Ritorno al passato.

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Una volta, in classe, ricordo che il professore di psicologia ci chiese 'Quali emozioni suscitano le canzoni?' e tutti risposero in modo banale, superficiale.

Le emozioni che elencavano erano le solite: amore, allegria e tristezza.

Però solo una persona in classe disse quello che nessuno si aspettava.

'Secondo me, alcune canzoni suscitano rabbia' tutti iniziarono a deridere il ragazzo, non capendo perché avesse detto quella cosa.

Non diede mai una spiegazione alla sua frase, ma io capii, in un certo senso, a cosa si riferiva.

Non era rabbia rivolta agli altri, ma a noi stessi.

Quando ascolti delle canzoni, capita di ricordarsi dei momenti passati con una persona che tu ritenevi cara.

Quella persona con cui condividevi tutto, anche i sentimenti più profondi. Alcune relazioni non vanno mai come vorresti, perché non ti aspetteresti mai così tanti cambiamenti.

Alcune amicizie, o amori, finiscono per una stupidità, molte volte causata da noi stessi, per questo una rabbia dolorosa ci rende inquieti perché tutto il bello che hai creato in tanti anni lo puoi distruggere con un semplice gesto.

Quindi per me quel ragazzo aveva ragione, alcune canzoni provocano rabbia.

E quel ragazzo era il mio migliore amico.

Morto in un incidente stradale il 5 Ottobre del 2015, alle sei di mattina.

Sul motorino, senza casco.

Io ero dietro, mi aveva prestato il suo, visto che ne eravamo a corto.

Non potevamo neanche dire che era colpa della sua guida spericolata, perché è sempre stato un guidatore sicuro.

Un camion stava correndo verso di noi, lui ha girato di scatto ed è successo quel che è successo.

Quel bastardo non si è nemmeno fermato per aiutare, è corso lasciandoci lì a terra.

Le ultime parole che sono scivolate dalla sua bocca sono state "Quando arriverà il momento, non lo allontanare, ne ha passate tante, troppe."

Ero troppo concentrata a piangere e chiamarlo insistentemente come se, da un momento all'altro, si fosse svegliato e sarebbe ritornato tutto come prima.

Sarebbe stato troppo bello per essere vero.

E ogni notte era sempre lo stesso incubo. Lo stesso incubo che non ho raccontato mai a nessuno.

Ma chi? Chi è che non dovevo allontanare?

I miei occhi vagavano sul soffitto, pensierosi e assonnati al tempo stesso.

Fortuna che il latte caldo faceva dormire, non ne ho sentito l'effetto.

Mi alzo dal letto, sbadigliando scocciata, e mi dirigo verso la cantina, accendendo la luce e fissando il mio sguardo sulle poltrone su cui ci sedevamo sempre io e Tyler e sulla Tv di fronte, con la quale facevamo la nostra maratona di film settimanale.

Scendo le scale a piedi nudi e accarezzo la crepa formata sul muro di fronte a me quando, da piccola, sono stata spintonata da Tyler, per vedere chi si faceva meno male.

Io mi sono buttata, lui no.

Stronzo.

Ridacchio con voce rauca e mi dirigo verso la poltrona, dove sopra vi è poggiata una scatola.

La nostra scatola. È sempre stata lì, nessuno l'ha mai toccata o spostata.

La apro e prendo il primo dischetto che mi capita, lo infilo nel lettore Dvd e una serie di immagini mi svegliano completamente.

Mamma sorride alla telecamera, sussurrando flebilmente "è il loro primo giorno insieme e già hanno fatto amicizia" per poi puntare l'obbiettivo su due bambini che dormono abbracciati sul divano. Me e il mio migliore amico.

Abbracciati era un eufemismo.
Le mie dita erano nelle sue narici e le sue braccia mi avvolgevano la testa, mentre mi sbavava sui capelli.

Il secondo cortometraggio riprendeva me e Tyler il nostro primo giorno d'asilo.

Mia madre stava piangendo dalla commozione e quella di Tyler, Lola, le accarezzava le spalle trattenendo le risate.

"Dobbiamo fare così ogni volta?" domanda una voce maschile da dietro la telecamera, Robert, il marito di Lola e patrigno di Tyler.

Ricordo una volta mi disse che avrebbe preferito essere lo spermatozoo di Robert, invece del padre originario.

E ricordo anche di averlo guardato disgustata.

"Lola, Lola." la piccola me corre di fretta, sorridendo a trentadue denti e tirando il vestito della giovane madre per richiamarla.

"Tyler ha appena baciato una rana ed ha urlato quando gli ha infilato la lingua in bocca. Sono innamorati, vero?" Lola sviene tra le braccia di mamma e a Robert cade la telecamera dalle mani, però viene ripreso mentre corre verso le urla del bambino.

Nel mentre io battevo le mani ripetendo di voler fare la damigella d'onore al matrimonio.

E poi c'è l'ultima parte del video, che riprende i me e Tyler quindicenni, travestiti da vampiri.

Sento un piccolo urlo di gioia dall'altra parte della telecamera e deduco subito sia mamma.

"La vostra primissima festa in maschera. Come vi sentite, ragazzi?" una me visibilmente scocciata, scocca un'occhiata torva verso la telecamera mentre Tyler è felice come non so cosa.

"Cazzo sì!" esclama eccitato.

"Giovanotto, le parole!" lo riprende mamma, infastidendo la me di un tempo ancora di più.

"Mi scusi..." risponde educatamente il ragazzo affianco a me.

"Perché dobbiamo fare questa cazzata dei video ogni anno?!" sbotto irritata.

"Tesoro, ma che hai?!" domanda mia madre, confusa e arrabbiata allo stesso tempo.

"La perdoni, è solo il ciclo." mi giustifica Tyler, facendomi spalancare gli occhi.

"Cosa?!" sento un acuto che per poco non mi stona le orecchie, da parte di mamma, e la telecamera cade di nuovo, facendo comunque vedere mamma che mi abbraccia, quasi soffocandomi.
"Finalmente diventerò nonna!" afferma in lacrime, spaventando la me quindicenne.

Sbotto in una risata, stringendomi le gambe al petto e sorridendo verso la televisione.

Quanto mi manca.

Mi addormento, sommersa dalle goccioline salate che scendono dalle mie guance e sentendo qualcosa di caldo avvolgermi, con una dolce carezza sul capo.

{Due bocche, un bacio.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora