Cinque anni dopo
La pioggia batteva insistentemente sulla finestra, da un po' Sonia si chiedeva se avesse dovuto chiamare un taxi per tornare a casa oppure affrontare l'ennesima giornata piovosa. Storse il naso per il fastidio e tornò a concentrarsi di nuovo sui suoi libri. Vecchi manuali latini e greci che emanavano polvere ovunque e antistaminici per calmare l'allergia erano ormai diventati all'ordine del giorno.
Ormai era chiusa in quella biblioteca polverosa da tutto il giorno con solamente una veloce pausa pranzo con la quale aveva rischiato di soffocarsi. Lì dentro non poteva portare niente oltre al suo telefono, il quaderno degli appunti, le penne e i guanti per evitare di sporcare i libri.
Quando iniziò a confondere le lettere greche con quelle latine, mentre gli occhi si appannavano, capì che doveva smettere.
La giornata era ormai finita.
Riordinò tutte cose e ripose con cura i vecchi manuali che in quel periodo erano diventati la sua casa, il suo sfogo e i suoi pianti.
"Arrivederci, signora" mormorò all'uscita.
La decisione l'aveva presa senza nemmeno accorgersene, ma del resto non era così ricca da potersi permettere un taxi ogni volta che pioveva. Col suo piccolo ombrello, torturato dalle sferzate del vento, e le scarpe quasi del tutto bagnate, stava attraversando quello stesso diluvio che mai avrebbe voluto affrontare. Arrivò fradicia al convitto dove ormai viveva con altri universitari da anni e si fece una lunga e calda doccia.
L'acqua le scorreva sulle spalle rilassandola, la mente vagava cercando di fare un bilancio più o meno positivo della giornata che aveva appena passato in biblioteca: aveva imparato diverse cose sulle etimologie delle parole, oggetto della sua tesi e tante altre su come la parola riuscisse a spiegare la cultura di un popolo.
Mentre si asciugava i capelli sentì un ticchettio battere sulla porta. Si coprì come meglio poteva e l'aprì
"Ciao!" l'esuberanza di Francesca la colpì come un pugno in faccia "Che fai?" s'infilò all'interno della stanza e si sedette sul letto. Ormai, dopo anni di condivisione degli spazi del collegio, avevano una certa confidenza
"Non lo noti?" le chiese Sonia con il solito sorriso malizioso. Con Francesca era così: tutto prendeva una sfumatura divertente, anche quel piccolo momento tragico si trasformava in un piacere.
"Ti stai preparando per un incontro hot?"
"Ma come osi? Il mio ragazzo non approverebbe" scoppiarono entrambe a ridere. Quello era il momento che più Sonia preferiva della giornata. Era come un appuntamento serale che da anni, ogni giorno, si ripeteva. Si incontravano, scherzavano, ridevano, e si dicevano tutto quello che era successo in quella giornata. Che poi il contenuto fosse lo stesso di quello dei giorni passati, poco importava.
"Oggi ho iniziato a sentire la malinconia su di me, Franci" buttò lì Sonia mentre raccoglieva i capelli in una crocchia disordinata "Ho guardato i tomi e mi sono detta che ancora non sono pronta per lasciarmeli alle spalle, per trovarmi un lavoro. Vorrei stare sempre lì, seduta su una sedia, a comprendere il loro mondo"
"Il lavoro non ti impedirà di farlo, Sonia" mormorò Francesca in un vano tentativo di scrollarle di dosso i brutti pensieri "potrebbe darti un modo per approfondire ancora di più ciò che ora stai facendo"
Sonia scosse la testa "Fra, qui non c'è possibilità per me"
Le due amiche si guardarono negli occhi e si capirono: non c'era possibilità per quella meravigliosa curiosità di uscire dai ranghi della società e spaziare, spaziare ancora di più nell'universo della cultura. Tutto quello che aveva sempre odiato si stava avvicinando: il lavoro, quel lavoro che l'avrebbe sottomessa al Dio Denaro.
"Andiamo a cena" Francesca aveva sempre fame e sembrava che mangiare fosse il suo primo pensiero al mattino, quando si alzava.
Sonia annuì, indossò la prima maglietta che le capitava a tiro e il primo jeans e corsero di sotto, dove il resto del gruppo si stava radunando per andare a mangiare assieme.
I viaggi Sonia non li aveva mai capiti. Quello che succedeva dentro una persona attenta durante un viaggio era paragonabile ad una magia: si perdeva totalmente controllo dei pensieri e si vagava attraverso mondi e paesi immaginari.
Come ogni volta che stava su un autobus e si faceva prendere dalla fantasia, Sonia errò fra le vette e le balze delle montagne, fingendo di essere una giovane guerriera del medioevo, poi volò in alto fra le stelle più remote del cielo, sentendosi libera di sfogare la propria malinconia.
Poi, molto probabilmente, si assopì e quando si svegliò già erano arrivati a destinazione. Sua madre l'aspettava in stazione, con le gote rosse per l'emozione e un sorriso smagliante. Non si vedevano da mesi quindi quando Sonia scorse la sua testolina fra le decine di persone che aspettavano qualcuno si precipitò fra le sue braccia e inspirò il suo odore. Casa. Tutto quello che le serviva da tempo era stare fra le braccia di quella donna e sentirsi a casa, anche in una stazione.
Dicembre era freddo, ma fra le sue braccia tutto diventava più caldo e la malinconia andava via.

STAI LEGGENDO
Un bacio perduto
Roman d'amourSonia è fuoco. Giuseppe è acqua. Sonia al mattino si sveglia tardi, i capelli arruffati e il sorriso sulle labbra. Giuseppe si sveglia presto, la chioma perfettamente in ordine. Sonia fa Lettere, Giuseppe fa Giurisprudenza. Due ragazzi che hanno con...