Nove anni prima.
Febbraio.
Irene aveva occhi enormi.
Erano così enormi che spesso Sonia pensava potessero contenere il mondo. E la loro particolarità era anche le lunghe e folte ciglia che li incorniciavano perfettamente. In quel momento i suoi occhi erano rossi, gonfi e il cioccolato caldo delle sue iridi non era mai stato così scuro e profondo. Come un baratro senza fine.
Sonia le raccolse una lacrima dalla guancia.
Erano in bagno da molto tempo, forse troppo per la professoressa che le aspettava in classe. Ma in quel momento non importava: c'erano solamente loro, in un bagno che puzzava, e i goccioloni che Irene riversava sulle sue guance.
"Tieni" Sonia le passò gentilmente un fazzoletto.
Irene lo raccolse con mani tremanti e lentamente si asciugò il viso. Rimase per qualche momento ferma, immobile. Guardava un punto imprecisato del bagno, forse osservava i water sporchi, o i lavandini poco funzionanti. Sonia non lo sapeva e non l'avrebbe mai saputo. "Lui dice che si fida di me" la sua voce era tremante. Spezzata.
Cosa avrebbe potuto dirle? Rimproverarla perché non riusciva ad amarsi abbastanza? Sorriderle e dirle che sarebbe andato tutto bene? No, non c'erano parole per consolarla. Sonia le si avvicinò e le cinse le spalle con le braccia, attirandola a sé in un caldo abbraccio. Sospirarono assieme. "Io credo", iniziò Sonia quando si scostarono l'una dall'altra, "che l'amore non sia questo"
"Dice che non si fida degli altri ragazzi, che io sono bella e che potrei piacere a molti" Sonia si accigliò: forse era davvero quello l'amore. Forse quel sentimento di cui aveva tanto sentito parlare, in realtà, sprigionava solamente una gelosia immensa e insopportabile. Irene ne sembrava convinta.
"Non so se sia giusto costringerti ad eliminare il tuo numero dai telefoni dai ragazzi della classe" mormorò Sonia. Una strana rabbia stava iniziando ad impossessarsi del suo corpo: un senso di ribellione che non le dava tregua né pace. Davvero l'amore riduceva così le persone? Con gli occhi gonfi, le guance striate e la tristezza riflessa in viso?
Irene si poggiò alla finestra che dava sulla piazza di fronte al liceo, il volto stanco e infiammato. "Non lo so. Però a me piace".
Erano rientrate in classe dopo qualche minuto: ormai stava suonando la campanella e dovevano farsi vedere, almeno per qualche secondo, dalla professoressa di matematica. Quando Irene era scappata dalla classe in lacrime Sonia era stata la prima a seguirla: da un lato, accompagnata da un mero senso di egoismo, sapeva che era l'occasione perfetta per non assistere all'ora di matematica, dall'altro era forte in lei il sentimento di amicizia che la legava ad Irene. Si erano conosciute qualche mese prima, quando Giuseppe aveva iniziato a conoscerla, e poi la loro amicizia era diventata qualcosa di speciale. Si capivano. Si ascoltavano.
"Cos'ha?" sussurrò Giuseppe quando Sonia riprese il suo posto.
"Non è tanto felice che Francesco le abbia fatto cancellare il suo numero da ogni telefono di ogni ragazzo" rispose a voce bassa Sonia. Si fermò ad osservarlo per qualche secondo: gli occhi verdi fissi sull'insegnante, la testa che annuiva a caso, le labbra morbide strette in una linea sottile.
"Potrebbe anche lasciarlo. È uno scemo" le sue parole furono così sprezzanti che quasi Sonia non lo riconobbe: era sempre così pacato che quel disprezzo non gli si addiceva. "Di certo non cancellerò il numero di telefono di Irene" continuò poi.
Sonia sgranò gli occhi "Ma le hai detto che lo hai fatto!" esclamò un po' più ad alta voce rispetto al solito. Fortunatamente i suoi compagni di classe erano più rumorosi di lei e nessuno la sentì. Nemmeno Irene, che continuava in segreto ad asciugarsi le lacrime.
Giuseppe fece spallucce e il discorso finì lì.
Lui continuò a far finta di prendere appunti sul suo quaderno, disegnando delle figure geometriche a caso, lei si chiuse nel suo mondo fatto di principi e fate. Si chiese come potesse essere così insensibile Giuseppe di fronte alla sofferenza di Irene, sua grandissima amica. Si chiese perché l'amore fosse così crudele. Si chiese come facesse Irene a sopportare che qualcuno le mettesse i piedi in testa per così poco.
Ad un certo punto sentì qualcosa che si muoveva nella sua mano destra, delle dita affusolate che la prendevano, che ci giocavano e che si intrecciavano alle sue. Combaciavano alla perfezione, nonostante le dita di Sonia fossero più piccole e quelle di Giuseppe più lunghe. "Non devi essere triste per Irene" mormorò lui con gli occhi fissi sulle loro mani
Sonia gli sorrise "Non lo sono" rispose piccata. I suoi pensieri erano davvero così evidenti?
"Lo sei, lo vedo" le sue sopracciglia si inarcarono per qualche secondo: giusto il tempo di far trasparire un po' della sua preoccupazione "Ma non devi: le scelte non tue non ti riguardano"
"Sta sbagliando" Sonia sgranò gli occhi: come faceva a dire una cosa del genere? Lei era pure sua amica, no? Come poteva rimanere impassibile di fronte alla sua sofferenza?
"Non puoi cambiare la sua mente"
Sonia avrebbe voluto: sperava che con il suo affetto, le sue parole e le sue coccole Irene potesse cambiare idea. Sperava che capisse quanto era intelligente e forte, bella e determinata.
Mentre Giuseppe le stringeva forte la mano, lei si rannicchiò contro il suo petto, incurante del cambio dell'ora e dei professori che andavano e venivano dalla classe. In quel momento c'erano solo loro: Sonia e Giuseppe.
E la rabbia.

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Un bacio perduto
RomanceSonia è fuoco. Giuseppe è acqua. Sonia al mattino si sveglia tardi, i capelli arruffati e il sorriso sulle labbra. Giuseppe si sveglia presto, la chioma perfettamente in ordine. Sonia fa Lettere, Giuseppe fa Giurisprudenza. Due ragazzi che hanno con...