, rischiando fosse quasi schiacciata tra i due corpi.
Era stato strano, pensò, sentire il suo nome per intero, dopo una giornata intera di tu, lui, Ira - ma gli piaceva il modo in cui la sua voce si abbinava al proprio nome. Gli piaceva così tanto da sentirsi uno stupido sentimentale, di quelli che cercano poesia e la ritrovano nei gesti semplici e banali di una persona appena conosciuta, ma già così viva e ideale nella loro mente. Probabilmente era quello a cui si era riferito Lorenzo con colpo di fulmine: forse il suo era stato soltanto un modo per prenderlo in giro, ma Filippo cominciava a pensare che il modo in cui gli era mancato il respiro ad osservare l'altro tremare su di sé, a ricambiare i baci umidi che aveva posato sulle sue labbra e a perdersi in quegli occhi liquidi - ora quasi grigi - che non smettevano di guardarlo quasi fosse chissà chi, ecco, quello era magari la conseguenza di un vero colpo di fulmine. E sembrava così ovvio, pensava, così scontato: chi non avrebbe ceduto a quella freccia scoccata da chissà dove e arrivatagli fino in petto dopo averlo guardato mentre teneva il suo discorso entusiasta o dopo averlo ascoltato cantare, riducendo l'anima di Filippo in pezzetti così piccoli che ancora faticavano a ricomporsi?
Sfilò la mano, pulendola contro il fianco dell'altro e guadagnandosi come reazione un suono indignato. Filippo rise e gli posò un bacio a stampo sulle labbra. Lo seguì con lo sguardo, mentre Einar si spostava e si stendeva accanto a lui, mettendosi su un fianco e sorridendo stancamente verso il biondo - le dita che vagavano al di sotto dell'ombelico.
Trattenne a stento i brividi, indeciso se guardargli le labbra o gli occhi. Il cubano si sporse in avanti per baciarlo ancora languidamente, lamentandosi un po' quando non riuscì a far uscire il bottone dei jeans dall'asola. Filippo gli morse appena il labbro inferiore e, con uno sbuffo divertito, lo aiutò.
Dopo un po' tremò.

«Ehi.» mormorò, osservando il ragazzo accanto a sé stiracchiarsi e guardarsi intorno ancora assonnato.
Einar sembrò ricordare cosa fosse successo perché gli rispose «'Giorno.» con la voce impastata dal sonno e poi sbadigliò sonoramente. Strofinò la punta del naso contro la spalla del cantautore per poi baciarla. «Alla fine ci siamo addormentati con i jeans addosso?» domandò, l'espressione persa tra l'imbarazzo e il fastidio gli provocò una risata. Capiva perfettamente: era scomodissimo dormire così, si sentiva intrappolato - per non parlare della voglia impellente di farsi una doccia.
L'imbarazzo, beh - «Se vuoi ti aiuto a toglierli.» propose con un sorriso a labbra strette, provando a sembrare il più innocente possibile.
L'altro sembrò pensarci su un attimo, fissando i tatuaggi che Filippo aveva sulle braccia, deglutendo un po' osservandogli le mani. «Ieri - non mi è mai capitata una giornata come ieri.» confessò, ignorando la sua provocazione.
Il biondo tornò serio e lo guardò, cercando di capire cosa volesse dire. Lo vide sospirare e farsi più vicino, come se stesse per dirgli un segreto.
«Ho passato metà giornata a pensare a te come Irama, qualcuno che ammiro e che è capace di scrivere nelle canzoni tutto quello che io vorrei dire.» Gli afferrò la mano e giocherellò con le sue dita, come se stesse combattendo contro una sorta di pudore. «Poi abbiamo parlato e - » sbuffò. « - continuavamo a parlare in coro, completarci le frasi, fare le stesse cose - cioè a cena ho parlato solo con te.» ed anche Filippo. Non sapeva perché, ma una volta che avevano cominciato a parlare non avevano più smesso. Era come se avessero troppe cose da dirsi, così tante che era anche troppo rispetto al fatto che si conoscessero da pochissimo - ventiquattro ore esatte in quel momento. «Come mentre parlavamo stamattina, no?» il moro chiarì. «Scherzavamo raccontandoci cose stupide e, cioè, per un momento ho pensato 'ah, mi sembra di conoscerlo da una vita' perché, chissà come mai, abbiamo anche lo stesso senso dell'umorismo.» gli era venuto spontaneo, pensò, ridere alle battute di Einar, così come abbracciarlo. «Allo stesso tempo, però, mi chiedevo 'quante cose terrà nascoste lì dentro?'. Come una voglia assurda di conoscerti, di sapere...»
«Li ho anche io.» lo interruppe. «Questi pensieri li ho anche io.» la sua mente tornò alla mattina precedente, la curiosità che lo aveva spinto ad osservare le prove dell'altro, che lo aveva portato a cercarlo su ogni social network esistente e su Wikipedia, la stessa che ancora si chiedeva cosa avesse in mente l'altro quando ascoltava le sue canzoni. «Ti ho... stalkerato un po' sui social, come ha amato definirlo Lorenzo.» la testa dell'altro scattò verso di lui, il viso incredulo. «Sì, lo so. L'ho fatto, ma non è questo il punto.»
«Per stalkerare intendi...»
«...farmi un giretto per i tuoi account, nulla di che.» si morse un labbro.
«Avresti potuto seguirmi o mandarmi un messaggio, cioè - sarei sicuramente andato in panico, ma...»
In panico, come lui in quel momento? «Il punto è...» continuò. «...che credo dovremmo continuare così. Parlare, restare in contatto - come due che si stanno conoscendo. Perché è quello che siamo, no? Due persone che vogliono conoscersi.» il suo sguardo vagò sul corpo dell'altro, poi risalì fino alle sue labbra e dovette schiarirsi la voce. «Sì, conoscerci
Einar annuì e si leccò le labbra. «Conoscerci.»
Che ridicoli. Filippo sorrise divertito, allungando la mano con cui l'altro stava giocando ad accarezzargli una guancia. Passò il pollice sul labbro inferiore del cantante, strofinando leggermente. «Così.»
Lo baciò.

Semplice || #eiram Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora