Nove anni prima
Sbuffò sonoramente nascondendo il volto fra i libri.
Il Latino e il Greco le facevano schifo, non riusciva a capire perché avrebbe dovuto passare giornate intere a declinare sostantivi e aggettivi e a coniugare verbi. Perché gli esseri umani sprecavano le proprie risorse a fare quelle cose che non gli permettevano nemmeno di progredire?
"Dunque" la voce pacata della professoressa la riscosse: parlava così piano che le parve provenisse da un fossile "Per la prossima volta traducete la versione 214 di pagina 322".
Suonò la campanella e Sonia notò la professoressa sbrigarsi a prendere le sue cose e andarsene a piedi uniti, come un pinguino, da quella classe.
Sonia si guardò attorno e si alzò per stiracchiarsi, il suo compagno di banco le riservò un'occhiata da sopra la spalla ma non disse niente: non diceva mai niente.
Come riuscisse a stare così tanto in silenzio lo sapeva solo lui, Sonia sapeva solo che era una gran chiacchierona e che stare con lui, di certo, non le piaceva: voleva parlare e parlare e parlare.
Di nuovo la campanella.
Un altro professore entra in classe.
Un'altra lezione ad annoiarla.
La situazione stava diventando insostenibile: la noia l'opprimeva e quando guardava fuori, nel giardino ancora verde di inizio ottobre, invidiava quei ragazzi che ancora potevano permettersi di togliersi le scarpe e affondare i piedi nell'erba.
Si girò verso la sua destra e la spalla contaminata dalla forfora del suo compagno di banco la fece rabbrividire: ma non si lavava? Lui intercettò il suo sguardo e la ricambiò.
Diventò tutta rossa per l'imbarazzo. E se aveva compreso quello che stava pensando? I suoi occhi verdi rimasero su di lei facendola sentire piccola piccola. "Ti piace la lezione?" mormorò per cercare di sviare il discorso da quella brutta figura.
Sua madre le aveva sempre detto che non si fissano le persone.
Lui si girò impercettibilmente verso di lei e mormorò "Sai almeno quale lezione stiamo seguendo?"
Sonia rimase un secondo impassibile, dentro di sé l'imbarazzo cresceva. Non sapeva più cosa rispondere, effettivamente qualche ora prima si era chiusa nel suo mondo, aveva lasciato che le parole degli altri le scorressero sul corpo come fossero acqua e non si era più curata di quello che aveva attorno. Quindi no, la risposta era no. Esitò un po' e poi rispose "Mi annoiano, non sono stata molto attenta a dire il vero"
Lui rimase impassibile, non mosse gli occhi e nemmeno le labbra. Non sorrise, non fece cenno di disprezzo né di apprezzamento. Semplicemente la guardò per qualche secondo prima di risponderle "Credo che tu abbia ragione" rispose chiudendo il libro e guardando per un secondo la professoressa.
Sonia non riusciva a capire che cosa pensasse: il suo sguardo rimaneva sempre tale e non cambiava nemmeno di una virgola. Provò un'immensa curiosità per quel ragazzo di cui conosceva il nome solo dall'appello: come faceva ad essere così impassibile e a parlare così poco? Gli allungò la mano e disse "Sonia Giorno".
Lui fissò gli occhi nei suoi e strinse la sua mano "Giuseppe Pische" la sua voce era impercettibile, sembrava quasi che provenisse da lontano e che le sue labbra non si muovessero nemmeno.
"Pische come la parola greca?" le sembrò davvero una bella battuta. Non sapeva perché ma aveva voglia di scoprire cosa nascondesse quel ragazzo.
"No, quella è Psiche" Sonia avrebbe voluto sotterrarsi: non sapeva bene, ora, perché avesse deciso di parlare di una cosa che nemmeno conosceva, eppure l'aveva fatto incurante del suo odio perenne per il greco.
"Eh, scusa" non sapeva che fare e si grattò la testa in attesa che le venisse in mente qualcos'altro. Fortunatamente, o sfortunatamente, dipende dal punto di vista, la professoressa attirò la loro attenzione prima che potessero continuare quella conversazione.
Le ore passavano a rilento, fuori dall'aula tutto aveva un aspetto più bello rispetto a quello che era all'interno. Era ormai da qualche tempo che Sonia aveva perso totalmente quel briciolo di concentrazione che aveva preservato fino alla terza ora. Di fianco a lei Giuseppe aggrottava le sopracciglia enormi quando la professoressa diceva qualcosa che non capiva e prendeva velocemente appunti. Sonia non aveva mai incontrato una persona così diligente nello stare attenti alla lezione. Quando finalmente la lezione terminò e così anche l'ennesimo giorno di scuola, Sonia prese tutte le sue cose e le conservò dentro lo zaino. "Vuoi prendere un gelato con me?" si girò verso quel taciturno ragazzo e la domanda le venne spontanea. Doveva aspettare un'altra ora da sola prima che sua madre venisse a prenderla e non le andava di passarla da sola "sempre se non hai altro da fare"
Lui la guardò per un attimo: i suoi occhi chiari sembrarono valutare la possibilità di unirsi a lei oppure quella di andarsene. Sonia non avrebbe mai potuto sapere cosa gli stesse passando per la testa in quel momento, ma sicuramente vederlo annuire fu qualcosa che la soddisfece: un rifiuto non era certamente ciò che voleva.
Il gelato stava velocemente sciogliendosi e Sonia non riusciva a mangiarlo con abbastanza velocità. Immaginò di trovarsi immersa nel cioccolato e con i denti neri, sicuramente era uno spettacolo orrendo ma non chiese a Giuseppe conferma del suo aspetto.
Non aveva spiccicato parola da quando avevano preso il gelato e lui sembrava tutto preso dalla sua coppetta. "Allora" era difficilissimo parlare e mangiare "Come mai ti sei iscritto al liceo classico?"
Occhiata. "Credo sia congeniale per il tipo di percorso che voglio fare successivamente"
"Hai ingoiato un vocabolario per caso? Non so se sentirmi troppo ignorante o troppo stupida"
Occhiata. Mezzo sorriso appena accennato "E tu?"
Quella era la domanda che la mandava davvero in crisi: avrebbe dovuto rispondere che le piaceva il greco o il latino. Avrebbe dovuto avere una risposta intelligente come quella sua, ma non l'aveva.
"Voglio diventare una scrittrice" la buttò lì e a lei stessa le parve stupida come affermazione.
"Wow. Che cosa scriveresti?"
"Mi piace il fantasy" rispose vaga Sonia. Davvero non riusciva a capire perché lo aveva trascinato in quel suo sogno banale
"Tipo?" lui prese una grande palettata di gelato e finì la sua coppetta
"Harry Potter è il mio preferito"
"Anche il mio!" mezzo sorriso. Occhiata.
Sorriso. Occhiate.
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Un bacio perduto
RomanceSonia è fuoco. Giuseppe è acqua. Sonia al mattino si sveglia tardi, i capelli arruffati e il sorriso sulle labbra. Giuseppe si sveglia presto, la chioma perfettamente in ordine. Sonia fa Lettere, Giuseppe fa Giurisprudenza. Due ragazzi che hanno con...